«Io, insegnante di italiano a Berlino, in classe incontro il resto del mondo e ne sono felice»
Oggi alla mia lezione di italiano, livello intermedio, presso la scuola di lingue di Berlino in cui insegno, è arrivato un ragazzo per una lezione di prova. Non ha mai studiato regolarmente l’italiano, ma quando gli chiedo di provare a presentarsi, “come si chiama, cosa fa, di dove è”, parla in maniera spontanea e intuitiva.
Nasif viene dalla Siria e a Berlino fa l’informatico. Ha un sorriso dolcissimo e due occhi grandi, di un azzurro mediterraneo. È l’unico, tra quelli che han fatto la prova, che alla fine della lezione si ferma a chiedermi se secondo me può restare nel corso. Anzi, mi chiede se posso fargli avere del materiale extra, così può recuperare quello che ha “perso”. Gli dico che ovviamente è il benvenuto a restare e che non avrà problemi a seguire le lezioni!
Perché vuole studiare l’italiano? Perché gli piace l’Italia e la lingua. Lo fa nel tempo libero, per hobby. O forse perché in qualche modo, prima di arrivare a Berlino, per l’Italia ci è passato. Chissà…
Parla inglese, tedesco, arabo e “un po’ d’italiano”, dice.
Nasif rappresenta la categoria di persone per le quali, altrove, qualcuno direbbe “dobbiamo aiutarli a casa loro”. Di quelli che “ospitali a casa tua, i rifugiati. Eppure ai miei occhi è molto più intraprendente, educato, integrato e intellettualmente interessante di moltissime persone che sento difendere quotidianamente sterili valori di appartenenza nazionale e conservazione dei valori occidentali (quali…?).
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Io l’ho guardato negli occhi e ho visto la sua tranquillità, la sua discrezione. La sobrietà, la modestia, la serenità. Il suo benessere. “Lavoro 7 ore al giorno”, “Nasif, hai molto stress al lavoro?”, “No, per niente!”. “Nasif, com’è il tuo lavoro?”, “Bello, moderno, interessante”.
Mi sono chiesta come sia possibile che in un mondo che definiamo “civilizzato”, associandolo a quello “occidentale”, ci sia ancora chi – senza alcun titolo – si avvalga della facoltà di giudicare il maggiore o minore diritto di altre persone ad accedere a una società di pace. Mi chiedo come sia possibile continuare ad associare a un pericolo il flusso di persone di altre culture, dimenticando la ricchezza e la bellezza del loro apporto nella nostra.
Nasif è siriano, vive in Germania e a Berlino studia anche l’italiano. Quando lo incontrerò alla prossima lezione gli chiederò di più. Non importa da dove viene, né che lingua parli, né quale sia la sua religione. Importa che oggi ci siamo divertiti, abbiamo imparato un sacco di aggettivi e i pronomi possessivi, e importa che lui abbia la motivazione di continuare a seguire il corso d’italiano, perché l’importante non è da dove veniamo, ma chi siamo e come stiamo insieme agli altri.