di Corrado Lampe*
Dopo quasi trent’anni il “Café Aroma” di Berlino cambia gestione. Dov’è la notizia? È normale che di tanto in tanto un locale pubblico cambi gestione; se non del tutto, come nei casi di gestioni familiari in cui si tramanda l’aziendola di generazione in generazione, è normale che il timone prima o poi passi di mano, sempre che la barca sia solida e tenga bene il mare. Ma la storia del
Café Aroma nella Hochkirchstraße è particolare, troppo particolare per non essere raccontata, e per raccontarla bene, bisogna prenderla alla larga. Prima di tutto la strada.
Situata nella municipalità di Schöneberg, la Hochkirchstraße nasce praticamente il 2 febbraio 1912, nel momento in cui un viottolo che fino ad allora scendeva lungo il muro di cinta di uno dei tanti cimiteri berlinesi, viene trasformato in regolare strada ottenendo anche il nome. Questa origine spiega il tracciato del tutto particolare: non è infatti una strada dritta, tirata col righello, ma ha un percorso insolito ed inconfondibile.
Di li a poco sarebbero sorti ai suoi lati palazzetti di appartamenti per “kleine Leute”, gente semplice, lavoratori, piccoli artigiani, proletari insomma. Per chi prende in qualche modo per buono lo zodiaco, possiamo dunque dire che la strada è del segno dell’acquario, il segno degli ideali umanitari e della fratellanza. Curiosamente queste caratteristiche hanno molto a che fare non solo con questo angolino di Berlino, ma anche con il nostro ristorante. La strada infatti si trova nella cosiddetta “Rote Insel”, l’isola rossa. Il mito vuole che nel 1878, ai tempi in cui per il “Sozialistengesetz” il partito Socialdemocratico era fuorilegge, il Kaiser Guglielmo I rientrò a Berlino dopo vari mesi di convalescenza in seguito a due attentati. Tutta la città lo accolse con grandi manifestazioni patriottiche e Berlino sembrava affondare in un mare di bandiere nero-bianco-rosse, i colori del vecchio Reich. Solo nella odierna Leberstraße un tale Bäcker mise fuori ad una finestra di casa sua una bella bandiera rossa, un “affronto” per il quale fu addirittura esiliato. Certo Bäcker non era il solo a pensarla così nella zona in cui abitava e dato che il gruppo di case era delimitato da tre tratti ferroviari intersecantisi, fu immediatamente soprannominata appunto “isola rossa”. Curiosamente, sembra fatto apposta, questo bravo sovversivo era un distributore di birra e sbarcava il lunario portando a bettole, osterie e trattorie fusti di birra e tutto quanto poteva servire loro.
L’Osteria di Bepi
Tornando alla Hochkirchstraße, nel periodo della prima guerra mondiale già ci troviamo quasi tutti gli edifici oggi esistenti ed accanto al numero civico 8 avremmo trovato un negozietto che vendeva giornali e tabacchi con annessa mescita di birra e vendita di alimentari da consumare al volo, una specie di osteria senza cucina o fast food ante litteram. Era roba che i modesti abitanti della zona potevano permettersi, formando una clientela stabile che usava la bottega anche come luogo di incontro sociale. Questa rivendita di giornali, tabacchi ed altro è esistita sino almeno agli anni ’60 e se ne vedono ancora le tracce architettoniche nella sala dell’Aroma che si trova alle spalle del bar, quella da cui si accede alla cucina.
In un periodo imprecisato le attività di rivendita si separarono e nacque una “Kneipe” autonoma dalla bottega di stampa e sigarette. Per quello che si riesce a sapere, nacque una normale osteria berlinese, con tanta birra e pochi piatti della tradizione locale. Esisteva ancora alla fine degli anni ’50, quando avviene un nuovo cambiamento.
