La statua sugli stupri giapponesi alle coreane che Berlino ora vuole rimuovere

A Berlino polemiche sulla rimozione della statua che ricorda gli stupri giapponesi, installata dalla Korea Verband

Negli ultimi mesi, una controversia ha acceso il dibattito a Berlino riguardo alla statua collocata nel distretto di Mitte che ricorda gli stupri dei giapponesi. Questa scultura, donata dalla fondazione sudcoreana Korea Verband, commemora le donne costrette alla prostituzione durante la Guerra del Pacifico (1941-1945).

Tuttavia, l’ambasciata giapponese ha chiesto la rimozione della statua, sostenendo che le iscrizioni commemorative non riflettono una visione condivisa dei fatti storici.

Questa richiesta ha sollevato un acceso dibattito pubblico e politico sulla questione, mettendo in luce le tensioni ancora esistenti sul tema delle violenze di guerra e della loro memoria.

 

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La statua e la sua installazione a Berlino

La statua dedicata alle donne di conforto è stata installata a Berlino pochi anni fa come parte di un’iniziativa per riconoscere e onorare le vittime di violenze sessuali perpetrate durante la guerra.

L’opera, realizzata dall’artista sudcoreano Kim Seo-kyung e dall’architetto Kim Eun-sung, rappresenta una giovane donna seduta accanto a una sedia vuota, simbolo delle vittime assenti e dei loro sogni mai realizzati.

Questa installazione è parte di un movimento globale volto a mantenere viva la memoria delle atrocità commesse e a sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti delle donne.

Le donne di conforto: un’analisi storica

Le donne di conforto furono bambine, ragazze e donne costrette a far parte di gruppi creati dalle forze militari dell’Impero giapponese, sfruttate come schiave sessuali. Il termine comfort women traduce il termine giapponese ianfu, che significa “prostituta/e“. Documenti dalla Corea del Sud indicano che queste donne non erano volontarie. Dal 1989 molte di loro hanno testimoniato di essere state rapite dai soldati giapponesi.

Alcuni storici, come Lee Yeong-Hun e Ikuhiko Hata, hanno rinnegato quanto è stato denunciato a guerra conclusa, ma altri, basandosi su testimonianze, sostengono che l’esercito giapponese fosse coinvolto nella coercizione e nel sequestro delle giovani vittime. Le stime del numero di donne coinvolte variano da 20.000 a 410.000, con la certezza che provenissero da Corea, Cina, Giappone, Filippine e altri territori occupati.

Numerose venivano spesso ingannate con promesse di lavoro, solo per essere incarcerate nei “centri di conforto” e deportate. Uno studio del governo olandese ha rivelato che anche 300 donne olandesi furono schiavizzate dai militari giapponesi nelle Indie Orientali Olandesi.

Questi centri di sfruttamento si trovavano in Giappone, Cina, Filippine, Indonesia, Malesia Britannica, Thailandia, Birmania, Nuova Guinea, Hong Kong, Macao e Indocina Francese. Le atrocità subite da queste donne sono state oggetto di studi e testimonianze, mettendo in luce la brutalità e la disumanizzazione imposte dall’Impero giapponese durante la guerra.

Il ruolo delle donne di conforto in altri contesti di guerra

Anche se il termine “donne di conforto” è specificamente legato al conflitto del Pacifico, esistono paralleli in altri contesti bellici. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in Europa e in Asia, le forze armate di diverse nazioni utilizzarono donne in ruoli simili, spesso costringendole a servire nei bordelli militari. Tuttavia, il caso delle donne coreane sotto l’occupazione giapponese ha ricevuto una maggiore attenzione internazionale, in parte a causa della sistematicità e della scala degli abusi perpetrati.

Impegno politico dell’Associazione Korea Verband nell’installazione della statua

L’associazione Korea Verband ha donato la statua a Berlino. È un’organizzazione non governativa sudcoreana impegnata nella promozione dei diritti umani e nella memoria storica delle vittime delle atrocità di guerra.

Da anni, l’associazione si batte per il riconoscimento e la giustizia per le donne di conforto, facendo pressione sui governi giapponesi e internazionali affinché riconoscano ufficialmente i crimini e offrano scuse e risarcimenti. La donazione della statua a Berlino rappresenta un passo significativo nella loro campagna per sensibilizzare il pubblico e mantenere viva la memoria delle vittime.

Cosa ne sarà della statua?

La controversia sulla statua di Berlino non solo riflette le tensioni politiche e storiche tra Corea del Sud e Giappone, ma mette anche in luce l’importanza di mantenere viva la memoria delle vittime di violenze di guerra.

Le questioni legate alla giustizia e alla riconciliazione storica devono essere affrontate con sensibilità e rispetto per le vittime e le loro storie. La statua, indipendentemente dalla sua permanenza a Berlino, resta un potente simbolo del dolore passato e della necessità di riconoscere e riparare i torti storici.

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Immagine da: Pixabay