Tutto andrà bene, ci rassicura Wim Wenders con il suo nuovo film fuori concorso alla Berlinale

Il titolo del film che rimanda al lieto fine delle fiabe, ci rassicura sin dall’inizio che “tutto andrà bene”.
La trama, capitata quasi per caso tra le mani del regista e speditagli dal giovane sceneggiatore quando Bjørn Olaf Johannessen, è stato subito apprezzata da Wim Wenders, famoso autore del Cielo sopra Berlino e premiato con l’Orso d’oro alla carriera.

In mostra fuori concorso alla 65°edizione della Berlinale, il film narra la storia di Thomas, protagonista assoluto della storia suddivisa in un arco di tempo di 12 anni, al punto da mettere in ombra i personaggi femminili.

Thomas fa lo scrittore ed è sul punto di mettere fine alla sua relazione con Sara (Rachel McAdams) quando una sera, mentre sta tornando a casa proprio per parlare con lei, accade qualcosa. Non capisce bene cosa sia successo causa la neve, i suoi pensieri e il buio. Scende dall’auto e trova davanti all’auto, seduto sulla neve, un bambino col suo slittino, infagottato e ammutolito. Gli chiede il suo nome, poi se lo issa sulle spalle e lo accompagna alla casa più vicina. Mentre si avvicina alla casa, dei particolari ci avvertono già che c’è qualcosa che non va: nel giardino ci sono due pupazzi di neve e alla porta una disegno con tre pupazzetti, che raffigurano lui, la sua mamma e… il suo fratellino. Quando sua madre (Charlotte Gainsbourg) apre la porta, in un attimo lui realizza di averlo investito.

Da qui si dipana la storia in cui Thomas appare tormentato e introverso con l’unico interesse nei confronti del suo lavoro: la scrittura. Diventerà man mano più bravo affermandosi come scrittore di successo, ma nel suo cuore resterà sempre quella ferita inguaribile, rendendolo quasi insensibile e distaccato. “Vuoi che mi innervosisca di più?” chiede alla sua compagna che lo accusa di essere troppo freddo.

Finché un giorno, dopo circa 12 anni, sarà Christopher e il passato che ritorna a contattarlo.
S’incontrano in un bar, Thomas mantiene molto le distanze e Christopher è molto innervosito da questo suo distacco: lui gli ha portato via qualcosa e non si tratta solo di suo fratello, si sente derubato del suo dramma che gli accusa di aver inserito nei suoi libri e nel suo successo. “Tu non eri così bravo come scrittore prima dell’incidente!” gli dice, poi dopo essersi salutati lo segue di nascosto alla macchina, sino a seguirlo poi nella sua bella casa.

Accolto con un po’ di delusione dai fan di Wenders che aspettavano di assistere ad un nuovo capolavoro, il film in realtà è un racconto sincero di ciò ce accade quando ci si porta a lungo dentro dei problemi non risolti, ignorandoli e facendo finta che non esistano. Scopo del film è quello di portare i personaggi a fare pace con se stessi.

Wenders afferma, infatti, che mentre negli altri film si parlava di ferite, qui invece finalmente i suoi personaggi guariscono, si perdonano gli uni con gli altri ma soprattutto perdonano loro stessi.
Molto criticata dal pubblico è stata la scelta del 3D che Wenders definisce sottovalutato all’interno del cinema e che qui serve a rendere tutto più vicino, più intimo, come aggiunge Charlotte: «Il 3D non ti da la possibilità di mentire».