“Dipende dal nostro umore”, il film sui bouncer di Berlino rivela la door policy nei club
Il documentario che racconta la vita dei più celebri selezionatori di Berlino
Frank Künster, Smiley Baldwin e, ovviamente, Sven Marquardt sono i protagonisti di Berlin Bouncer, documentario diretto da David Dietl. Il regista segue i tre sia durante la loro attività di bouncer, sia nella loro vita privata. Berlin Bouncer racconta il passato di Frank, Smiley e Sven, i motivi e gli avvenimenti che li hanno portati a Berlino e come sono finiti a lavorare alla porta dei più famosi club berlinesi. Il documentario è stato presentato, in anteprima mondiale alla 69esima Berlinale, nella sezione Perspektive Deutsches Kino.
[adrotate banner=”34″]
Ogni notte Kūnster, Marquardt e Baldwin controllano gli ingressi di tre storici club berlinesi, sono loro a decidere chi è ‘degno’ di entrare e chi deve rimanere fuori. Tutti e tre nella stessa città, tutti e tre con un passato molto differente
Frank Künster arrivò a Berlino alla metà degli anni ’80 per studiare arte, finì per diventare uno dei simboli del celebre King Size, locale ora chiuso nel quartiere di Mitte. Smiley Baldwin, invece, era uno dei soldati dell’esercito americano che impedivano l’accesso a Berlino Ovest da parte dei cittadini dell’Est. Ironia della sorte, dopo la riunificazione e dopo aver abbandonato l’esercito, venne messo ancora una volta a controllare gli accessi, questa volta in alcune delle discoteche più note di Berlino. Il punk Sven Marquardt a Berlino già c’era e, anche dopo il crollo del Muro, non si spostò mai dalla zona Est. Iniziò a fare il bouncer in alcune feste organizzate dal fratello, per poi lavorare al Berghain, divenendo quasi più famoso del locale stesso, portando contemporaneamente avanti la sua carriera di fotografo. Il documentario inizia con la fatidica domanda che tutti vorrebbero fare a Künster, Baldwin e Marquardt: “come selezionate le persone all’ingresso? Bisogna adottare un certo tipo di dress code? Oppure ostentare un atteggiamento particolare?” In realtà a questo non rispondono in maniera precisa, lasciando un alone di mistero sui loro veri criteri, cosa che rende affascinante la loro professione e che ha alimentato le dicerie più strampalate. Künster dice che l’unico criterio che adotta è di non fare entrare gruppi di soli uomini, per il resto tutto si basa sul suo umore. La stessa cosa vale anche per Baldwin che si basa sulle sensazioni che ogni cliente gli trasmette, solitamente cominciando una conversazione, cercando sempre di mettere a proprio agio tutti, da qui il soprannome ‘smiley’. Sven, come è tipico del suo stile, purtroppo per voi, glissa totalmente sulla domanda. L’unica questione su cui tutti e tre concordano è il fatto di sentire che la loro selezione è determinante per garantire la qualità del locale.
Berlin Bouncer segue soprattutto i tre nella loro vita privata, svelando particolari che li fanno apparire in una luce diversa ed è l’aspetto più interessante del documentario
Grazie al documentario scopriamo che Künster, arrivato a Berlino per studiare arte, artista lo è ancora. Alcune sue opere sono anche esposte in alcune gallerie di Berlino. Il regista Dietl segue il bouncer del King Size anche a casa sua, dove lo vediamo prepararsi un leggero spuntino con pane e un vasetto intero di Nutella svuotato dentro e poi nei panni di amorevole zio che porta alle giostre i nipotini. Baldwin oltre alla sua attività di bouncer è diventato un imprenditore, fondando la sua società di buttafuori. Il regista lo segue anche alle Isole Vergini americane, dove Baldwin è andato a trovare il padre che non vedeva da anni. La figura più enigmatica rimane Sven Marquardt. Se Künster e Baldwin si fanno riprendere anche durante il loro lavoro, Sven si rifiuta, tanto che il segmento a lui dedicato, potremmo intitolarlo non ‘Sven Marquardt, il bouncer del Berghain’, ma ‘Sven Marquardt, il fotografo’. Il suo ruolo al Berghain è accennato solo in relazione alla sua carriera di fotografo. Stupisce anche il fatto che, a differenza degli altri suoi colleghi, non mostri mai la sua casa, la sua famiglia o i suoi affetti. È lui stesso che afferma che «nel corso degli anni ho conosciuto, e conosco ancora oggi, migliaia di persone. Ma gli amici veri non sono più di una decina che, per me, è già un numero estremamente alto».
[adrotate banner=”39″]
SEGUI TUTTE LE NEWS SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK
[adrotate banner=”34″]