Il programma di ricostruzione edilizia di Berlino ovest aveva attirato tra le rovine di quella che fu la capitale del Reich operai, manovali e muratori anche dall’Italia, ed in un gruppo di lavoratori veneti, impiegati nella ricostruzione edilizia di Schöneberg ce n’era uno, il quale prima di partire per la Germania aveva promesso ad un suo amico che in Germania avrebbe aperto un’osteria chiamata Osteria da Bepi, esattamente come la sua osteria preferita in patria. Detto, fatto, trovò l’occasione di rilevare la “Kneipe” della Hochkirchstraße, che divenne subito il ritrovo dei lavoratori italiani a Berlino, non solo veneti. Quanto durò non si sa, le fonti orali sono scarse ed imprecise, ma si può supporre che durò sino agli anni ’60 inoltrati, cioè anche dopo la costruzione del muro. Ad un certo punto l’osteria da Bepi tornò ad essere una Kneipe tedesca, anche perché gran parte degli italiani, finito il grosso dei lavori di ricostruzione, andarono a cercare migliori fortune in Germania occidentale oppure rientrarono in Italia, investendo in qualche modo il gruzzoletto guadagnato. I ristoranti italiani non erano ancora di gran moda ed a Berlino si potevano contare sulle dita di una mano.
Ristoranti italiani di allora
A differenza della Germania occidentale, i ristoranti italiani a Berlino stentano a svilupparsi. I clienti italiani erano troppo pochi ed i berlinesi erano abbastanza diffidenti. Difficile era anche l’approvvigionamento dei prodotti e delle materie prime. La pizza si faceva con olii strettamente non di oliva, conserve di pomodoro acide e formaggi a caso, tipo groviera o emmentaler. Non parliamo poi dei vini… A Berlino avevano più successo i ristoratori jugoslavi e greci, sia perché allora, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, erano molti di più degli italiani, sia perché avevano meno difficoltà a trovare i prodotti alimentari. Comunque i ristoranti italiani non mancavano, uno di loro era la nostra “osteria da Bepi”, di cui è difficile ricostruire la storia, così come quella di molti altri che non hanno lasciato molte tracce a causa della loro breve esistenza.
Qualche informazione sulla ristorazione italiana a Berlino ci viene da un volantino pubblicitario del 1984, nel quale troviamo i seguenti ristoranti italiani (scomparsi, salvo indicazione contraria):
- Ristorante Pizzeria “La Concordia”, Lietzenburger Straße 98
- “Da Franca”, Spanische Allee 72
- “Pizzeria Guerrina”, Breite Straße 13
- Ristorante Pizzeria “Michelangelo”, Joachimstaler Str. 14 (oggi ne esiste uno omonimo sul Bretienbachplatz)
- Ristorante “Galilei”, Spanische Allee 1-3
- “Stella Alpina”, Suarezstraße 3 (tuttora esistente)
- “Ciao Ciao”, Kurfürstendamm 156 (tuttora esistente)
- Ristorante Pizzeria “Casa Leone”, Hasenheide 69
- Ristorante Pizzeria “Italia”, Kantstraße 67 / angolo Kaiser-Friedrich Straße
- Ristorante “La Rita I” e “La Rita II”, Friedrichstraße 38 e Hasenheide 20
- Pizzeria “Garibaldi”, Fuldastraße 59
In quegli anni iniziavano anche ad affermarsi i primi importatori e grossisti:
- Luigi Import (vini), Reinickendorfer Str. 47
- Sapuppo & Cascone, importazione di generi alimentari e alcolici, Grammestr. 13
È ovvio che queste liste non sono complete, e la storia dei ristoranti italiani a Berlino è ancora tutta da scrivere.
Il Café Aroma
Nella prima metà degli anni ’80 la Kneipe della Hochkirchstraße cambiò nuovamente mano e si trasformò in ristorante italiano, nel periodo, come abbiamo visto, in cui la cucina mediterranea comincia a conquistare il mondo, e dunque anche i tedeschi del dopoguerra. Artefice di questo nuovo cambiamento fu un sardo, e per diversi anni tirò avanti bene o male, sino a quando non sentì venuta l’ora di ritirarsi.
