Cronaca di una giornata di scatti a Berlino: consigli e considerazioni di un fotografo italiano
Helmut Neustädter, meglio conosciuto come Helmut Newton, affermava: il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia.
Il fotografo tedesco, divenuto famoso per i suoi studi sul nudo femminile, forse non si rendeva conto che questi concetti sono quelli che Berlino, sua città natale, riesce a trasmettere ai fotografi.
E’ appunto il mio caso che, da fotografo amatoriale, arrivo per la prima volta nella capitale della Germania. Come prima tappa decido di andare a Potsdamer Platz e la raggiungo a bordo dell’autobus numero 100 (leggi qui l’articolo). Salgo al piano superiore del bus che effettua la linea e mi siedo comodamente in prima fila, davanti al parabrezza. Godersi il panorama da questo posto privilegiato è uno spettacolo. Infatti, non dimenticherò mai l’arrivo sulla Potsdamer Straße, l’arteria che attraversa l’omonima piazza. La velocità ridotta dell’autobus consente di avere un lento avvicinamento nel complesso edilizio firmato da Renzo Piano e questo da la possibilità di gustare altrettanto lentamente la visione che si apre davanti agli occhi. La sensazione è simile a quella particolare soddisfazione che prova un esperto giocatore di carte che inizia ad aprire il proprio mazzo scoprendone la bontà.
Il trionfo di architetture, di materiali e di colori che compongono lo scenario si sposano tra loro come le note di un’affascinante melodia. Sceso dall’autobus mi dirigo verso il piazzale della Bahnhof e qui vengo subito colpito dalla presenza di alcuni blocchi del muro di Berlino. Noto un contrasto molto forte intorno a me, perché nella stessa piazza coesistono il simbolo di un recente e disastroso passato e gli edifici moderni, espressione del rinnovamento urbano che ha caratterizzato la città negli anni ’90.
Proprio questo scenario fa da quinta al mio primo scatto a Potsdamer Platz, dove il vero protagonista è un giovane artista di strada che suona la chitarra. Prima di inquadrarlo per realizzare la fotografia decido di dargli un’offerta per farmelo amico e il suo sorriso mi conferma ciò. Il ragazzo sta interpretando “Mad World”, singolo dei Tears for Fears, e la sua voce melodica suscita in me una particolare emozione. Infatti, a questa canzone ho legati molti bei ricordi e la casualità di averla sentita accende letteralmente la miccia dei miei sentimenti, consentendomi di portare a casa un particolare ricordo attraverso la mia foto.
Tale episodio mi regala un benessere interiore, determinante per lo scatto successivo. Ecco quindi che una scena caratterizzata da un cielo nuvoloso, tipico del Nord Europa e che non esalta certo l’architettura, può comunque prendere vita dopo aver realizzato la fotografia. Inquadro gli edifici che sono davanti a me, secondo un certo equilibrio e una certa fuga prospettica, sapendo già che questa immagine sarà destinata a subire una successiva interpretazione al computer. Infatti, stravolgo la realtà in post produzione affinché l’immagine comunichi quell’enfasi provata davanti ai grattacieli. Le nuvole lasciano spazio a una superficie nera che si accosta felicemente a una sfumatura di celeste che dipinge i palazzi. Le scritte, riferimento del luogo, sono esaltate da un bianco luminoso in modo che l’occhio, come nella realtà, si soffermi a leggerle.
Credo proprio che sia la luminosità dei colori la vera essenza di Potsdamer Platz, ecco perché decido di tornare a visitarla di notte. Infatti, non mi sbagliavo. Entro nel Sony Center e il tripudio di colori che dipinge le vele della copertura mi fa immediatamente alzare lo sguardo facendo passare il resto quasi in secondo piano. Provo soddisfazione perché quello che mi sono immaginato di giorno corrisponde alla realtà e aggiunge un valore alla mia fotografia. Così, dopo aver provato varie inquadrature, decido che la foto che voglio è quella che racconta il punto di vista dal quale sono entrato, felice di concludere la mia visita a Potsdamer Platz con un arcobaleno.
Foto di copertina: © Lorenzo barsotti
Foto di galleria: © Lorenzo Barsotti
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