In Italia c’è il gelato da passeggio, a Berlino da passeggio c’è la birra
In Italia c’è il gelato da passeggio. Qui a Berlino da passeggio c’è la birra.
Che sia lunedì o sabato sera, qualcuno che cammina con una bionda in mano, sia essa di una marca internazionale o locale, la si trova sempre. La birra qui è come l’acqua, anzi, spesso costa pure meno. Un euro o poco o più sono sufficienti per portarsene via una da uno Spätkauf. La stappi, un “cheers”, “salute” o “zum Wohl” e via. Poi ti ritrovi con la bottiglia vuota e non hai il problema di dove buttarla.
I Pfandflaschen hanno un valore economico
Basta lasciarla a terra, sul ciglio della strada o su un muretto e dopo pochi minuti, se non addirittura secondi, qualcuno passa a prenderla e se la porta via. Chi vive qui infatti sa che i resi (Pfandflaschen) hanno un valore e che in molti supermercati ci sono delle macchine apposite in cui vanno inserite le bottiglie. In base alla tipologia di vetro e della quantità di vuoti inseriti, queste rilasciano poi un buono da spendere nel negozio o da convertire in denaro direttamente alla cassa. Il nostro contenitore di birra appena svuotato e poggiato in un angolo della città diventa quindi “denaro” virtuale per i senzatetto. In giro per la capitale tedesca se ne trovano numerosi e non è raro che alcuni di loro ti si avvicinino quando ancora hai ancora un paio di sorsi da bere per prenotarsi il reso. Del resto, nel suo piccolo, pure questo è un business e che, al pari degli altri, prevede ci sia concorrenza. Quindi meglio essere previdenti ed aggraziarsi la clientela.
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A Berlino gli homeless girano con borsoni pieni di bottiglie vuote
Solitamente siamo abituati ad etichettare gli homeless come coloro che rovistano nella spazzatura e vanno in giro con un carrello pieno degli oggetti più disparati gettati da qualcuno nell’immondizia e da loro recuperati. A Berlino invece girano con dei borsoni pieni di bottiglie vuote. Questo “servizio” dona loro quella dignità che in altre parti del mondo forse troppo spesso viene ad essi negata. La società vede dell’utilità sociale nell’attività di questa categoria e, come generalmente viene da fare a noi italiani trapiantati per brevi o lunghi periodi, il paragone con la nostra madrepatria viene spontaneo. Ci chiediamo perché non sia possibile copiare questo sistema e riproporlo nella penisola. Come per tante altre domande del genere però, forse è meglio non cercare risposta. Forse è meglio provare piuttosto ad osservare i “collezionisti di vuoti” aggirarsi per le vie del centro, o nei luoghi più “proficui” dove racimolare un bel bottino, e chiedersi chi sono, qual è il loro passato, come trascorrono le loro giornate quando non sono all’opera. Probabilmente qui, più che altrove, il nostro lato snob e altezzoso viene messo a tacere e siamo più propensi ad ascoltare i sentimenti, la componente umana del nostro essere. A Berlino, in mezzo a tanta diversità, alle disparate difficoltà che incontriamo lungo il cammino, ci ridimensioniamo. I nostri occhi cominciano a vedere tutto in un’altra prospettiva, la luce cambia, le nostre certezze vacillano. Ci accorgiamo di essere mortali e di passaggio. Cominciamo a comprendere davvero il significato della parola empatia e l’ ”altro” non ci appare più come un qualcuno da giudicare, ma da capire e da cui, magari, imparare qualcosa.
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