«Da Bari a Berlino, come da lavapiatti sono diventato architetto»
«A Berlino sono stato accolto molto bene e mi sono sentito subito parte della città»
«Penso di restare a Berlino per sempre, mi sento un perfetto cittadino europeo e un berlinese d’adozione». Sergio Manera, classe 1980, architetto e fotografo per passione, è originario di Bari non ha dubbi: la capitale tedesca è il luogo in cui si sente più a casa. «A Berlino sono stato accolto molto bene e mi sono sentito subito parte della città. Ovviamente rivendico con orgoglio le mie origini italiane, ma mi sento tedesco e presto chiederò la cittadinanza tedesca». Sergio si è trasferito nella capitale tedesca nel 2011, ma sognava Berlino già da tempo, più precisamente dalla fine degli anni Novanta: «Mio fratello si era trasferito qui nel 1998 e da lì sono iniziate le mie visite a questa città così viva. La mia avventura in Germania inizia otto anni fa con un biglietto di sola andata. Ero deciso a rimanere, convinto che sarei riuscito a superare qualsiasi difficoltà si fosse messa tra me e il mio sogno. Per 13 anni l’ho sognata e amata, ma mai da semplice turista».
[adrotate banner=”34″]
Il percorso di studi e la voglia di trasferirsi per terminare l’università a Berlino
Prima di trasferirsi, però, Sergio è intenzionato a terminare gli studi a Bari: «Inizialmente volevo provare a iniziare l’università in Germania, ma avrei perso tutti gli esami già sostenuti e studiare in un’altra lingua mi avrebbe fatto perdere ulteriormente tempo. Quindi ho deciso di terminare il mio percorso di studi al Politecnico di Bari per ottenere una formazione tecnica e solida, ma anche per avere la certezza di assumere una sensibilità architettonica italiana per il recupero e il restauro, per la bio edilizia e i sistemi passivi, temi a me molto cari». Durante il periodo universitario, Sergio decide anche di avvicinarsi al mondo del lavoro: «Mentre studiavo ho deciso di collaborate con qualche studio, una scelta personale dato che l’università non mi ha mai indirizzato. Sono riuscito a trovare queste collaborazioni con molta fatica e costanza». Dopo la laurea e varie esperienze lavorative, quindi, Sergio inizia a non avere più dubbi:«Non avevo alcuno stimolo a restare, mentre Berlino mi chiamava sempre di più».
Il trasferimento a Berlino
Poi, finalmente, Berlino. «I primi anni per me non sono stati semplici. Ho dovuto imparare da zero la lingua (nei 13 anni a Bari in cui sognavo Berlino avevo il vocabolarietto di tedesco sempre sul comodino e cercavo di imparare il più possibile. Sapevo già tanti vocaboli, ma non ero assolutamente in grado di capire un dialogo in tedesco e tantomeno di parlare la lingua). Per mantenermi ho fatto il lavapiatti, il cameriere, il venditore di Wurst, ho consegnato pacchi, alimenti nelle scuole, banconista per Pizza al Taglio, ho lavorato in call center. Insomma, di tutto. Piano piano ho iniziato con le prime collaborazioni con italiani, alcune ristrutturazioni di interni e appartamenti, un ristorante, delle facciate da rivestire. Poco dopo ho iniziato a lavorare in inglese e dopo ancora in tedesco. Ho fatto un praticantato in tedesco e pian piano la mia conoscenza della lingua è migliorata e mi sono sentito pronto per un lavoro full-time nel mio settore». È così che per Sergio ha finalmente inizio ciò che sognava da anni: lavorare da architetto a Berlino. «Ho cominciato come capo cantiere junior presso una ditta tedesca: questa è stata la chiave di volta della mia esperienza berlinese. Credo che se ci si dimostra sempre pronti ad imparare, seri e umili ogni tedesco sia pronto ad aprire le porte: non ho mai incontrato ostilità, se non agli inizi per la lingua, ma mai con cattiveria».
