Corona, la splendida poesia di Paul Celan sul desiderio
La poesia di Paul Celan è un autentico gesto di amore
In una lettera all’amico Hans Brender, Paul Celan scrive: «Solo mani vere scrivono poesie vere. Io non vedo alcuna differenza di principio tra una poesia e una stretta di mano». Paul Celan era infatti un animo autentico, sensibile, e un poeta profondamente criptico e malinconico. Ebreo di madrelingua tedesca, nato a Czernowitz (attuale Ucraina), perse l´intera famiglia nei campi di concentramento. Non si riprese mai più dal tragico destino del suo popolo, e la sua inquietudine, già connaturata in lui, divenne dilaniante, insopportabile a tal punto da spingerlo al suicidio nel 1970.
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Una poesia di speranza sul sentimento amoroso
Ciò che pochi sanno è che fosse un simpatizzante anarchico, appassionato lettore di Gustav Landauer e Kroptikin. Ma Celan cantò anche dell’amore e delle sue gioie, come in Corona, una poesia intrisa di speranza, un inno al desiderio che esorcizza ogni male.
Corona di Paul Celan
Dalla mano l’autunno mi bruca la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare:
il tempo ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca parla vero.
Il mio occhio scende al sesso dell’amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.
Noi stiamo alla finestra abbracciati, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
È tempo che la pietra si degni di fiorire,
che all’affanno cresca un cuore che batte.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
(Traduzione di Stefanie Golisch)
Corona (da Mohn und Gedächtnis, 1952)
Aus der Hand frißt der Herbst mir sein Blatt: wir sind Freunde.
Wir schälen die Zeit aus den Nüssen und lehren sie gehn:
die Zeit kehrt zurück in die Schale.
Im Spiegel ist Sonntag,
im Traum wird geschlafen,
der Mund redet wahr.
Mein Aug steigt hinab zum Geschlecht der Geliebten:
wir sehen uns an,
wir sagen uns Dunkles,
wir lieben einander wie Mohn und Gedächtnis,
wir schlafen wie Wein in den Muscheln,
wie das Meer im Blutstrahl des Mondes.
Wir stehen umschlungen im Fenster, sie sehen uns zu von der Straße:
es ist Zeit, daß man weiß!
Es ist Zeit, daß der Stein sich zu blühen bequemt,
daß der Unrast ein Herz schlägt.
Es ist Zeit, daß es Zeit wird.
Es ist Zeit.
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Foto: Gustav Klimt, Danae (1907-08)