«Ricordo il fermento di Berlino nel 1991, ma non potrei vivere e fare il mio jazz lontano dal mare»
Paolo Angeli, jazzista sardo, ha mosso i suoi primi passi come musicista a Berlino
«Berlino mi ha sempre affascinato perché qui si ha la sensazione di poter vivere in tante dimensioni diverse, unite tra loro ad anello. Questo garantisce una qualità di vita non comune. Non potrei viverci a causa del clima e perché non riesco più a immaginare la mia vita lontano dal mare, ma credo sia una città unica, capace di rinnovarsi sempre e di catalizzare al suo interno mondi musicali diversi». Paolo Angeli, jazzista sardo che ha avuto modo di esibirsi sui palchi di tutto il mondo, è nato a Palau nel 1970 e si è trasferito a Bologna nel 1989. Ha iniziato a suonare la chitarra a nove anni e durante l’università ha preso parte al Laboratorio Musica & Immagine: un gruppo di 14 musicisti che, scardinando le barriere tra i generi musicali e praticando composizione e improvvisazione collettiva, ottenne l’attenzione dei principali festival europei di musica innovativa. È rimasto a Bologna per 16 anni e per brevi periodi ha vissuto a Bruxelles e Montreal. Si è poi trasferito a Parigi, ma dopo un solo mese ha lasciato la capitale francese per trasferirsi a Barcellona, dove oggi sembra aver trovato la sua dimensione di creativo mediterraneo. La sua carriera come musicista ha però avuto inizio a Berlino, «crocevia di musicisti che arrivano da tutta Europa.» Paolo ha scelto di muovere i suoi primi passi nella capitale tedesca «per via della sua musicalità underground decisamente ‘nordica’, che riflette anche lo stile di vita della città». Dopo aver ottenuto un riconoscimento musicale internazionale nel 2018 con l’esibizione alla Carnegie Hall di New York, nel 2019 ha pubblicato il suo decimo album in Solo: 22.22 Free Radiohead. Per il 3° Sardinian Jazz Festival Berlin, organizzato dal Sardisches Kulturzentrum Berlin, Paolo è rientrato in Germania e si è esibito domenica scorsa a Villa Neukölln. «Stiamo godendo di un ottimo momento per la musica jazz. Credo si possa parlare di una scena creativa europea molto attiva e questo anche perché siamo in un momento storico in cui viaggiare costa meno che stare fermi. I giovani musicisti italiani si incontrano a Berlino con altri artisti che arrivano da tutto il mondo per sperimentare nuovi linguaggi. Il jazz europeo oggi lo ritroviamo nei piccoli club underground, come quelli di Berlino».
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Gli esordi a Berlino negli anni ’90, durante il fermento che seguiva la caduta del muro
«Sono arrivato a Berlino per la prima volta nel 1991. Ricordo l’eccitante frenesia del cambiamento che seguiva l’abbattimento del muro, Berlino in quel momento era la capitale europea del mondo alternativo e la meta di tutti gli artisti. Si viaggiava per lo più in treno per assaporare le innovazioni dei movimenti post punk o per stare a contatto con i centri culturali in cui si praticava la musica improvvisata. Tra il 1991 e il 1996 ho suonato regolarmente a Berlino. Le prime trasferte le ho fatte con il Laboratorio di Musica e Immagine, con il quale sonorizzavamo dal vivo film muti. Ci esibivamo in contesti come il cinema Babylon e il Thachles. Sono molto legato alla città, anche perché nel 1997, durante i miei esordi come solista, ho suonato qui in un concerto in solo al Podewill, nel prestigioso festival “Die lange Nacht der Gitarre”».
Come è cambiata la città negli anni
«Dai miei primi anni a Berlino ho visto la città cambiare parecchio. È stata divorata dalla gentrificazione. Purtroppo è un fenomeno che sta snaturando la geografia delle capitali europee. Interi quartieri raggiungono prezzi di affitto altissimi, aspetto che costringe i vecchi abitanti a lasciare le proprie case e a lasciare spazio a strutture Airbnb. In questi contesti viene meno la vita bohemien e tutto ciò che favorisce la nascita dei movimenti artistici. Berlino resiste a questa tendenza, o almeno questa è la sensazione di chi, come me, la confronta con altre città come Barcellona, in cui vivo dal 2005. Berlino continua a essere una capitale a misura d’uomo, caratterizzata da decine di gallerie d’arte e di piccoli club in cui si può produrre musica alternativa e negozi di vinili dove è possibile trovare musica elettronica, industrial e krautrock».
Il rapporto con la Sardegna, dove nasce la produzione artistica
«La Sardegna è il cuore pulsante della mia produzione artistica, rappresenta le mie radici. Si intreccia e si compenetra con tutti gli impulsi che ricevo durante i miei viaggi. Suono da quando ero bambino, professionalmente dal 1990 e in solo dal 1996. Questo implica continui spostamenti che, negli ultimi anni, hanno preso rotte intercontinentali. Da tutti i miei viaggi mi porto dietro qualcosa: l’esperienza a contatto con le avanguardie storiche del ‘900, vissuta a Bologna e nelle capitali europee, è stata determinante per la mia crescita, così come è stato stimolante assorbire gli input del sud America, del Giappone e dell’Africa. La mia musica trae ispirazione da tutti questi luoghi. È una musica meticcia, in continua evoluzione. Sono estremamente curioso e penso che un musicista sia come un archeologo, sempre alla ricerca della scoperta che condizionerà gli anni futuri».
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Immagine di copertina: © Paolo Angeli