Germania, gli hotel hanno diritto a offrire prezzi più bassi di quelli segnalati su Booking.com

La Corte federale di Giustizia ha deciso: gli hotel tedeschi non sono più vincolati dalla “clausola del miglior prezzo” imposta dalle piattaforme di prenotazione come Booking.com

In Germania il portale di prenotazione Booking.com non potrà più impedire alle strutture alberghiere di pubblicizzare in rete prezzi inferiori a quelli segnalati sui propri siti web. Ad annunciarlo in un comunicato stampa, l’Ufficio Antitrust della Corte Federale di Giustizia di Karlsruhe. Con la sua decisione la Corte Suprema ha confermato la precedente sentenza dell’autorità tedesca anticartello, secondo cui le cosiddette “Clausole ristrette del miglior prezzo” risulterebbero incompatibili con le disposizioni di libera concorrenza. Tali condizioni contrattuali erano tuttavia rimaste in vigore solo per un breve periodo. Dopo un primo divieto di una postilla dalla formulazione simile, ma più ampia, a partire dal febbraio 2016 anche la “Clausola ristretta” fu dichiarata inutilizzabile. Booking.com fece ricorso, ma in attesa del verdetto del tribunale si trovò nel frattempo già costretto ad eliminare il vincolo dai propri termini e condizioni. A seguito dell’attuale decisione della Corte Federale, una futura reintroduzione di clausole di miglior prezzo non sarà più possibile in Germania. Non solo per la società olandese, ma anche per i siti della concorrenza.

Una disputa lunga anni: dopo il divieto della “clausola ampia” dichiarata illegittima anche la “ristretta”

Con la decisione della Corte Federale si chiude una controversia durata anni. Originariamente portali come Booking.com e HRS avevano vietato completamente ai loro hotel partner di offrire altrove camere a prezzi più convenienti o con condizioni di prenotazione migliori. A seguito di un procedimento antitrust, avviato su denuncia del ramo tedesco dell’Associazione Internazionale Albergatori (IHA) nel 2013, queste cosiddette “ampie clausole del miglior prezzo” vennero dichiarate illegittime due anni dopo. Booking.com decise quindi di optare per una “clausola ristretta”. Al contrario del precedente, il vincolo ristretto concedeva agli hotel la possibilità di pubblicizzare prezzi inferiori su portali concorrenti o nelle vendite offline, come ad esempio al telefono o alla reception. L’offerta sul proprio sito web rimaneva invece interdetta. Anche questa limitazione non fu ben vista dall’Associazione Albergatori e dall’Ufficio Federale anticartello. Seguì un nuovo divieto. Il portale si oppose e fece appello al Tribunale Regionale Superiore di Düsseldorf che nel 2019 agì in favore dell’azienda. Revocando l’ordinanza precedente, il tribunale del Nordreno-Vestfalia era dell’opinione che tali condizioni contrattuali, nonostante risultassero indubbiamente un ostacolo per lo sviluppo di sani rapporti di concorrenza, fossero clausole accessorie necessarie per il sistema di intermediazione offerto dalle piattaforme. Con il verdetto attuale, tale sentenza è stata ribaltata ufficialmente. I giudici di Karlsruhe sono infatti convinti che, mentre il settore alberghiero ne soffrirebbe notevolmente la reintroduzione, Booking.com & Co potrebbero tranquillamente farne a meno. Nonostante il divieto di imposizione della clausola degli ultimi anni, l’azienda con sede ad Amsterdam avrebbe infatti significativamente ribadito la sua posizione di leader del mercato tedesco.

Una conquista in nome del principio di libera concorrenza

Per l’associazione albergatori e l’ufficio antitrust la decisione del tribunale federale rappresenta un trionfo atteso da anni. “La Corte di Giustizia sta finalmente offrendo una certezza giuridica per il settore alberghiero tedesco, consentendo una concorrenza più equa nell’offerta di servizi nel mercato online”, ha affermato il presidente dell’IHA Otto Lindner. Entrambe le “clausole del miglior prezzo” avrebbero infatti non solo limitato la libera concorrenza tra gli hotel, così come tra le varie piattaforme di prenotazione. A causa di un probabile aumento dei prezzi, i consumatori avrebbero potuto a loro volta subirne le conseguenze. Anche Andreas Mundt, presidente dell’Ufficio Federale Antitrust, ha accolto a braccia aperte la sentenza di Karlsruhe. “Ha aperto la strada per una visione differenziata di tali clausole, in base al settore e alla posizione ricoperta nel mercato”, ha spiegato Mundt. Al di fuori del settore turistico, Amazon, per esempio, aveva da tempo abbandonato simili condizioni contrattuali con i suoi fornitori. In molti altri paesi europei, le “clausole del miglior prezzo” sono invece vietate dalla legge già da anni.

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Immagine di copertina: Hotel a Berlino @Carolina Munemasa/Unsplash