Alla Berlinale Ozon ha raccontato la pedofilia di un prete francese con un film potentissimo
Alla 69esima Berlinale il regista François Ozon ha presentato “Grâce à Dieu”. Il film è ispirato a un fatto di cronaca che è tutt’oggi nell’occhio del ciclone.
Durante il secondo giorno della Berlinale è stata presenta la pellicola del regista francese François Ozon intitolata Grâce à Dieu (in italiano “Per grazia di Dio”). Il film si ispira ad un evento di cronaca avvenuto in Francia tra gli anni ’80 e gli anni ’90. La vicenda coinvolge il prete settantenne Bernard Preynant che, nel 2016, dopo 25 anni di silenzi, è stato accusato di molestie sessuali da circa 70 ex parrocchiani. Il cast è formato da Melvil Poupaud, Denis Ménochet e Swann Arlaud.
La trama
Alexandre (Melvil Poupaud) è un pacato impiegato di banca e fervente cattolico. Vive a Lione con sua moglie, un’insegnate dolce e comprensiva e i suoi cinque figli. La sua quotidianità viene però destabilizzata quando il suo passato viene inaspettatamente a bussare alla sua porta. L’uomo, infatti, scopre per puro caso che il prete Bernard Preynant, che ha abusato di lui all’età di nove anni, continua a esercitare con i bambini. Fortemente indignato e preoccupato del fatto che ciò potrebbe riaccadere ad altri giovani parrocchiani, Alexandre decide di denunciare l’accaduto, prima alle autorità ecclesiastiche e successivamente alla polizia. Ciò che ne scaturisce è un vero e proprio passaggio del testimone che coinvolgerà anche le vite dell’ateo e caparbio François (Denis Ménochet) e del timido e problematico Emmanuel (Swann Arlaud).
Pedofilia e omertà. Quando la chiesa cattolica protegge i propri carnefici
“Mi piacciono i bambini, è una malattia. Tutti lo sapevano”. Sono queste le parole del prete Preynant, che non ha mai negato sia nel film (interpretato da Bernard Verley) che nella realtà di “avere un problema”. La domanda però sorge spontanea: perché ha continuato ad esercitare il suo ruolo?. Ed è proprio questo il motivo del perché la vicenda è tutt’ora nell’occhio del ciclone: il caso è ancora aperto e vede coinvolte figure autorevoli quali quella dell’arcivescovo Philippe Barbarin, accusato di insabbiamento, la cui causa avverrà proprio a marzo del seguente anno.
Ozon, dopo aver incentrato per anni i suoi film sui sentimenti femminili e su storie LGBT decide con Grâce à Dieu di analizzare la sfera emotiva maschile raccontando proprio questa vicenda. L’intento riesce. Il film fa letteralmente male, sia al cuore che al fisico e ciò perché è inevitabile l’immedesimazione con i personaggi. Quando le vittime, infatti, descrivono in maniera dettagliata gli abusi è come se noi stessi fossimo oggetti della violenza. La bravura del regista sta proprio nell’essere riuscito a scavare nelle ferite e nei traumi dei protagonisti in maniera quasi chirurgica. Ci mostra come il dolore si manifesta: chi si rifugge nella propria famiglia, chi fa finta che ciò non sia mai successo e chi, addirittura, al solo parlarne ha crisi epilettiche. Il regista francese non ci mostra mai, tra l’altro, l’abuso sessuale, ma ci prende quasi per mano e tramite l’espediente dei flashback ci fa rivivere ciò che è successo, ma sempre con una certa distanza. Alla fine del film è inevitabile chiederci ciò che si chiese Papa Francesco diverso tempo fa: “Come può un prete causare tanto male?”.
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