Germania, sussidi agli stranieri UE solo dopo 5 anni: stretta del governo sui “turisti del welfare”
La Germania vuole da tempo una stretta radicale sui sussidi di disoccupazione e sugli assegni di sostegno agli stranieri cittadini UE, sospettati di approfittarsi del generoso welfare tedesco. Così, come riportato da diversi quotidiani, il governo sarebbe vicino a un accordo sulla proposta già avanzata lo scorso aprile dalla Ministra del Lavoro Andrea Nahles (SPD) e che prevede un inasprimento delle condizioni per ricevere il sussidio: se il disegno di legge dovesse passare, i contributi di Stato spetteranno solo agli stranieri UE arrivati da almeno 5 anni e che hanno già lavorato. Attualmente l’unico limite è essere in Germania da almeno sei mesi, come confermato da una discussa sentenza del Bundessozialgericht (la Corte Federale per il Welfare) dello scorso anno.
Basta “turisti del welfare”. La Germania «non può permettersi di dare sussidi a tutti», aveva affermato negli scorsi mesi la Nahles, incassando l’appoggio della cancelliera Angela Merkel e dei comuni, che sono le amministrazioni responsabili per l’erogazione dei sussidi e ritengono la sentenza del Bundessozialgericht un fardello insostenibile. La proposta, che secondo indiscrezioni dei media potrebbe essere formalizzata e discussa al Bundestag già nei prossimi giorni, vuole estirpare il fenomeno dei cosiddetti turisti del welfare, cittadini UE che si trasferirebbero in Germania con la precisa intenzione di sfruttare i sussidi e senza nemmeno provare a inserirsi nel mercato del lavoro tedesco. È questa un’accusa molto comune tra i conservatori tedeschi che, per bocca del Ministro degli Interni Thomas De Maizière (CDU) avrebbero voluto provvedimenti ancora più severi. Il disegno di legge di matrice socialdemocratica interesserà invece secondo la Nahles solo un ristretto numero di persone.
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Le statistiche. Quel che è certo per ora è che, stando agli ultimi numeri disponibili, sono attualmente 440.000 i cittadini europei in Germania a percepire i sussidi di Stato. I primi sono i polacchi, seguiti a ruota da noi italiani (71.000 persone), e poi da bulgari, rumeni e greci. In molti casi non si tratta di contributi di disoccupazione, ma di aiuti a soggetti con reddito insufficiente, ad esempio i cosiddetti Minijobber, che percepiscono soltanto 450 euro al mese.