Come la pubblicità (razzista) della Land Rover in Italia porta alla ribalta un problema affrontato in Germania 15 anni fa
Una brutta pubblicità della Land Rover in Italia fa ripensare a come si comportò 15 anni fa la Germania quando capì il significato di “razzismo latente”
In questi giorni molte vie italiane sono invase da un poster pubblicitario della Land Rover dove, in penombra, un elegante auto della casa inglese pone una domanda più che mai idiota all’osservatore: “Sono nera. È un problema?”. Lo slogan tendere a sottolineare che, se uno è bello e luccicante (e prodotto esclusivo), allora si recupera anche il fatto che si sia neri. Il problema però, è soprattutto un altro: abbiamo bisogno della Land Rover per dare risposte a domande idiote? È così che si promuove la diversità come affermato dai realizzatori della campagna realizzata dallo studio creativo fondato da Vicky Gitto e Roberto Battaglia assieme alla direzione Comunicazione di Jaguar Land Rover Italia? Possibile che non ci si renda conto di come messaggi di questo genere facciano sorridere solo ed unicamente chi è predisposto a pensare in termini razziali. E non sono pochi. Come emerso da un recente studio dell’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, sebbene nel 2019 ci sia stata una diminuzione rispetto al 2018, 3 reati discriminatori su 4 in Italia hanno a che fare con la razza. Focalizzandoci solo sui crimini d’odio, il numero totale è di ben 726 nel 2019.
Cosa successe in Germania nel 2005
Anche in Germania c’era un problema di razzismo latente nelle pubblicità. Accadeva 15 anni fa però. La pubblicità della Land Rover tocca gli stessi tasti del poster usato nel 2004 per pubblicizzare l’esecuzione del Parsifal di Richard Wagner presso la Festspielhaus di Baden-Baden. L’opera vedeva impegnata la Deutsches Symphonie Orcheste di Berlino diretta dall’acclamato americano, ma di origini nipponiche, Kent Nagano. Il cartellone mostrava un famoso ritratto di Wagner modificato affinché con le mani si tirasse la pelle e apparisse con gli occhi a mandorla. Il poster “Kent Nagano conduce Wagner” non attirò inizialmente le critiche di nessuno. Qualcosa si mosse solo quando, mesi dopo, la pubblicità fu premiata come uno dei più bei cartelloni dell’anno appena passato in tutta la Germania. E allora sì che, come sottolineò la DW, diversi gruppi di attivisti, nonché altri pubblicitari, fecero emergere il latente razzismo dell’immagine.
Le reazioni (all’epoca) della società civile tedesca
Come dichiarò Noah So, presentatore e cantante radiofonico tedesco fondatore dell’associazione “Der braune Mob“, che monitora il razzismo nei media e nella pubblicità: “La maggior parte dei tedeschi pensava che fosse perfettamente normale prendere in giro alcune minoranze razziali”. Il problema era ancora più serio quando si parla della minoranza asiatica. “C’è quasi questo accordo non detto sul fatto che gli asiatici siano lo zimbello della pubblicità tedesca. Sono di solito raffigurati come persone piccole e ridacchianti che non riescono a pronunciare la lettera “r” e scattano costantemente fotografie, mentre i neri vengono mostrati come vittime bisognose di donazioni o come Dj alla moda”. Qualcosa si mosse. E, seppure non tutto ora sia perfetto, di pubblicità del genere non se ne trovano più. Possiamo sperare lo stesso per l’Italia?
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