[adrotate banner=”34″]
«Berlino influenza moltissimo il mio lavoro e le cose sono molto diverse rispetto all’Italia»
Iniziare a lavorare nella capitale tedesca significa per Sergio realizzare ciò per cui ha lavorato così tanto negli anni: «Berlino influenza sempre il mio lavoro. Il mondo dell’architettura a Berlino non è semplice: ogni giorno escono tanti nuovi annunci per posti di lavoro pagati e full time ed è una città ambitissima da architetti di tutto il mondo. Basti pensare che alcuni studi hanno dovuto bloccare la mail dopo pochi giorni dall’apertura di annunci di lavoro per le centinaia di cv inviati. Lo stesso accade con l’università di Berlino che è richiestissima e ha i posti limitati». Ma quali sono le differenze tra la Germania e l’Italia quando si parla di architettura? «In Germania nessuno mi ha chiesto la partita iva, nessuno mi ha fatto problemi sulla mia età, nessuno ha mai chiesto il mio voto di laurea e tantomeno se fossi iscritto all’albo degli architetti in Italia (sistema a mio avviso inutile e mangia-soldi). Qui il lavoro è subito ben pagato, con contratto e tutto in regola, vacanze riconosciute e non ho mai fatto extra (che, eventualmente, sarebbero stati pagati)».
«Non sono mancati momenti di difficoltà, ma non mi sono mai arreso»
Da quando è atterrato a Berlino per restare, per Sergio non è sempre stato tutto rosa e fiori: «A volte ho lasciato alcuni lavori, un paio di volte sono stato licenziato per mio disinteresse nel progetto». Ma sicuramente le soddisfazioni sono state più numerose degli insuccessi: «Ho lavorato nel cantiere del Bötzow-Berlin dell’archistar Chipperfield, un vero onore per me. Questa esperienza mi ha lasciato moltissimo ed essere affiancato da bravi capi cantiere mi ha fatto crescere molto a livello professionale. Ho anche lavorato per sei mesi per un’azienda di Monaco che aveva acquistato degli ex campi militari con bunker sotterranei nella zona di Bernau». Adesso Sergio lavora per un’azienda di Sistemi di aerazione, sanitari e riscaldamento: «Vengo coccolato come non mai: svolgo una doppia funzione di architetto per lo show room e direttore dei lavori. Mi sento benissimo, la mia creatività non solo è alle stelle, ma anche accolta, incitata, apprezzata e mi è lasciato ampio spazio di scelta, tanta fiducia da parte del capo e colleghi. L’ambiente è accogliente, allegro, cordiale ma sempre professionale e stimolante».
[adrotate banner=”34″]
L’amore per Berlino, oltre la passione per l’architettura
Ma Berlino è molto più che solo architettura: «Vivere in questa città significa finire di lavorare e potersi godere una capitale europea sempre frizzante, dinamica, moderna, aperta e accogliente, verdissima, dove tutto funziona e dove sento davvero ogni porta aprirsi». Quando gli chiediamo se tornerebbe in Italia, Sergio non ha dubbi:« A volte penso, sarebbe bello progettare per il mio paese, ma a che condizioni? In quale città, con quali disguidi? Con quali garanzie in caso di disoccupazione, con quale offerta lavorativa e spazio alla creatività? A breve completerò le fasi di progettazione necessarie da mostrare alla camera degli architetti tedeschi per ottenere l’accesso, firma e timbro e poter cominciare a firmare anche progetti interi, non escludo in futuro nulla. Ma no, grazie, non torno. Ho sognato Berlino a lungo e questa città sta esaudendo i miei sogni. È anche per riconoscenza che ci resto. Mi piace tutto di Berlino, soprattutto il suo verde, la quiete nonostante sia una metropoli, i visi rilassati delle persone, i laghi e l’offerta, la mentalità aperta e lo spirito di accoglienza e di internazionalità che si respira in ogni angolo. Ci si sente parte del mondo qui, ogni giorno si è tra culture diverse, ogni giorno uno stimolo nuovo, tutto si evolve qui. Berlino mi permette di sognare a 360 gradi e di svuotare i cassetti dei sogni. Proprio tutti».
Leggi anche: Mies, la graphic novel che racconta la vita di van der Rohe, l’architetto della Neue Nationalgalerie
[adrotate banner=”39″]
RIMANI AGGIORNATO SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK
[adrotate banner=”34″]
immagine in evidenza: Architetto, © whitesession, CC0 da Pixabay