Lavorava allora presso il suo ristorante Elisa Benzo, alla quale propose di rilevare l’attività. Anche se era venuta pochi anni prima a Berlino con tutt’altre ambizioni, le piacque l’idea accettandola. Non sentendosela però da sola, propose un giorno, seduta al bancone del bar del ristorante di entrare in società con lei a Gino Puddu, un giovane fotografo, anche lui venuto con altri obbiettivi. La società si fece e sin dall’inizio si basò su forti principi di solidarietà. Erano quelli i tempi. Elisa, che in effetti aveva studiato da assistente sociale, così come Gino, aveva lasciato alle proprie spalle l’Italia perché non si sentiva più a proprio agio nel paese del craxismo rampante e non vedeva prospettive per il futuro; in questo Elisa e Gino non erano soli, e molti altri fuggiaschi dal craxismo rifugiatisi a Berlino presto o tardi passeranno per l’Aroma, così come in seguito ne diverranno clienti gli esuli causati da Berlusconi. Del resto se non è zuppa è pan bagnato. Anche nella scelta del personale i criteri basano su principi di solidarietà, non politici, anche se l’indirizzo politico dei due è ben chiaro. Delle tante persone che hanno avuto rapporti di lavoro con l’Aroma, molti non vi hanno trovato solamente un’occasione di guadagno, ma anche aiuto e solidarietà nei momenti difficili della vita. Chi lavorava all’Aroma stava praticamente in famiglia, una famiglia effervescente, diciamo all’italiana, ma una famiglia sulla quale si poteva contare sempre. Una famiglia tra l’altro dalle basi molto larghe, che non negava l’aiuto nemmeno a parenti lontani, o anche semplici amici.
Un centro culturale. Oltre a questa rara, forse unica impostazione solidaristica, c’era poi il tratto culturale. Il Café Aroma non nasce solamente come ristorante e pizzeria, ma anche come centro culturale. Innanzitutto, per l’impegno di Gino, a scadenze periodiche diventa una Galleria fotografica. Dopo il vernissage le opere fotografiche restano esposte nelle sale del ristorante fino alla mostra seguente, così che i quadri alle pareti cambiano spesso con un effetto molto interessante. Nel ristorante per un certo periodo operò anche l’associazione “Tubo Curvo”, animata da Pietro Genovese, la quale organizzò cineforum e rassegne cinematografiche di buon livello. Pietro va citato anche per un altro motivo: gli affreschi nella toilette degli uomini sono i suoi e furono realizzati nell’ambito di un corso di fumetto da lui diretto.
La gastronomia. E adesso la parte gastronomica, la più importante, naturalmente, ma in poche parole. Ad occuparsene era Elisa -Gino curava con molta attenzione i vini- la quale essendo di Pesaro, veniva da una zona ricchissima da un punto di vista gastronomico. Ha avuto la forza e la costanza di mettere in piedi ogni mese un menu speciale, accanto alla carta normale, tenendo conto delle specialità stagionali, delle ricorrenze tradizionali, ma anche presentando specialità regionali, anche attraverso iniziative ed eventi particolari. Non è certo un caso che nell’Aroma sia stata fondata la condotta Slow Food di Berlino.
Storia del Café Aroma. L’avventura dell’Aroma iniziò nel 1987 e l’Aroma ha tirato dritto per tutti questi anni con una formula originale, che ogni altro imprenditore gastronomico avrebbe visto come fondamentalmente perdente. Molti ristoratori che la pensavano così non sono riusciti a reggere tanto a lungo quanto l’Aroma. Ora nuove forze hanno preso la guida di questo ristorante tanto particolare, un ristorante tra i più noti in tutta Berlino, un fatto straordinario per una città nella quale la clientela dei ristoranti viene quasi esclusivamente dal vicinato. È anche un ristorante dalla notorietà internazionale, se si considera che è tra i più citati ristoranti italiani di Berlino nelle guide del mondo anglosassone. Non si possono che fare ai nuovi gestori tanti auguri, sperando che guideranno questa barca usando le mappe giuste, cioè tenendo conto anche della storia e delle vere e proprie tradizioni di questo locale. In bocca al lupo!