Continuano a salire i prezzi degli affitti a Berlino

Nell’estate del 2011 Matthias Merkle, 44enne gestore dell’osteria Freien Neukölln in Weserstraße, pubblicava su Youtube il suo video-manifesto contro la gentrification. Sono passati tre anni da allora e quel video continua ad essere attuale, così come lo sarebbe stato una decina di anni fa, quando si cominciò a parlare seriamente di quanto la gentrification stesse cambiando la capitale tedesca. Come infatti continuano a titolare quotidiani e settimanali, a Berlino gli affitti salgono – stando alla Taz, solo a Neukölln l’aumento è stato del 23% fra il 2008 e il 2012 – e le proteste nella capitale sono solo una delle manifestazioni del problema; un’altra, più sommessa, dolorosa, è il crescente numero di senzatetto che prende la metro per fare l’elemosina, ripetendo di vagone in vagone di non potersi più permettere una casa diversa dalla strada. Sulla falsariga della Londra degli anni Sessanta, in cui ricchi investitori acquistavano beni immobili nelle aree più degradate della città modificando il preesistente equilibrio socio- culturale, ora Berlino subisce lo stesso fenomeno.

Più precisamente, non sembra soffrirne la città – che, come racconta con disprezzo Merkle, vede scomparire bordelli, spacciatori, negozi di ciarpame e sorgere al loro posto gallerie d’arte e bar curati – ma chi ci viveva pagando affitti bassissimi rispetto ad altre metropoli europee. È successo a Prenzlauer Berg, a Kreuzberg, a Wedding e anche a Neukölln, dove sono sempre più le persone che non si vedono rinnovare il contratto d’affitto e devono lasciare la casa per far spazio a inquilini dal portafoglio più pesante. La colpa sarebbe delle orde di “fucking students, artists and creative class” che invadono le vie di un quartiere che qualche anno fa faceva i conti con la delinquenza, le strade insicure la notte, la sporcizia e che ora è al centro di una moda subita e involuta, in cui per un locale senza troppe pretese come il Freien Neukölln c’è spazio solo fino alla fine del 2014, quando dovrà chiudere i battenti. Il suo gestore, arrivato a Berlino nei primi anni Novanta, non si aspettava davvero che in questo quartiere qualcuno avrebbe mai desiderato vivere!

Che sia arrivato a Berlino, però, e non vi sia nato, è un dettaglio da non sottovalutare nella lettura della sua invettiva contro i mostri del cambiamento. Anticipando tempi e correnti, non è stato lo stesso Merkle uno di loro, trasferendosi nella bella capitale riunificata? Il suo sguardo bieco sugli studenti che affollano le strade e le ragazze in tacchi a spillo davanti al suo locale resta lo stesso alla fine di una giornata in cui gli affari sono andati a gonfie vele? Certo, la sua idea di aprire un’osteria modesta in cui la gente potesse trovare gli stessi volti familiari giorno dopo giorno, dopo otto anni sta naufragando. Posti come il Freien Neukölln non reggono la concorrenza con Starbucks e le altre catene in cui “le condizioni degli impiegati sono da galera”, ma tutto pare pulito, etico, biologico. È un peccato che scompaia la genuinità dei bar a conduzione familiare, schiacciata dalle aspettative sempre più alte e omologate di turisti e immigrati internazionali. È altrettanto negativo, però, questo biasimo cieco per cui tutto il male viene da fuori!

Agli italiani già in trasferta a Berlino e quanti ancora vorranno venire, Merkle insegna qualcosa di prezioso. Teniamoci stretta la consapevolezza del nostro singolo ruolo!

Gentifrizierung in Neukölln!
Wir werder überscwhemmt! Hip, Hipper, Neukölln !

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