I mondiali a Berlino, le donne e quella drammatica domanda sul fuorigioco

di Salvatore Bonanno

«Ma quindi giocano in 11?»
«Pare proprio di sì»
«E come mai c’è uno con la maglietta tutta diversa?»
«Parli dell’arbitro?»
«Sì quello che fischia tutto il tempo»
«Per distinguersi dalle due squadre»
«Oddio ma hai visto quanto è bello Candreva? E perchè non fanno giocare Bonucci invece di Chiellini? Sarebbe una scelta molto più estetica, non credi? Ah, quando hai tempo mi dici cosa fa il tipo con la maglia sbagliata con quella schiuma? Forse ho capito, è un parrucchiere!»

Donne e pallone, un’accoppiata pericolosissima ma imprescindibile, che torna a materializzarsi, tutte le volte, ogni quattro anni. Che mondiale sarebbe senza le donne che ti fanno domande assurde mentre tu stai soffrendo come una bestia? Siamo al ventesimo del primo tempo, la partita è in grande equilibrio, i ragazzi annaspano e non riescono a trovare il ritmo del gioco per vie centrali, già nella tua testa hai fatto il quadro tecnico-tattico di tutto il match in corso, delle due sfide che hanno già giocato e dei prossimi eventuali ottavi di finale, incrociando i possibili risultati degli altri gironi con la differenza reti della contemporanea partita del gruppo della tua nazionale; stai calcolando adesso lo scarto fra gol subiti e gol segnati negli scontri diretti nel caso Austria contro Burkina Faso finisse 0 a 4 e questo quindi rimettesse in gioco la prima posizione in classifica e mentre sei in tale frenetico vaneggiamento di urla, sudore, tensione, con la concentrazione massima che il tuo cervello abbia mai registrato dagli esami di maturità ai tempi nostri, proprio nel momento in cui Pirlo si appresta a battere una “maledetta” che potrebbe finalmente sbloccare la partita arriva lei, tranquilla, serena, sorridente, chiacchera sciolta con un’amica alla sua destra e di botta ti piazza LA DOMANDA, quella che nessun uomo vuole sentirsi fare in nessun caso della sua vita terrena ed ultraterrena e comunque mai e poi mai nel corso di una partita dei mondiali della sua nazionale e benché meno pochi secondi prima di un momento topico del match, „il calcio di punizione dal limite“, quella che appena la senti ti maledici da solo perchè lo hai sempre saputo che tu la partita la devi guardare sul divano di casa alla Fantozzi con frittatona e Peroni gelata, quella che poi, peraltro, non vale nemmeno la pena di metterti lì a perdere tempo che comunque non lo capirà mai lo stesso di cosa stiamo parlando: MI SPIEGHI CHE COS’È IL FUORIGIOCO?

Silenzio.
Nella stanza gremita di persone che sino a pochi istanti fa si dilaniavano gridando „Italia Italia!“ è adesso calata una quiete notturna. Decine di teste compiono una rotazione automatica, nei loro volti si legge il dramma della compassione, alcuni scuotono il capo, altri invece annuiscono come a dire, „poverino, dev`essere la prima volta che gli capita, io non mi siedo più accanto ad una donna per una partita di calcio dai mondiali del 1970“.
Tutti ti guardano.
Anche Pirlo si è fermato. Ha messo a terra il pallone e ti ha fatto „toc toc“ sul vetro dello schermo. Poi ha congiunto i palmi delle mani ed ha cominciato a scuoterli, avanti e indietro, portandoli ritmicamente prima vicini a poi lontani dal petto, come a dire „ma che minchia fai?“.

Adesso devi decidere. Ti trovi davanti ad una scelta di campo. O tu o lei. O lei o la partita. Non puoi portare a casa il risultato pieno, questo è sicuro. Al massimo, se sarai forte, riuscirai a strappare un pareggio, ma dovrai sudartelo. È qui che la categoria maschile si divide perfettamente in due tronconi plastici, senza possibilità di smentita:
1) Quelli che sono in uno stato di trance talmente profondo che se anche la domanda gliela facesse Laetitia Casta tutta ricoperta di panna loro non la prenderebbero comunque in considerazione, probabilmente non sentono nessun altra voce che quella del telecronista, un miracolo audiofonico senza precedenti. Fatto sta che dimenticano l’educazione duramente appresa durante i loro quindici anni di scuola dalle suore e senza nemmeno voltarsi urlano solo due parole, nervosissimi: “lasciami stareeeeeeeeeeeeeeeeee!”
2) Quelli che sono nello stesso stato di trance dei sopracitati, ma evidentemente l’educazione cattolica nel loro caso ha attecchito in maniera drammaticamente penentrante e non ce la fanno ad essere maleducati, è più forte di loro, sotto sotto poi pensano che mostrandosi gentili, magari dopo, se l’Italia vince, si riesce pure a rimorchiare, che male non fa (inutile dire che si tratta di un pensiero totalmente fallace ed infondato, visto che la ragazza in questione ha chiesto a lui proprio perchè non vuole disturbare il burbero in canottiera con la birra che gli cola da tutte le parti che le piace tanto e sta due file più avanti).
Eccolo qui, il quadro dei mondiali, l’attimo in cui diventiamo tutti tifosi, cantiamo l’inno nazionale, ci abbandoniamo ai ricordi romantici del nostro paese e delle melanzane ripiene della nonna lontana e riscopriamo, meglio di ogni altra cosa, il sentimento più importante: quando gioca l’talia, siamo tutti italiani.

Foto di copertina: IMG_8618 © hckygyg CC BY 2.0