8 cose da sapere sull’incredibile storia del ghetto ebraico di Shanghai occupato dai giapponesi durante la II Guerra Mondiale

Otto informazioni da sapere sulla storia del ghetto ebraico di Shanghai.

Il ghetto di Shanghai è stata una vera salvezza per 25.000 rifugiati ebrei provenienti dall’Europa, durante la II Guerra Mondiale. Il nazismo ha costretto intere famiglie ebree ad andarsene dal loro paese a causa del forte antisemitismo. In questi otto punti verranno raccontate le tappe più importanti della storia del ghetto di Shanghai.

1. Una breve introduzione alla guerra cino-giapponese.

Dal 1937 al 1945 si è combattuta la violenta guerra cino-giapponese in territorio cinese. Lo scopo del Giappone era occupare rapidamente Pechino e piegare il governo nazionalista cinese. L’esercito nazionalista cinese schierò le sue truppe nei pressi di Shanghai, ma furono brutalmente sconfitti. L’avanzata nipponica continuò fino a Nanchino, per poi riuscire a conquistare anche buona parte del sud. Tutta la fascia costiera dalla Corea all’Indocina era ormai di proprietà giapponese. Fino al 1941, la Cina interna resisteva agli attacchi del Giappone, grazie ai finanziamenti europei. Dopo una serie di vittorie aggressive, finalmente nell’agosto del 1945 le forze giapponesi si arresero dopo l’invasione sovietica della Manciuria.

2. Shangai era l’unico posto al mondo ad accettare gli ebrei provenienti dall’Europa senza documenti.

E’ risaputo, che Hitler voleva liberarsi una volta per tutte degli ebrei presenti in Germania, ma allo stesso tempo aumentava anche il rifiuto del mondo a lasciarli entrare. Gli ebrei dovevano essere provvisti di specifici documenti per l’espatrio, che dovevavo essere approvati dalle autorità governative. Shangai, sebbene piena di persone e povertà, era l’unico posto sulla terra disposto ad accettare gli ebrei con o senza i visti. Durante la Seconda Guerra mondiale, Shangai fu un paradiso per 25.000 rifugiati ebrei fuggiti da Germania, Austria, Ungheria, Romania e Polonia, tanto che la sinagoga divenne un simbolo per la città.

© Youtubevideo della vita dei rifugiati ebrei di Shanghai prima della II Guerra Mondiale

3. Dopo la battaglia di Shanghai, la città venne occupata dai giapponesi.

Dall’agosto del 1937 fu combattuta la battaglia di Shanghai, tra l’esercito nazionalista cinese e l’esercito imperiale giapponese, che portò alla ritirata delle truppe cinesi. Da questo momento il potere era nelle mani dei giapponesi che imposero le prime restrizioni ai profughi ebrei. All’arrivo gli ebrei venivano privati della maggior parte dei loro beni. Molti di loro senza un soldo salpavano a Hongkou, un distretto povero di Shanghai, dove l’accesso era più libero rispetto ai distretti maggiormente sviluppati della città.

4. Come riuscirono i rifugiati ebrei a sbarcare a Shanghai.

Durante la guerra, le vie di fuga verso l’oriente non erano sempre le stesse. Gli ebrei partivano con le navi da crociera dai porti di Genova e Trieste, oppure attraversavano i Balcani lungo il Danubio. Dal giugno del 1940, la rotta via mare che collegava Shanghai all’Italia, fu bloccata e l’unica soluzione era viaggiare via terra attraversando la Siberia e passando dalla Cina nord orientale. L’afflusso di rifugiati terminò con il bombardamento a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941. Nel luglio del 1942, le autorità nipponiche proposero una “soluzione finale”, ovvero, confinare i profughi ebrei nel ghetto di Hongkou a Shanghai.

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5. La Cina non era la prima scelta dei rifugiati.

La Cina era conosciuta come nazione piena di povertà, malattie, fame e guerre. Ma dopo la notte dei cristalli, colpo istigato da Joseph Goebbels, portavoce di Hitler, Shanghai diventò l’unica salvezza per gli ebrei in fuga fino al 1941. Ai profughi serviva solo il permesso per potersene andare dalla imminente guerra che stava incombendo in Europa e Shanghai era la scelta giusta.

6. Nonostante le dure condizioni di vita, gli esuli riuscirono ad adattarsi alla nuova realtà.

All’inizio le condizioni di vita nel distretto di Shanghai erano molto pesanti. Spesso intere famiglie di rifugiati si trovavano a vivere in piccole stanze da dividere con altre dieci persone, se non di più. Essi dovettero soprattutto far fronte alle barriere linguistiche e sociali, ma i cittadini di Shanghai si dimostrarono da subito cordiali e comprensivi. Nonostante le difficoltà, piano piano gli ebrei riuscirono ad ambientarsi, creare nuove vite nelle loro case e col tempo aprire attività imprenditoriali. L’area di Hongkou divenne nota come “Piccola Vienna”, proprio perché i rifugiati riuscirono ad erigere ristoranti, bar, scuole, cimiteri, piccole cliniche, sinagoghe e tutto ciò che a loro serviva per rinascere come popolo.

© Youtube, rifugiata ebrea che si relaziona con i cittadini di Shanghai

7. La liberazione degli ebrei alla fine della guerra.

Il ghetto di Shanghai fu liberato ufficialmente il 3 settembre del 1945. Con la fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e l’ascesa del comunismo in Cina, tutti i rifugiati nel distretto di Hongkou se ne andarono. La maggior parte degli ebrei emigrò in Israele, il resto si trasferì altrove. Gli ebrei sono tutt’ora grati ai cinesi.

8. La sinagoga e il museo del ghetto di Shanghai.

Durante l’Olocausto, Hongkou era il quartire che ospitava non solo gli ebrei in fuga, ma anche quelle comunità ebraiche che si erano stabilite nel corso dei decenni precedenti. Lungo i 2,5 Kmq di quartiere c’erano edifici che rappresentavano la cultura ebraica. Uno di questi era la sinagoga. Oggi la sinagoga di Ohel Moishe del distretto è stata restaurata e non ha più una funzione religiosa. Accanto al tempio si trova il piccolo museo che racconta l’arrivo e la vita degli ebrei a Shanghai. Lo stesso ghetto è un’esposizione a cielo aperto per i turisti.

 

 

 

 

 

 

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Foto copertina: © Youtube, 1939 barconi pieni di profughi ebrei diretti a Shanghai