La vergine giurata – acclamato dalla critica l’unico film italiano in gara alla Berlinale
Esistono delle realtà nel mondo che non possiamo nemmeno immaginare. Donne che pur di ottenere un minimo di emancipazione fanno un giuramento solenne, tagliano via i capelli e ogni contatto con la loro femminilità, assumendo le sembianze di quegli uomini dai quali vorrebbero scappare.
Questo fenomeno esiste ancora ai giorni nostri tra le montagne dell’Albania: vengono chiamate le vergini giurate e sono state d’ispirazione al film d’esordio, dal titolo omonimo della giovane regista Laura Bispuri.
Tratto dal romanzo della scrittrice albanese Elvira Dones, il film racconta la storia di Mark, interpretato da un’androgina Alba Rohrwacher e del suo riappropriarsi dell’identità femminile cui aveva rinunciato.
Rimasta orfana in età adolescenziale, Hana viene salvata da un uomo che le farà da padre. Sin da subito mostrerà degli atteggiamenti mascolini e ribelli, che in realtà sono solo tentativi di affermazione dei suoi diritti di essere umano e pur di ottenere quella libertà sottratta a tutte le donne della montagna, decide di diventare una vergine giurata.
Dopo la morte dei genitori, giunge a Milano da Lila (Flonja Kodheli), quella sorella adottiva che aveva scelto come riconquista della sua libertà la via della fuga vera e propria scappando insieme all’uomo che amava. Lila vive con suo marito e sua figlia adolescente che inizialmente non prenderà bene l’arrivo dello “zio Mark”, non riuscendo a collocare quella strana creatura venuta dal passato di sua madre in un genere: maschio, femmina, lesbica?
Hana – Mark, accompagnerà spesso sua nipote in piscina che pratica nuoto sincronizzato. «Il nuoto sincronizzato è inserito all’interno di un discorso più ampio dove le ragazzine nuotano con molto sforzo, mostrando volti truccati e sorrisi ostentati, esibendo una femminilità forzata che rappresenta ancora un limite della nostra società » aggiunge la regista.
L’acqua come elemento sempre presente nel film oltre a rafforzare il concetto di femminile, serve a mostrare i corpi così diversi tra di loro che nell’acqua si muovono, galleggiano e soprattutto si mostrano attraverso i costumi da bagno.
In piscina avverrà anche il suo incontro con Bernhard (Lars Eidinger) in una sessualità cruda e forte ma non banale, così come doveva avvenire: con curiosità e fame di impadronirsi di quei sensi a lungo sopiti.
Il film è tutto basato sulla lenta riappropriazione del suo corpo «come un corpo che man mano si scongela» aggiunge la regista, «raggiungendo il suo compimento in una delle ultime scene quando Hana laverà e asciugherà da sola i suoi capelli».
Il lungometraggio, accolto benissimo dalla stampa internazionale, offre delle istantanee molto aderenti alla realtà di quei luoghi e della bellezza di una natura ancora incontaminata. Laura Bispuri ci tiene a precisare «sono molto innamorata di quei luoghi, in tre anni di preparazione al film ho passato lì molto tempo e ci tengo a precisare che il mio intento non era quello di mostrare l’Albania come qualcosa di negativo».
Presentato come unico film italiano in concorso alla 65° edizione del festival di Berlino, rappresenta una storia preziosa di realtà nascoste portate alla luce in un mondo dove la donna e la femminilità fanno ancora fatica ad affermarsi e non sono poi così dissimili negli atteggiamenti.