Germania, il camion dell’attentato di Berlino potrebbe finire in un museo
Il camion Scania con cui è stato compiuto l’attentato di Berlino la sera del 19 dicembre scorso potrebbe diventare un pezzo da museo.
Tra parenti delle vittime che ancora piangono i propri cari e l’inchiesta in corso su dinamiche e complicità nell’attentato, si fa strada la possibilità che il tir nero – o almeno un suo pezzo – diventi parte dell’esposizione permanente di un museo, l’Haus der Geschichte di Bonn. Mancanza di tatto e involontario tributo all’attentatore o giusta attenzione alla memoria storica? Le opinioni in Germania si dividono. La Berliner Zeitung intanto riporta l’intervista del giornalista Christoph Driessen a Hans Walter Hütter, storico e direttore della Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland (Casa della Storia della Repubblica Federale di Germania), uno dei più noti musei tedeschi di storia contemporanea.
L’importanza della memoria
Da storico e uomo di museo, il professor Hütter è propenso a una posizione volta a difendere la memoria e ogni sua testimonianza materiale. Il direttore della Haus der Geschichte di Bonn ammette che la ferita dell’attentato è ancora troppo fresca e che, quindi, occorrerà una maggiore distanza temporale per prendere la giusta decisione; ma, al contempo, non riesce a non riconoscere il valore storico del tir sottratto all’autista polacco Lukasz Orban. A tal proposito, afferma: «Se un tema è di rilevanza sociale, come in questo caso, allora appartiene alla nostra storia, che lo vogliamo o no». Hütter crede che il camion con cui è stato compiuto l’attacco di Breitscheidplatz sia de facto un testimone della storia contemporanea tedesca e che dunque, se contestualizzato nella giusta maniera, può essere esposto e mostrato al pubblico.
Gli oggetti del terrore
Per la Haus di Bonn non è una novità esporre oggetti legati a vicende cruente o alla storia del terrorismo tedesco e internazionale. Il tir in questione sarebbe il primo pezzo accolto per raccontare l’Isis, ma guerre e richiami alla RAF e ad Al Qaeda hanno già il loro posto nel museo curato da Hütter. C’è lo sportello di un mezzo militare tedesco bombardato in Afghanistan; una bomba della cellula neonazista NSU; il fucile di precisione usato dalla RAF – Rote Armee Fraktion – nell’attentato che uccise il procuratore generale della Germania ovest Siegfrid Buback; parti delle travi piegate e della facciata delle Twin Towers e la carta di identità di un impiegato della Deutsche Bank che perse la vita nell’attentato dell’11 settembre 2001. Secondo il direttore della Haus bisogna aspettare che il tempo lenisca le ferite, affinché tutti i meccanismi dell’azione siano chiari e tutte le testimonianze e i documenti siano stati esaminati per poter esporre e contestualizzare nel giusto modo ciò che, seppure in modo violento, è entrato suo malgrado a far parte della storia e dell’immaginario collettivo dei tedeschi.
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