La meraviglia nei versi di R.M. Rilke “Siedo e leggo un poeta”
Da Praga a Parigi, passando per la Russia: viaggio nella vita e nelle opere di Rainer Maria Rilke, autore de “I quaderni di Malte Laurids Brigge” e voce centrale della poesia del Novecento.
Rainer Maria Rilke, poeta praghese di lingua tedesca, ha lasciato un segno profondo nella letteratura europea con la forza lirica della sua scrittura. Un esempio significativo è il brano Siedo e leggo un poeta, tratto dal romanzo I quaderni di Malte Laurids Brigge, considerato il suo capolavoro in prosa. Ambientato nella Bibliothèque Nationale, questo passaggio immortala i lettori assorti, come figure sospese tra le pagine dei libri. Una visione poetica e silenziosa della lettura come rifugio e trasformazione interiore.
I quaderni di Malte Laurids Brigge
I quaderni di Malte Laurids Brigge, pubblicato nel 1910, è una delle opere più celebri e originali di Rilke. Il romanzo ha una struttura libera, quasi diaristica, e uno stile espressionista che riflette lo sradicamento e le inquietudini dell’uomo moderno. Il protagonista è Malte, un giovane aristocratico danese con ambizioni poetiche che soggiorna a Parigi. Attraverso frammenti di pensiero, ricordi, visioni e riflessioni, il testo esplora i temi della morte, dell’identità, dell’alienazione urbana. L’influenza di Nietzsche e della pittura impressionista è evidente. In Italia, il libro venne pubblicato per la prima volta nel 1929.
Rilke si identifica con Malte, trasformando il romanzo in un viaggio poetico interiore, in cui realtà e immaginazione si fondono. Il testo rappresenta un punto di svolta nella letteratura europea: più che una narrazione lineare, è una meditazione esistenziale scritta con una prosa densa e musicale.
Vita e influenze di Rilke
Rilke nasce a Praga il 4 dicembre 1875 in una famiglia borghese cattolica. Dopo un’infanzia segnata dalla separazione dei genitori, viene costretto dal padre a frequentare l’Accademia militare, che abbandonerà per dedicarsi agli studi umanistici. Frequenta l’università a Praga, poi a Monaco e Berlino. Il 1897 è l’anno dell’incontro decisivo con Lou Andreas-Salomé — filosofa, psicoanalista e musa di Nietzsche — che diventerà guida intellettuale e amica intima. Sarà lei a suggerirgli il nome “Rainer”, dal significato di “puro”.
Parigi sarà l’altra grande svolta: Rilke lavora come segretario personale del celebre scultore Auguste Rodin, da cui impara rigore e disciplina. Sposa Clara Westhoff, allieva di Rodin, con cui avrà una figlia. I due si separano poco dopo. Viaggia in Russia, dove incontra Tolstoj e il padre di Boris Pasternak: da questa esperienza nasceranno le Storie del buon Dio (1904), opera di riflessione teologica venata d’umorismo.
Nel 1923, nonostante la malattia, pubblica due delle sue opere più complesse e celebrate: Le elegie duinesi e I sonetti a Orfeo. Poco dopo gli viene diagnosticata una leucemia. Morirà il 29 dicembre 1926 a Valmont, in Svizzera.
L’eredità poetica
Considerato uno dei più grandi poeti di lingua tedesca del Novecento, Rilke ha saputo fondere spiritualità, classicismo e modernità in un linguaggio poetico profondamente personale. La sua influenza ha attraversato confini linguistici e culturali, arrivando fino alla poesia contemporanea.
Un estratto da “I quaderni di Malte Laurids Brigge”
“Siedo e leggo un poeta. Nella sala c’è molta gente, ma non si avverte. Sono nei libri. A volte si muovono tra le pagine, come persone che dormono e si rigirano tra due sogni. È bello stare in mezzo a uomini che leggono. Perché non sono sempre così? Puoi avvicinarti ad uno e sfiorarlo: non sentirà nulla. E se nell’alzarti urti appena un vicino e ti scusi, lui accenna col capo dalla parte in cui sente la tua voce, il suo viso si volge senza vederti, e i suoi capelli sono quelli di un uomo che dorme. Come fa bene questo. Ed io siedo e ho un poeta. Che destino: nella sala sono forse ora trecento lettori; ma è impossibile che ognuno abbia un poeta (Dio sa cosa avranno). Non esistono trecento poeti. Ma guarda quale destino: io, forse il più povero di questi lettori, uno straniero, ho un poeta. Sebbene sia povero. Sebbene l’abito che porto ogni giorno cominci, in qualche punto, a logorarsi; sebbene sulle mie scarpe si possa trovare da ridire.”
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