Donne e mafia all’Università Humboldt di Berlino

Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura, ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi.
Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci.
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta. Rita

Rita Atria era una fimmina con la lingua longa. Eppure in pochi la conoscono. In pochi hanno sentito pronunciare il suo nome. Che meriterebbe invece di essere gridato a gran voce.
Della sua storia si racconterà in occasione dell’incontro “Donne e Mafia”, organizzato dalla Professoressa Ombretta Ingrascì, membro del comitato antimafia del comune di Milano, e previsto il 10 dicembre all’Università Humboldt di Berlino.
Rita era cresciuta in una famiglia invischiata nella mafia fino al collo. Il padre e il fratello, potenti boss locali, erano stati uccisi da una cosca rivale durante un agguato. A 17 anni scelse di affidarsi allo Stato e cercare giustizia per le stragi mafiose di Partanna, suo paese natale. Il primo a raccogliere le sue testimonianze fu Paolo Borsellino, allora procuratore a Marsala, che decise poi di tenere sotto protezione a Roma la ragazza e di adottarla come una figlia.
Questo accadeva un anno prima della strage di via d’Amelio, quando Rita si uccise lanciandosi dal settimo piano del suo indirizzo romano, perché “io senza di te sono morta”.

Ci si interroga ora sulle sciagure in cui è stato e continua ad essere coinvolto lo Stato italiano, ma la domanda è per tutti: e le donne? Esiste una mafia tutta al femminile. Eppure quante, tra le sue testimoni di giustizia, portiamo oggi ad esempio nella memoria collettiva? Oppure, ancora, quanto si sa delle cosiddette donne d’onore? Di chi ha scelto la cosca e poi si è pentita? Di chi non l’ha fatto? Dopo tutto, a loro non si pensa mai.

Ci si è convinti nel tempo di una certa incompatibilità tra non violenza femminile e malavita maschile. In molti, ingenuamente, hanno spesso creduto che l’organo mafioso avesse ieri ed abbia ancora oggi una struttura eminentemente monosessuale, come la guerra. Ma quanto è vero, poi, che le donne sanno tutto e spesso condividono tutto, pur lo stesso ruolo di attrici e leader nella cosca criminale, sedendosi al tavolo con gli altri picciotti. “Cummanari è megghiu ca futtiri” – Rita non sarebbe certo stata d’accordo, ma non sono tutte come lei.
Ombretta Ingrascì racconterà la storia di Rita Atria il 10 dicembre, dalle 16:00 alle 18:00, nell’aula 4.45 della Humboldt Universität. Si esplorerà inoltre il fenomeno mafioso nelle relazioni di genere, la componente femminile nella criminalità organizzata, la loro partecipazione ed il loro pentitismo. L’incontro è ad ingresso libero.