Danza, angeli e coincidenze: a Berlino gli spettacoli di Salvatore Siciliano
“Ti sei annoiata?” mi chiede di botto. “Quando io faccio uno spettacolo la prima cosa a cui penso è che lo spettatore non si deve annoiare”.
Perfezionismo e velocità, allegria e serietà, caparbietà e leggerezza. Questi aggettivi trovano tutti posto in Salvatore Siciliano, un giovane coreografo di Cosenza, arrivato a Berlino dopo una serie di coincidenze, quasi fosse un predestinato a lavorare e a farsi conoscere qui. “Berlino è la città degli angeli: è vero, credimi, ed è pazzesco” lo dice con una convinzione tale che non si può non guardarlo dritto negli occhioni neri e aspettare che continui il suo racconto.
Tutto parte dal suo diploma all’Accademia Beltrami di Milano, incentrato proprio sul tema degli angeli, e il riferimento non può non andare veloce agli angeli de “Il cielo sopra Berlino”. Questa esperienza segna lui e i suoi compagni, al punto che ancora prima di venire a Berlino Salvatore si innamora di questa città che ora lo ospita. E’ qui da sei mesi, si sta conquistando un suo piccolo spazio, già ha all’attivo diversi spettacoli. E pensare che ha 24 anni.
L’ultimo spettacolo, The world in the void out there, era un lavoro sul tema della “mancanza”: “eravamo quasi tutti appena arrivati qua, da poco. Io – dice sicuro – non avevo un senso di nostalgia verso qualcosa di ben identificato, verso l’Italia, o il mio mondo di prima, ma parlando anche con le mie danzatrici mi sono reso conto che a tutti noi mancava qualcosa. Alla fine però il punto di partenza è solo un pretesto per esprimersi”. Da lì in poi, infatti, il lavoro cresce anche da solo, l’idea è solo un salto verso qualcosa che si definirà man mano. Ma attenzione, la libertà dell’evoluzione dell’idea non si riflette nella libertà dell’esecuzione: “quello che viene deciso deve essere, esatto, perfetto, senza uno sgarro”. Tanto lavoro però ripaga, perchè le ragazze che lavorano con Salvatore Siciliano lo stimano e cercano di capire profondamente la sua idea e di rispettarla: “Si tratta di energia, alla fine, è quella che ci unisce”. Lo spettacolo sulla mancanza gira attorno a otto quadri che si intersecano l’uno nell’altro, che si compentrano, che esplorano diverse mancanze; non c’è una scissione, è un viaggio. Anche musicalmente sono messe insieme musiche distanti: Purcell e Matresanch, ovvero Matteo Niccolai, compositore che collabora con lui e che ha composto apposta queste (bellissime) musiche per lo spettacolo. Salvatore supervisiona a tuttotondo: lui gli dà il concept, Matresanch ci lavora sopra e poi si continua insieme.
“L’ispirazione non deve essere imitazione” dice. Parlare di linguaggio, averne uno, infatti non è facile. L’autonomia artistica è difficile da scindere dalla formazione: dove finisce il maestro e inizia l’allievo? Salvatore ha un suo timbro però, un’espressione personale, riconoscibile. Nonostante la giovane età ha gia avuto la possibilità di mettersi alla prova con realtà diverse, Atene e Amburgo per esempio, che l’hanno stimolato e hanno “plasmato” quello che è ora. Mette anche a fuoco un problema sempre caldo in campo artistico, che vale anche per la musica e per le arti figurative: non rinnegare, tecnicamente o metaforicamente, la tradizione fa corrrere il rischio di non essere abbastanza eversivi, abbastanza cool, soprattutto per essere nella cttà più cool del momento. Eppure è più coraggioso continuare a guardare il nostro “passato” artistico, sentirlo parte di quello che facciamo, che allontanarcisi con decisione.
E comunque no, effettivamente no, non ci si annoia, non arriva mai quel momento – e spesso accade – in cui si pensa “e adesso quando finisce?”.
Coreografo: Salvatore Siciliano. Musica: Matresanch . Danzatrici: Nicole Fabrinetti, Giulia Mandelli, Valentina Migliorati, Michela Rossi. Costumi: Tina Sento. Video e Foto: Alexis Ftakas e Jérémie Aubouin.