“Dopo un paio di settimane (all’estero) ti abitui al cibo scadente”….Dubbio Made in Italy – Il video
Nel 2012 i ragazzi di Zero, quelli che poi realizzeranno i video virali #coglioneNo, realizzarono un bel video di un solo minuto dedicato a chi ha lasciato l’Italia. Del resto anche uno dei due autori, Stefano De Marco, all’epoca viveva ad Hessen ed avrebbe poi vissuto a Berlino (l’altro invece è Niccolò Falsetti). Insomma, l’argomento – espatriare e vedere l’Italia da lontano – lo conoscevano bene. Il filmato si intitola Dubbio made in Italy ed in sessanta secondi racchiudono la vita quotidiana “estera” sulla musica in sottofondo di Moby (Why does my heart feel so bad).
Il video ha due testi, il primo viene pronunciato da una voce fuori campo, il secondo scorre in basso come se fossero sottotitoli e si può leggere anche staccato da tutto il resto, non perde di intensità. Qui in basso li trovate entrambi, anche se prima di tutto vi conviene vedervi il bel video.
Voce fuori campo
Dopo un paio di settimane ti abitui al cibo scadente, ti abitui al caffè nei bicchieri di carta al pane che sa di plastica. Ti abitui alle corse per prendere la metro, a tutta questa gente che condivide poche centinaia di metri quadri ogni giorno, e non sa dirsi neanche “buonasera”. Ti abitui alla pioggia al sole che sorge così presto,Ti abitui alla mancanza del mare, perchè puoi usare i parchi come metadone,ti abitui ai mezzi che funzionano, alle strade pulite, ai bagni pubblici decenti ti abitui alla mancanza delle tapparelle ti abitui ad essere puntuale, alla mancanza del bidet, ai musei gratuiti, al lavoro gratificante. Ad una lingua che non sempre puoi capire ma che è tua, agli stipendi proporzionati, alle tasse basse ad un eccellente livello di civilità. Ti abitui alla nostalgia del sole, della calma delle campagne sterminate, dell’olio buono del vino del contadino. Ti abitui presto e non per questo ti scordi tutto quello che hai lasciato. Se ripartirei adesso? senza dubbio….
Testo che scorre in basso
Non ho veramente voluto nulla di tutto questo. Non sono qui per godermi i vantaggi dell’emigrazione. Non mi godrò mai nulla fino in fondo, starò semplicemente qui, in piedi, a sudare, a ricordarvi con la mia lontananza di avere dei rimpianti. Per tutto quello che di bellissimo mi avete tolto. Per tutto quello che avrei potuto fare, essere, avere a casa mia. E anche se qua andrà tutto per il meglio, non sarò mai a casa, e questa lingua non sarà mai mia come tutte queste nuvole. Ma non ve ne fregherà nulla. Mai. Forse un giorno. Quando le vostre città in macerie, puzzeranno di vecchio, e sentirete finalmente la mancanza di tutti quei ragazzi che avete mandato via a calci. Perché credo che sia tutta colpa vostra, di nessun altro. Nessun politico, nessun amministratore, nessun potente ha più colpa di voi. Di noi. Perchè mi sento responsabile di questa catastrofe tanto quanto lo siete voi. È ora di ammettere che abbiamo fallito. E che il nostro mondo è crollato. E io non sono che una scheggia andata a infrangersi da qualche altra parte.
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