Il fallimento di Berlino, metropoli che non trova se stessa
Uffici comunali congestionati e difficoltà a coordinare i singoli collegi elettorali dei vari quartieri: Berlino rischia di dovere posticipare la data del voto amministrativo fissata per il 18 settembre. Lo riportano tutti i più importanti media tedeschi. La responsabilità di tale fallimento sembra essere semplicemente la disorganizzazione.
Il problema Anmeldung. Il problema consiste nelle enormi difficoltà che gli uffici preposti alla registrazione del domicilio da parte dei vari cittadini, la cosiddetta Anmeldung, ha nello smaltire le tantissime richieste ricevute negli ultimi mesi a si aggiungono le Ummeldung, ovvero i semplici traslochi interni alla città. Il risultato sono tempi di attesa lunghissimi con appuntamenti che vengono dati a distanza di settimane e questo nonostante negli ultimi mesi siano stati attivati diversi servizi per velocizzare proprio questi atti burocratici fondamentali (potete leggerne qui). Secondo le stime dell’ufficio elettorale del Senato rimarrebbero esclusi dal voto, al termine ultimo per l’iscrizione alle liste elettorali, del 18 Giugno, 80.000 nuovi “berlinesi” più gli oltre 200.000 già residenti che hanno cambiato abitazione nell’ultimo anno. 280.000 elettori la cui assenza rischia di sfalsare completamente la tornata elettorale.
Il problema delle liste elettorali. Non solo Anmeldung, a rischio, infatti, sono a redazione stessa dei registri elettorali per un problema informatico: il VOIS, il software gestionale voluto dal Senato per coordinare l’amministrazione pubblica, non interagisce con i 74 diversi sistemi ancora in uso nei vari quartieri. Sarebbe una beffa se si pensa al recente investimento in be-digital.berlin, il programma che, nei piani del Senato, doveva dotare Berlino di un’efficiente amministrazione digitale al pari di quella di altre grandi capitali occidentali.
Uno stato fallito. Al di là se le elezioni si terranno o meno, il danno d’immagine è ormai stato fatto. In un articolo del popolare Tagesspiegel, si usa il termine Failed State, stato fallito, equiparando, provocatoriamente, la capitale tedesca alla Grecia. La possibilità di mancare le elezioni si aggiunge agli altri recenti fallimenti su cui spicca la mancata apertura del BER, l’aeroporto che si doveva inaugurare nel 2012 e che entrerà in servizio, forse, nel 2017, se non addirittura nel 2018 a seguito dei 5,4 miliardi di Euro già spesi. A seguire vi è l’attuale incapacità del Senato di fornire una risposta efficace al caro-affitti nonostante due leggi e migliaia di permessi edili rilasciati negli ultimo bienno che hanno portato alla creazione di 81 alberghi e diversi appartamenti di lusso (ricordate il Kater Holzig? Ora lì vi sono alcune delle abitazioni più care di Berlino). Se poi si parla di disoccupazione, Berlino ha (ancora) un tasso superiore alla media nazionale e una media di stipendi fra i più bassi fra le grandi città tedesche.
Le responsabilità politiche. Il fallimento, sostengono alcuni analisti, ha la sua origine nella sovrapposizione di funzioni fra il Senato e le 12 circoscrizioni sancita nell’ormai obsoleto sistema federale della città risalente alla costituzione del 1995. Come nel caso nella legge sugli affitti a breve termine il risultato è che ogni quartiere applica la legge a modo proprio. Nessuno dei due partiti della coalizione di governo, i socialdemocratici, al governo da 15 anni, o i cristiano-democratici, partner di minoranza presentatosi come motore del cambiamento, sembra capace di portare soluzioni concrete e scarica le responsabilità sull’altro.
Se continua così non si può che dare ragione a quanto sostenuto dai Grünen, attualmente il secondo partito della città a soli 6 punti dalla SPD, per cui se non si dovesse votare a settembre, “sia SPD che CDU perderebbero ogni legittimazione nel governo della città”. Staremo a vedere, sempre che a a settembre si voti davvero.
#elezioniberlino
Photo © Pixabay CC0