Ratline, la via di fuga dei nazisti in Sudamerica con la complicità del Vaticano
Sul finire della Seconda guerra mondiale, diversi nazisti trovarono rifugio in Sudamerica grazie alle ratline: canali di fuga organizzati per sottrarsi alla giustizia
Tra il 1946 e il 1951 furono più di 10mila i militari tedeschi che trovarono rifugio in America Latina grazie alle ratline. Queste vie di fuga furono organizzate da membri e simpatizzanti nazisti, ma vennero sostenute anche dal clero della Chiesa cattolica. In diversi ipotizzano anche la complicità da parte del Vaticano stesso. Persino la Croce Rossa fu responsabile degli esodi, avendo fornito ai fuggitivi i documenti utili per l’espatrio. L’efficienza delle ratline diede inoltre vita a numerose teorie cospirazioniste, tra cui la fuga di Hitler in Argentina.
Cosa sono le ratline: le vie dei topi che permisero l’espatrio in Sudamerica
Nel gergo marinaresco, ratline significa letteralmente “linea dei ratti” riferendosi alle sartie (corde) di una nave, che permettono la salita fino alla cima degli alberi dei velieri. In caso di naufragio, queste corde sono l’ultima via di salvezza per i ratti prima di venire inghiottiti dall’acqua. La fuga verso il Sudamerica fu possibile grazie alla fitta rete di rapporti multinazionali, che videro complici l’Austria, la Svizzera, Milano, Genova e Roma. L’Argentina accolse molti dei criminali: il regime di Juan Domingo Peron elargì grandi aiuti, inviando agenti in Europa per facilitare i trasferimenti e fornendo documenti utili all’espatrio. Vitale fu però il contributo da parte della Chiesa, dei servizi segreti alleati e della Croce Rossa. Grazie alle ratline molti funzionari e gerarchi nazisti scamparono alle persecuzioni; alcuni di loro senza essere mai presi. Tra i fuggitivi, compaiono: Adolf Eichmann (organizzatore della soluzione finale degli ebrei), Josef Mengele (l’angelo della morte – medico autore degli esperimenti ad Auschwitz), Erich Priebke (responsabile delle fosse ardeatine a Roma), Klaus Barbie (il boia di Lione).
Svastica e croce: la complicità clericale nelle ratline
Il 10 agosto del 1944, 77 rappresentanti della Germania nazista si riunirono segretamente a Strasburgo. Al centro della discussione: l’imminente disfatta del Terzo Reich. Con l’obiettivo di non perdere i capitali acquisiti durante il regime e fuggire dalle future persecuzioni, istituirono O.D.E.SS.A, acronimo di Organisation der ehemaligen SS-Angehörigen (in italiano Organizzazione degli ex-membri delle SS). Furono complici del progetto anche esponenti di spicco della Chiesa cattolica. Il contributo clericale ebbe inizio già nel 1944, quando Papa Pio XI chiese agli alleati il permesso di mandare un vescovo a far visita ai rifugiati nei campi di prigionia, per recuperare gli ex-nazisti nascosti ed aiutarli a fuggire. Il vescovo designato era Alois Hudal.
Il contributo di Alois Hudal, il vescovo che contribuì alle ratline
Alois Hudal fu sacerdote, vescovo e consultore presso il Sant’Uffizio. Contribuì attivamente alle ratline, mettendo in salvo diversi gerarchi nazisti. Fervido sostenitore del nazismo, nel 1937 pubblicò “I fondamenti del nazionalsocialismo”, un elogio all’ideologia nazista. E’ però nelle sue memorie, Diari Romani, che Alois Hudal parla esplicitamente del suo contributo alle ratline. Il suo lavoro non sarebbe stato certamente possibile senza gli appoggi del Vaticano, che da sempre nega la sua complicità. Ma, fu soprattutto grazie ai legami con l’Austria, la Germania e con le autorità americane di stanza in Europa, che Alois Hudal mise in salvo noti criminali nazisti. Tra questi, il capitano delle SS Eduard Roschmann, il medico di Auschwitz Josef Mengele e Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei.
Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti
Famoso cacciatore di nazisti ed ebreo sopravvissuto all’Olocausto, Simon Wiesenthal ebbe un ruolo fondamentale nel rendere pubbliche le ratline. Ad esse dedicò gran parte della sua vita, raccogliendo informazioni sui nazisti in latitanza e contribuendo a molti dei loro arresti. Fra questi, la cattura di Adolf Eichmann e Franz Stangl. Nel 1977, Wiesenthal fondò il Simon Weisenthal Center, organizzazione ebraica globale per i diritti umani. Situato a Los Angeles, il centro ospita il più grande museo dell’Olocausto negli Stati Uniti e ha visto la produzione di due documentari: The Long Way Home (1997) e Genocide (1981). Entrambi si sono aggiudicati l’Academy Award come miglior documentario.
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In copertina: Nazisti ©Bundesarchiv, Bild 183-S07227 da Wikimedia, CC-BY-SA 3.0