Italo-Berlinesi

Italo-Berlinesi tra novità e tradizione. Gli italiani a Berlino raccontano e si raccontano in un libro

Italiani o berlinesi? Italiani e berlinesi? Italo-berlinesi?

La scelta di una congiunzione o di un segno grafico potrà apparire un mero esercizio retorico, ma con essa si mettono in discussione e a confronto interi universi concettuali ed esperienziali. L’interrogativo sull’identità individuale e nazionale. Sull’appartenenza a un luogo, a una collettività e a una lingua, l’essenza stessa di comunità, popolo e nazione. Tutto questo è in gioco nel libro «Italo-Berliner. Gli italiani che cambiano la capitale tedesca». Curato da Elettra De Salvo, Laura Priori e Gherardo Ugolini e pubblicato dalla casa editrice Mimesis.

Il libro

Il titolo stesso è esemplificativo di questa discussione. L’espressione Italo-Berliner si caratterizza innanzitutto per l’accostamento di due aggettivi che si riferiscono rispettivamente a un’intera nazione e a una singola città. L’apparente disequilibrio trova giustificazione se si considera che Berlino si differenzia dal resto della Germania per tempi e modi della migrazione italiana e costituisce per questo un laboratorio di osservazione del tutto a sè stante.

Italo-berlinesi

Poco importa se numericamente parlando la presenza italiana a Berlino – come ben illustra il contributo di Edith Pichler – è abbastanza limitata. Anche considerando le migliaia di italiani residenti in città senza essersi ufficialmente registrati, le cifre sono di molto inferiori a quelle, per esempio, di Monaco di Baviera. L’immigrazione italiana verso la capitale tedesca, oltre a essere di grandissima attualità, mostra aspetti nuovi e originali che meritano di essere posti in luce. Il più rilevante fra tutti è il carattere ibrido dell’identità del nuovo immigrato italiano a Berlino. Il trattino che separa, ma allo stesso tempo unisce l’italo e il berliner, indica esattamente questo confluire di molte anime, culture e costumi, in un unico individuo. Superando dialetticamente il conflitto tra una mancata integrazione e l’assimilazione (intesa come perdita della propria identità originaria). Il volume si articola in tre sezioni, leggibili indipendentemente l’una dall’altra, ma che in realtà compongono i pezzi di un unico mosaico. Innumerevoli voci e prospettive che partecipano a un dialogo comune.

Prima sezione

Di carattere eminentemente teorico, la prima sezione spazia tra ambiti diversi quali la statistica e la sociologia. Le scienze politiche e della comunicazione, la gastronomia, l’architettura, la letteratura e il teatro. Interventi teorici che hanno il grande pregio di rivolgere sempre lo sguardo anche al mondo reale. Così, per fare alcuni esempi, Elena Valensise parla del progetto «ITaliens», grazie a cui giovani artisti italiani residenti a Berlino hanno potuto presentare le loro opere in Ambasciata promuovendo così lo scambio culturale tra Italia e Germania. Laura Garavini racconta l’esperienza di «Mafia? Nein danke!», rete di gastronomi che hanno detto no alla mafia e contribuito all’arresto dei loro estorsori. In entrambi i casi la presenza degli italiani a Berlino si è manifestata attraverso canali istituzionali o comunque organizzati. Non mancano riflessioni su aspetti più intimistici, esemplificate dal contributo di Elettra De Salvo, la quale, con i suoi progetti culturali e teatrali, ha avuto modo di entrare in contatto diretto con molti degli immigrati italiani a Berlino. Ne è emersa un’immagine di discreta felicità e soddisfazione di sé, accompagnata a volte da una tendenza alla rinuncia. Rinuncia a grandi ambizioni in favore di quello stile di vita più rilassato e comodo che la capitale tedesca è ancora in grado di offrire. Fanno da contraltare, in alcuni casi, la nostalgia e un marcato senso di spaesamento. Gherardo Ugolini, per citare un ultimo esempio, applica invece le sue competenze di filologo classico all’analisi della lingua. O forse sarebbe più corretto dire degli ibridi linguistici in uso presso gli italiani a Berlino. Osserva come molti italiani di nuova immigrazione, a differenza di chi li ha preceduti, non sentano il bisogno di integrarsi attraverso l’apprendimento della lingua tedesca e vivano e si realizzino parlando in inglese.

Seconda sezione

Raccoglie fotografie scattate dai curatori e da loro collaboratori in giro per la città. Si tratta, per la maggior parte, di insegne di attività legate alla gastronomia. Non mancano quelle di negozi di vestiti, ottici e articoli di moda e di design. Potrà non piacere questa concessione a quello che è un cliché: l’equazione tra l’essere italiano e il lavorare nella gastronomia e nella moda. È indubbio che la massiccia presenza di italiani in città è testimoniata, visivamente, proprio da questo (forse abusato) ammiccare a uno stereotipo che fa sicuramente presa sul pubblico tedesco medio.

Terza sezione

Raccoglie ventotto interviste condotte su un canovaccio sempre uguale di undici domande a italo-berlinesi diversi tra loro per età, professione e numero di anni vissuti a Berlino. Tutti accomunati da un profondo amore per questa città. C’è chi ha realizzato i propri sogni professionali e chi ha dovuto reinventarsi in nuovi ambiti. Chi studia, chi insegna e fa ricerca accademica. Chi si occupa d’arte e di musica, di cibo e di moda. Alcuni sono qui stabilmente, altri fanno la spola tra Italia e Germania. Altri ancora si vedono come residenti temporanei, pronti a cambiare città quando la vita dischiuderà loro nuove occasioni altrove. Al di là delle anche notevoli differenze, alcuni punti in comune colpiscono nelle loro risposte. Tutti sottolineano l’estrema importanza che ha avuto per loro la conoscenza della lingua tedesca. Chiamati a riflettere sulla loro condizione, confessano di sentirsi non tanto italiani immigrati a Berlino, quanto piuttosto cittadini europei in un contesto sovranazionale.

Italiani, cittadini europei

Il quadro che emerge da questo volume potrà forse apparire a tratti contraddittorio. Diversi i modi di rapportarsi al proprio essere italiani, diversi gli approcci alla lingua, diverse le ambizioni e le vie per realizzarsi. In realtà l’immagine è semplicemente complessa e sfaccettata come complessa e sfaccettata è la realtà dell’italiano a Berlino nel mondo contemporaneo. La generazione Erasmus, o generazione Easyjet, si sottrae ai tentativi di schematizzazione perché è abituata a pensarsi in termini europeità. Per questo rifugge da organismi ufficiali di rappresentanza e non mira a imporsi come comunità (politica o sindacale), ma semmai a portare le proprie idee e il proprio contributo. Insieme a quello dei giovani di altri paesi, in vista di una comunità veramente globale e multiculturale. Berlino è davvero il laboratorio dove progettare e veder crescere il cittadino del futuro.

Italo-Berliner: Gli italiani che cambiano la capitale tedesca

A cura di  Elettra De Salvo, Laura Priori e Gherardo Ugolini

Mimesis, Milano 2014

Acquistabile su Amazon

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Immagine di copertina: © Jörg Schubert – CC BY SA 2.0