Berlino, disoccupazione al 10,2%, eppure ci sono 90.000 posti di lavoro non coperti
90.000 posti vacanti, ma il 10% dei berlinesi resta senza lavoro. È il paradosso della capitale tedesca, dove il lavoro c’è, ma non si trova
Berlino è una città con un ecosistema culturale e tecnologico in fermento. Eppure, il suo mercato del lavoro resta segnato da forti squilibri. Novantamila posizioni aperte e, allo stesso tempo, un tasso di disoccupazione che sfiora il 10,2%. La capitale tedesca si trova al centro di un paradosso occupazionale difficile da ignorare. I numeri parlano chiaro: il tasso di disoccupazione è il doppio della media nazionale tedesca e molto più alto di quella italiana, dove l’ultimo dato Istat-Eurostat segna un 5,9%. È la contraddizione di una capitale che attira giovani da tutta Europa (e non solo), ma che fatica a offrire loro un lavoro stabile e qualificato.
Il lavoro c’è, ma non si trova
Berlino è sede di startup, università, poli culturali e grandi progetti infrastrutturali. Tuttavia, il mercato del lavoro berlinese richiede sempre più profili con competenze digitali o tecniche avanzate, spesso difficili da reperire. A rallentare l’incontro tra domanda e offerta ci sono diversi ostacoli: la barriera linguistica, la burocrazia nei riconoscimenti professionali, la mancanza di percorsi di formazione allineati ai bisogni reali del mercato. Molti dei nuovi arrivati, inoltre, finiscono per lavorare in settori precari, creativi o saltuari, distanti dai profili richiesti dalle aziende. Il risultato è il seguente: centinaia di aziende cercano personale qualificato senza successo, mentre migliaia di persone faticano a entrare nel mondo del lavoro.
Un divario che si allarga
Il caso Berlino è anche una lente sulle disuguaglianze interne alla Germania. Mentre regioni come la Baviera o il Baden-Württemberg registrano tassi di disoccupazione ben sotto il 4%, la capitale continua a oscillare intorno alla doppia cifra. Come si diceva: i posti ci sono ma restano vuoti. In Italia il problema è certamente diverso: in molte città italiane non ci sono posti. In entrambi i casi, la sfida è costruire ponti: tra chi arriva e chi assume, tra le competenze disponibili e quelle richieste e, soprattutto, tra crescita economica e inclusione sociale. Saranno fondamentali formazione linguistica, percorsi di riqualificazione digitale e maggiore collaborazione tra istituzioni, università e imprese.
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