“È domenica, ma dove vai?” Perchè a Berlino nei festivi è tutto chiuso e in Italia no
In Germania la domenica è tutto chiuso. In Italia ormai, non è più così. Tra passato, presente e futuro, cerchiamo di capire come si è arrivati a questo punto
C’è poco da girarci intorno: a Berlino, se si ha bisogno di fare acquisti ed è domenica, è un grosso problema. Il tema delle chiusure domenicali spesso divide: c’è chi lo ritiene un sacrosanto diritto dei lavoratori e chi lo trova un’inutile limitazione che intralcia la vita di tutti i giorni.
In Italia, lo sappiamo bene, i negozi sono ormai quasi tutti aperti la domenica. Mi ricordo, però, di un tempo lontano in cui, trovare un negozio aperto la domenica, era impresa ardua.
Ma qual è stato il percorso che ha portato l’Italia, un paese storicamente cattolico e restio alla liberalizzazione totale in molti settori, alla deregolamentazione degli orari dei negozi? Al contrario, per quale motivo in Germania resistono queste limitazioni?
La domenica in Germania: il sonntagsruhe
Uno dei primi shock culturali che si ha una volta messo piede in terra tedesca è che la stragrande maggioranza dei negozi sono chiusi di domenica. Di questo fatto ce ne si accorge solitamente il primo fine settimana di permanenza, quando l’unico rotolo di carta igienica che era stato lasciato in casa dal precedente inquilino, finisce. È in quel momento che, fissando impotenti il proprio riflesso sulle porte chiuse del Rewe, sarete venuti a conoscenza del sonntagsruhe: il riposo domenicale. Di questa usanza ne abbiamo già parlato in precedenza su Berlino Magazine.
Da un punto di vista legislativo, la chiusura domenicale in Germania è regolamentata a livello federale dalla Ladenschlussgesetz– letteralmente “legge sulla chiusura dei negozi”. L’adozione di questa legge risale al 28 novembre 1953 ma è stata rivista nella sua forma attuale nel 2003. Nel 2006 poi, nell’ambito di un più ampio progetto di devolution, è stata data la possibilità ai singoli Länder di decidere autonomamente gli orari di apertura dei negozi, ad eccezion fatta che di domenica. Berlino, che ricordiamo essere uno dei 16 Länder costitutivi della repubblica federale tedesca, ha le leggi più flessibili di tutta la Germania in quanto a orari di apertura: i negozi possono decidere liberamente quale orario fare dal lunedì al sabato.
Esistono ovviamente deroghe ed eccezioni al divieto di apertura domenicale. Queste si applicano a negozi situati all’interno di stazioni e aeroporti, stazioni di servizio, attrazioni turistiche, farmacie, panetterie, fiorai e ai leggendari späti– i cornershop di quartiere dove è possibile acquistare un po’ di tutto. Vi sono poi otto domeniche all’anno (Verkaufsoffener Sonntag), incluse due durante il periodo natalizio, in cui tutti i negozi possono rimanere aperti.
E in Italia?
Beh, come tutti sappiamo, in Italia la situazione è ormai molto diversa. Il punto di svolta in questo lento processo di liberalizzazione che ha portato oggi l’Italia ad essere uno degli stati più permissivi in Europa su questo tema, si può individuare nell’adozione del decreto legislativo 114/1998, a titolo “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio“. Questo stabiliva che tutti i comuni potessero tenere i negozi aperti anche di domenica nel mese di dicembre. Inoltre, rimuoveva qualsiasi limitazione nei comuni a vocazione turistica, comuni che dovevano essere individuati attraverso una lista ad hoc, compilata dalle regioni.
Ad oggi, in Italia, non è presente alcun vincolo per quanto riguarda gli orari di apertura dei negozi. L’assenza totale di restrizioni è frutto dell’art. 31 del Decreto Salva Italia (quello dell’IMU, per intenderci), approvato nel dicembre 2011 dal Governo Monti.
Il tema delle aperture domenicali è tornato prepotentemente nel dibattito pubblico a inizio 2019 quando, l’allora governo a trazione Lega-M5S, presentò una proposta di legge per ritoccare le aperture domenicali e festive in generale. Il disegno di legge prevedeva l’apertura a domeniche alterne (26 su 52 in un anno) e la chiusura durante le festività nazionali, con una deroga di 4 giornate a discrezione della singola regione. Ad oggi, la legge si è arenata in parlamento e per il momento non si vedono cambiamenti all’orizzonte.
Il futuro
Seppur all’apparenza triviale, il dibattito sulle aperture domenicali va a toccare temi chiave della nostra società: la distribuzione di ricchezza fra centro e periferia, la tensione fra vita lavorativa e vita privata, fra libera iniziativa e regolamentazione statale, e fra crescita economica e occupazione, a volte ormai disgiunte.
In un primo momento il nocciolo della questione era l’antagonismo fra grandi e piccole attività commerciali, fra chi poteva permettersi di restare sempre aperto e chi alla domenica doveva occuparsi della famiglia. Con il tempo, però, si è scoperto che, questo scontro “binario”, era solo l’inizio di una ben più profonda trasformazione dell’economia globale e del mercato del lavoro.
Di quella fase intermedia, di cui il centro commerciale ne è l’emblema, rimane la definitiva consapevolezza che il sistema economico è in continuo cambiamento. Così come le nostre abitudini di consumo, radicalmente plasmate dall’affermazione dell’e-commerce negli ultimi anni. Certamente i siti di vendita on-line non sono chiusi di domenica.
Lungi dal fare qualsiasi valutazione politica, è opportuno però fare un passo indietro e chiedersi se, Italia o Germania, in un tempo in cui luogo di consumo e di produzione coincidono sempre meno e in cui l’emergenza climatica ci impone drastici cambiamenti, questa enfasi sul consumo, non stia diventando anacronistica.
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