Le 5 cose che odio di Berlino
di Salvatore Bonanno
Avviso ai lettori. Questo articolo contiene una serie di concetti non particolarmente lusinghieri sulla città di Berlino. Dunque, se fate parte di quella categoria di persone che amano alla follia la capitale teutonica, se preferireste farvi tatuare la scritta “io sono un idiota” sulla fronte piuttosto che abbandonare la germanica metropoli e vi arrabattate fra un lavoro a 2 euro e 50 l’ora e sistemazioni di fortuna nei box doccia abbandonati delle WG dei vostri amici, allora è importante sappiate che questo articolo non fa per voi. Inoltre, è bene comprendiate che il contenuto di questo articolo potrebbe essere considerato da alcuni dei lettori come provocatorio, irrispettoso ed intollerante e che l’opinione del suo autore, vale a dire il sottoscritto, non rispecchia, se non in minima parte, quella della redazione di Berlino Cacio e Pepe.
Chiarito questo, ecco a voi le 5 cose che più odio di Berlino
– Io odio gli hipster –
Probabilmente parto in svantaggio rispetto al resto del mondo: vivo a Neukölln. E insomma odiare gli hipster e stare a Neukölln è come avere il terrore dei leoni e partire per un viaggio in solitaria verso la savana. Quello che non capirò mai è come sia cominciata questa storia. Voglio dire, com’è possibile che a un certo punto, da qualche parte nel mondo, si sia imposta una moda che obbliga milioni di deficienti sparsi ad ogni angolo del globo a farsi crescere delle barbe da pioniere americano del primo Ottocento? La verità è che fra baffi, montature ottiche necessariamente enormi e fintamente demodè, acconciature vergognose e abbigliamento che riesco a definire soltanto come “asimmetrico”, a me gli hipster sembrano un branco di ritardati.
– Io odio i ciclisti –
Vado in bici anch’io, tutto il tempo. Eppure il ciclista berlinese (non so se sia una caratteristica nazionale o tipica della capitale) davvero non lo si sopporta. Equipaggiato come se stesse per andare in spedizione contro il mondo sulla sua due ruote, sprovvisto dalla nascita di sorriso (a quanto pare applicano delle ganasce alle mandibole pochi secondi dopo il parto), il ciclista berlinese sfreccia sul suo velocipede alla massima velocità possibile anche se sta percorrendo i 15 metri che separano la sua dimora dal panificio in cui andrà a fare colazione. Ha sempre ragione, il ciclista berlinese, anche quando impenna suonando il campanello alle due di notte su un marciapiede ad esclusivo uso dei pedoni. Soprattutto, il ciclista berlinese è parte di una spregevole lobby che attende con lussuria l’errore dell’automobilista, per poi ricoprirlo di insulti ed improperi, nonostante il malcapitato dall’interno del veicolo continui a sbracciarsi implorando il perdono: non sa, l’automobilista, che il ciclista berlinese non ha misericordia.
– Io odio il currywurst –
Sei un turista, vieni a Berlino per la prima volta e devi provarlo per forza: ci sta, lo abbiamo fatto tutti in fondo e non ci si può esimere. La seconda volta, in casi particolari (fame chimica, ripetuto atto spaccamaroni del compagno di viaggio che continua a dire “ma questo è il più buono di tutta la città, dobbiamo provarlo per forza”, perdita della memoria), è ancora in parte giustificabile. La terza, invece, assolutamente non si perdona. Solo la vista mi fa star male, l’odore speziato del vitello e poi, la cosa più orribile, assistere all’atto mangiante, con la salsa che cola da ogni parte e la perdita di qualunque dignità umana da parte di chi lo sta ingurgitando. Ma come siamo arrivati a questo punto, ti chiedi? Ma non eravamo degli essere intelligenti una volta? Se ciò che mangiamo ci rappresenta, se la cultura culinaria di un luogo mostra in qualche misura l’immagine di chi in quel luogo ci vive, allora direi proprio che il currywurst non fa davvero un bel servizio alla città di Berlino.
– Io odio i negozi biologici –
Devo utilizzare almeno tre parole oscene arrivato a questa categoria. Perché mi hanno davvero rotto il CENSURATO questi Bio Company del CENSURATO e tutti i loro clienti della mia CENSURATO i cui vestiti fanno lo stesso odore di erba tagliata del negozio e ti domandi se dietro ci sia uno studio psicologico mirato, perché appena superato il varco d’ingresso vieni circondato da uno stordente profumo di campagna al cloroformio e cominci a vagare fra gli scaffali ricolmi di quinoa da 7 euro per 250 grammi, miracolose tisane più care di un Brunello e improbabili salse spalmabili alla rucola che compri per mangiare ma poi finisci per incorniciarle e farle ammirare agli amici di passaggio nel salotto. Certo il biologico e tutta la contraddizione insita nel suo consumo meriterebbe un approfondimento tecnico e filosofico ben più alto di quello che posso invece dedicargli io (per me si tratta di mangiare migliore per chi ha più denaro ed è inutile che stiate qui a raccontarmi quanto siete in pace con il mondo, la verità è che ve lo potete permettere, il biologico, e io invece no), e mi scuso per non essere all’altezza di un’analisi più consona. Tutto ciò che posso offrire al mondo è la mia disponibilità per coordinare la formazione di un eventuale movimento rivoluzionario contro il commercio dei prodotti biologici.
– Io odio Alexanderplatz –
C’è poco fare, dal mio punto di vista l’unica azione che potrebbe migliorare Alexanderplatz sarebbe una bella scarica di napalm. Ripartire da zero. Brutta, sporca, pericolosa, senza stile e senza anima, puzza di piscio e patatine del McDonald, crocevia indefinito fra quello che non è mai stata e mai sarà e tutto ciò che le sarebbe piaciuto essere, Alexanderplatz, è il posto più orribile di tutta Berlino, quello in cui andare quando ti senti triste e allora l’unica cosa che ti resta è puntare verso la repellenza del mondo per pensare “poteva andarmi peggio”.
Mi fermo qui. Potrei probabilmente spingermi almeno sino alla settima o all’ottava, ma preferisco contenermi. Un’ultima cosa mi resta da dire. Io amo Berlino (lo avevo scritto pure qui…) ed è per questo, in fondo, che la odio.