Un film tedesco racconta gli ebrei rimasti in Germania dopo l’Olocausto

Es war einmal in Deutschland… (tradotto C’era una volta in Germania…), nuovo film del regista belga Sam Garbarski, presentato in anteprima mondiale alla 67esima edizione del Festival del cinema di Berlino, sceglie di parlare dell’Olocausto da un punto di vista inedito: quello degli ebrei sopravvissuti alla Shoah e rimasti in Germania dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

La trama

Tratto dai romanzi dell’autore svizzero-tedesco Michel Bergmann, il film di Garbarski narra le vicende di un gruppo di amici ebrei che, sopravvissuti all’Olocausto, tentano di ricostruirsi una vita nella Francoforte del 1946. Unico superstite della famiglia, David Bermann (Moritz Bleibtreu) tenta di riprendere l’attività di cui si occupava insieme a genitori e fratelli prima che scoppiasse la guerra, ovvero il commercio di biancheria. Per farlo David mette insieme una squadra di amici che addestrerà alle strategie della vendita e con cui inizierà ad andare di casa in casa per rifilare i propri prodotti a ingenui acquirenti tedeschi, resi più vulnerabili dal senso di colpa. Parallelamente David deve fare i conti con le indagini cui l’agente statunitense Sara Simon sottopone il suo passato da detenuto in un campo di concentramento: grazie al suo talento nel raccontare barzellette, David aveva infatti ottenuto lo status di “detenuto speciale” e con esso la mansione di intrattenere gli ufficiali SS del lager. Ora è accusato di collaborazione con i nazisti.

La storia degli ebrei sopravvissuti all’Olocausto e rimasti in Germania

Con Es war einmal in Deutschland…, Garbarski sceglie di narrare un capitolo della storia tedesca strettamente legato all’Olocausto, ma molto meno conosciuto e trattato nella letteratura e nel cinema: si tratta del periodo storico immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale, quando gli ebrei sopravvissuti alla Shoah dovettero decidere cosa fare delle propria vita, in particolare decidere se rimanere in Germania o lasciarla per sempre. I più lasciarono il suolo tedesco, chi per gli Stati Uniti, chi per la Palestina. Soltanto 4.000 ebrei (come dice il film stesso sul finale) rimasero. «Di questi nessuno seppe mai spiegare il perché della propria scelta» conclude il film di Garbarski. Per gli ebrei sopravvissuti e rimasti in Germania dopo la fine della guerra, l’argomento nazismo rimase a lungo un tabù e con questo anche le motivazioni legate alla scelta di rimanere nel Paese che una volta era stata la patria e poi si era trasformata nella terra della carneficina. Nel film di Garbarski non mancano riferimenti all’Olocausto in senso stretto: i personaggi devono fare i conti con una memoria traumatica che li assale improvvisamente mentre ascoltano una canzone, vedono un volto noto oppure vengono sottoposti a incalzanti interrogatori. Come espediente per fare fronte al trauma e dunque per sopravvivere, il film propone l’umorismo: il ruolo di intrattenitore delle SS ricoperto da David è emblematico di una strategia di rimozione e “manipolazione” della drammatica realtà attraverso l’ironia. Un altro importante nodo tematico del film è rappresentato dal duplice senso di colpa, sia da parte degli ebrei sopravvissuti alla Shoah nei confronti degli altri ebrei deceduti nei campi, sia da parte dei tedeschi nel relazionarsi agli ebrei nell’immediato dopoguerra, ma anche, per associazione, nel rapportarsi all’Olocausto oggigiorno.

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Foto di copertina: Es war einmal in Deutschland… | Bye Bye Germany Berlinale Special 2017 – DEU/LUX/BEL 2017 – von: Sam Garbarski – Hans Löw, Pál Mácsai, Jeanne Werne, Mark Ivanir, Moritz Bleibtreu, Antje Traue, Tania Garbarski, Tim Seyfi, Anatole Taubman © 2017 – IGC Films – Fabrizio Maltese