Ritornare alla vita quotidiana dopo le feste (a Berlino o in Italia che sia)

Usare il tempo di “pausa” delle festività per ripensare al nostro modo di vivere il quotidiano

«Fatemi un favore», dice il poeta Franco Arminio. «Andate a visitare un paese più piccolo del vostro; se il vostro paese conta seimila abitanti, visitatene uno che ne ha quattromila, se ne ha quattromila andate in uno più piccolo, e così via, senza motivo, senza che ci sia una sagra, una festa, un evento, andateci e basta. Poi cercate una persona anziana, sedetevi vicino a lui o a lei, e ascoltate quello che ha da dire».

Nei giorni a cavallo tra l’anno vecchio e il nuovo, con gli amici di una vita, abbiamo fatto entrambe le cose. Abbiamo passato tre giorni tra i borghi immobili del rietino. Abbiamo parlato con una signora di Torri in Sabina, 1225 anime, che ci ha raccontato di suo marito, di suo figlio, dei suoi nipoti gemelli e di come la placida integrazione dei migranti nel territorio stia scongiurando la desertificazione. Abbiamo incrociato gli occhi tristi e gentili del proprietario di un bar in cui suonavano i vinili di Renato Zero e Lucio Dalla. Abbiamo visitato abbazie e chiese silenziose, su tutte Santa Maria in Vescovìo, quella in cui San Pietro avrebbe spezzato per la prima volta il pane come Cristo. Abbiamo spiegato ai bambini che erano con noi come si forma la brina nei campi e perché a volte la luna appare in cielo insieme al sole.

Dopo il tempo della festa, del riposo, degli affetti, ho sempre trovato difficile il ritorno alla normalità. È il momento in cui sopraggiunge la nostalgia, quell’ineffabile malinconia legata al tempo che se ne va e al nuovo che non arriva. Quest’anno, dopo un viaggio così bello, quella malinconia è stata ancora più aspra.

Henry David Thoreau diceva che molti uomini conducono una vita di «quieta disperazione», senza mai «vivere profondamente», senza «succhiare il midollo della vita». Se, dopo la sospensione gioiosa della festa, a Berlino o in Italia che sia, torniamo sempre ai nostri binari quotidiani, ai nostri immutabili copioni, alle nostre quiete disperazioni, un altro girotondo della terra – questa terra umiliata che brucia di surriscaldamento e di guerra – sarà passato invano. Per me – e per milioni come me – l’anno nuovo verrà davvero quando avremo trovato la nostra voce, e la faremo risuonare forte insieme.

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