Another Me – Cosa succede se la parte più buia di noi assume vita propria?
Fay, interpretata da Sophie Turner, meglio conosciuta sul piccolo schermo come Sansa Stark (Game of Thrones n.d.r), è un’adolescente inquieta e tormentata dalla recente malattia di suo padre, costretto su una sedia a rotelle. La malattia paterna segna in maniera dolorosa il passaggio dall’infanzia all’adolescenza spezzando per sempre il clima sereno del suo ambiente familiare.
Ambientato in Galles, l’intero film è imperniato su un’atmosfera gotica e grigia restituita con gli scorci bui dei palazzi e il ponte dell’autostrada che la protagonista deve percorrere ogni volta per tornare a casa. La storia ruota intorno al topos del Doppelgänger, ossia il doppio, con tutti i suoi temi ricorrenti come gli specchi e le ombre.
A scuola la ragazza è taciturna e ombrosa. Ha la passione per il teatro e la fotografia, attraverso la quale osserva i frammenti di se stessa: occhi, braccia, ferite. Fay immortala tutto e poi appende le foto al muro della sua stanza per cercare forse di ottenere un quadro d’insieme.
In classe suscita le invidie di Monica, per aver ottenuto il ruolo di Lady Machbeth nella recita scolastica e le attenzioni del bell’insegnante, che poi scoprirà avere una relazione segreta con sua madre. Monica le somiglia così tanto al punto da farle credere possa essere lei, il fantasma che comincia a vedere non più solo nei sogni, ma anche nella vita quotidiana. Chi è la ragazza che la sua anziana vicina di casa dice di vedere per le scale, mentre lei è ancora a casa? E soprattutto chi è la ragazza che a scuola dicono di aver visto al suo posto mentre lei era assente?
Tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice Catherine MacPhail, Another Me non è riuscito a dare quella spinta necessaria a far entrare nella storia. Per quanto ben fatto e recitato, il film delude perché banalizza troppo dei temi già visti e rivisti che rendono mediocre e un po’ lenta la trama e il finale fin troppo prevedibile.