Prendi il sussidio Hartz IV? Amburgo ti manda a lavorare nelle mense. Gratis.
Non c’è stato bisogno di aspettare troppo a lungo per assistere al via libera di nuove misure in materia di mercato del lavoro.
Le novità, introdotte dal senatore socialdemocratico per gli affari sociali Detlef Scheele, riguardano innanzitutto la città di Amburgo, dove dal 2015 saranno istituiti 500 posti di lavoro ad euro zero, assegnati a quei disoccupati di lunga durata che da anni risultano beneficiari dei sussidi Hartz IV. La maggior parte di questi nuovi lavoratori sarà impiegata nelle mense popolari di quartiere.
All’insegna di un’integrazione forzata, il leit motiv sembrerebbe essere quello del “costringiamoli a fare“, pena la riduzione degli aiuti. Sì, perché, stando ai dati più recenti, oggi in Germania 6,4 milioni di persone percepiscono questo sussidio, generando un costo per le casse dello Stato superiore ai 17 miliardi di euro. L’esempio di Amburgo potrebbe essere prossimamente seguito da altre città tedesche. Berlino nel 2013 contava ben 570 mila persone tra i beneficiari del sussidio Hartz IV.
Harald Thomé, presidente dei disoccupati dell’Associazione Tacheles, parla di “riduzione in schiavitù” e di violazione del codice sociale: “l’ormai eccessiva regolamentazione non fa altro che condurre ai lavori forzati”. In effetti, come riporta l’Epoch Times, così facendo vengono esclusi in questo modo i diritti fondamentali del lavoratore: non solo la cosiddetta indennità, ma pure, ovviamente, le ferie.
Anche M. Bascetta su Il Manifesto commenta: con il «salario zero» lo spirito di queste politiche, che si nascondono dietro lo slogan attivare, promuovere, qualificare, si manifesta nella sua forma più pura. Di promozione o di qualificazione, nelle occasioni di lavoro proposte dagli amministratori, non si vede neanche l’ombra“.
E’ un male? Sarebbe bello aprire un dibattito sul senso e sul ruolo che il welfare – sempre più workfare – assume nel contesto di un lavoro che cambia. La Germania, nella sua corsa all’abbattimento del costo del lavoro, ha trasformato il proprio stato sociale in un surrogato ai ripari di una massa di lavoratori (o non lavoratori) sempre più poveri e sempre più numerosi. La suggestione, così rivoluzionaria, del sussidio a tempo indeterminato è andata ben oltre ciò che originariamente la riforma si proponeva, diventando in molti casi, di fatto, un incentivo alla disoccupazione.
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