Vivere in uno studentato a Berlino (non è facile)
La mia esperienza Erasmus a Berlino si è ormai conclusa da circa un anno e mezzo, eppure mi sembra ieri il giorno in cui arrivavo per l’inizio di quest’incredibile avventura… l’atterraggio, l’incontro con il mio buddy, la notte in ostello prima di iniziare il vero adattamento in terra tedesca: la vita in uno Studentenwohnheim, il nostro studentato.
Innanzitutto è utile sottolineare per chi interessato che non si può fare domanda per una stanza in uno Studentenwohnheim se non attraverso l’università in cui si andrà a studiare, non si può scegliere in quale struttura risiedere né tanto meno con quali coinquilini abitare (per maggiori informazioni vedi qui). Una volta fatta domanda, qualora si venga riconosciuti beneficiari di una stanza (il posto non è scontato, visto l’altissimo numero di richieste), si otterrà una proposta di affitto: in caso di rifiuto da parte dello studente, non vengo offerte ulteriori possibilità.
Si può essere molto fortunati e finire nello studentato a quattro passi dal Berghain, al confine tra Kreuzberg e Friedrichshain, oppure in un posto fuori dal mondo. Ovviamente io rientro nel secondo caso. Eichkamp è uno studentato di mattoni rossi situato nel nulla alla fermata di Herstraße, a quattro passi dai boschi ad ovest di Berlino: un complesso immenso con diversi edifici in cui convivono studenti Erasmus, studenti tedeschi, studenti fuori corso e nel quale trovare persino un Kindergarten. Uno sguardo alla mappa non mi aveva fatto ben realizzare dove sarei finita, ma l’offerta era talmente allettante che non ho avuto dubbi: 205€ al mese per l’affitto di una stanza arredata, spese incluse, con una (non troppo) simpatica signora delle pulizie a far finta di pulire il pavimento di bagno e cucina e a portare via la spazzatura (cosa da non sottovalutare se si abita al quinto piano senza un ascensore).
Il giorno in cui sono arrivata è stato una tragedia: scesa alla fermata sbagliata della S-Bahn ho camminato per chilometri sotto un sole cocente con due valigie che saranno state 20kg l’una (e per la metà piene di cibo) e nessuno che sapesse darmi indicazioni su dove trovare questo posto. Dopo un’ora di cammino sono entrata da quella che ho poi scoperto essere l’entrata non utilizzata da nessuno e ho girovagato per un’area immensa con svariati edifici senza sapere dove andare e senza un’anima a cui rivolgere la parola: le uniche nei dintorni erano due signore delle pulizie che non parlavano né capivano né il tedesco né l’inglese. Disorientata dai bambini dell’asilo che saltellavano in giardino, stavo per ritornare indietro credendo di aver sbagliato indirizzo, finchè una maestra mi ha salvato e mi ha indicato gli uffici a cui potermi rivolgere.
Sbrigate le procedure burocratiche e ricevute le chiavi, mi sono incamminata verso il mio edificio, il numero 11, riservato a – o per meglio dire in cui confinano – gli studenti Erasmus. Ho incontrato al primo piano la ragazza italiana proveniente dalla mia stessa università che mi ha dato alcune dritte iniziali su come orientarmi: una volta conclusa la prima immensa spesa iniziale nei posti che sarebbero poi diventati i miei riferimenti per le spese (Netto e Woolworth), sono rientrata a casa e ho conosciuto gli altri coinquilini. Un appartamento di sette persone: un’italiana, un’ungherese, una brasiliana, una greca, un turco, un olandese e un giapponese… praticamente un appartamento con ogni angolo di mondo.
Dopo i convenevoli iniziali mi sono ritrovata con la ragazza brasiliana in cucina che mi ha mostrato a quali condizioni avrei dovuto adattarmi: armadietti impolverati, frigorifero sporco e puzzolente in modo disgustoso, piatti che strabordavano dal lavandino. Armata del sano senso pratico che vive in famiglia, io e la mia nuova amica ci siamo dedicate a lavare tutti i piatti, selezionare quali pentole tenere e quali gettare di quelle ereditate dai precedenti coinquilini e sgrassare il forno, ma abbiamo deciso di rinunciare agli armadietti, riponendo tutto ciò che poteva stare fuori dal frigorifero in uno scaffale della libreria delle nostre camere.
Infine, il mostro: il frigorifero.Credo di non aver mai visto in tutta la mia vita una cosa più terribile del frigorifero che avevamo in appartamento… guanti alla mano, lo abbiamo svuotato, lavato, sgrassato e disinfettato, gettato yoghurt scaduti, affettati aperti chissà quando e persino un piatto di un uovo sbattuto coperto da stagnola ed infine organizzato gli spazi per ogni coinquilino: uno dei momenti di più grande orgoglio di tutto l’Erasmus è stato riuscire a sconfiggere quel frigorifero, nonostante un leggero odore indefinito sia persistito nel tempo.
La situazione non è però certamente durata. I piatti hanno ricominciato ad accumularsi nel lavandino in una montagna senza fine, la griglia del forno a colare grasso e il frigorifero a riprendere vita. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, era una continua battaglia nel cercare di mantenere un minimo di pulizia finché, il 5 dicembre, io e la mia amica brasiliana, esaurite dalla situazione venutasi a creare, abbiamo scritto Le 6 regole del vivere comune:
Tra queste “Lava le pentole comuni che hai usato per cucinare”, “Se sporchi pulisci”, “La carta igienica è utile in bagno, in cucina è disgustosa” (utilizzata per sostituire lo strofinaccio): a rileggerle oggi ne riesco a ridere immensamente, ma allora…! Per una settimana la situazione è migliorata, poi tutto è tornato alla sporca normalità.
Ma nonostante tutto, consiglierei la vita in studentato.
Nonostante la sporcizia, nonostante il cibo che sparisce, nonostante coinquilini che sparano la musica a volume da discoteca nel bel mezzo della notte e per questo il giapponese decide di cambiare appartamento, nonostante i bollitori bruciati. E non si tratta solo di organizzare feste improvvisate un giorno sì e l’altro pure, ma del pranzo della domenica tutti insieme con le specialità nazionali (più italiane che straniere, tra cui polenta con spezzatino e l’immancabile carbonara), dell’uscita per un drink di almeno 30 persone contemporaneamente, di un pezzo di torta trovato fuori dalla porta come consolazione per un esame andato così così. Che piaccia o meno, i coinquilini diventano la tua seconda famiglia: puoi gridare e litigarci, ma restano sempre la famiglia su cui poter contare nei momenti peggiori.
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Foto copertina: Please Clean Up Your Mess © Allen Goldblatt CC BY-SA 2.0