Un italiano si sta battendo per uno stop ai nomi mafiosi dei ristoranti di Berlino

Berlino, 24 Aprile: viene avanzata una proposta di divieto per l’utilizzo di nomi mafiosi nelle insegne dei ristoranti di Berlino

Nasce, nell’intento di sensibilizzazione e rivendicazione di quelli che sono i veri attributi (negativi) della mafia, l’obiettivo di porre fine all’uso del termine come brand da parte di pizzerie e/o negozi mobili a Berlino. A farsi portavoce di questo progetto è l’SPD AG Migration und Vielfalt Berlin-Mitte, gruppo di lavoro sulla migrazione nell’associazione regionale del partito socialdemocratico di Berlino e nel distretto di Mitte. Obiettivo della mozione da loro presentata è “che l’SPD a livello statale e i rappresentanti dell’SPD alla Camera dei Deputati e al Senato facciano qualcosa di concreto per il divieto di utilizzare il termine “mafia”- come marchio per attività economiche come pizzerie e/o negozi mobili a Berlino“. Questa necessità nasce dal fatto che tale parola viene spesso utilizzata senza alcuna consapevolezza di quello che davvero rappresenta e anzi a solo scopo di lucro, enfatizzandone lo stereotipato “carattere italiano”. Per ora la commissione di valutazione preliminare della proposta non ha dato consensi, ma ciò non risulta vincolante. La questione rimane aperta fino al 7 maggio: in tal giorno il segretario del sopracitato gruppo politico, Federico Quadrelli, presenterà la mozione all’assemblea provinciale.

“Alimentazione” dello stigma

“Dove c’è pizza c’è mafia”, così riportavano i giornali in seguito alla strage di Duisburg avvenuta nel 2007 davanti a un ristorante italiano per mano di criminali affiliati alla ‘Ndrangheta. Tali pregiudizi, per quanto generalizzanti e ingiustificabili, erano conseguenza del terrore provocato dal fatto allora recente, ma tutt’ora essi rimangono presenti nel quotidiano e nella mentalità di chi pensa al significato di “italianità”, fino a renderli suoi sinonimi. In tal modo si è arrivati alla formazione di uno stigma che, in quanto tale, risulta difficile da eliminare poiché alimentato da una totalmente spontanea, quasi inconsapevole, correlazione mafia-Italia. Così, camminando per strada a Berlino e non solo, si possono incontrare ristoranti che portano nomi di famosi capi mafiosi o più semplicemente l’insegna “mafia”, e chi ha voglia di un piatto di pasta o di una pizza sa subito dove andare. Al fine di superare il più possibile questi pregiudizi sono nate associazioni volte ad una più profonda sensibilizzazione sull’argomento e ad un vivo attivismo nell’ambito, come ad esempio Mafia? Nein danke!. Quest’ultima nasce proprio in seguito alla strage di Duisburg e fu fondamentale in un anno in cui la mafia si dimostrò più che mai questione globale, e non più solo italiana.

L’importanza dell’agire concreto

Parlando con Federico Quadrelli, ci è stato spiegato come l’intento della mozione presentata dal suo gruppo sia proprio quello di far comprendere quanto tale organizzazione criminale venga talvolta mascherata da un’aura romantica e folkloristica. Un mezzo affascinante, e quindi più veloce, per attrarre clienti interessati alla “cultura italiana” e al suo cibo: a ciò viene ridotta la criminalità organizzata che riguarda peraltro anche la stessa Germania e che viene così ignorata e alimentata. Affrontare la questione tramite una legge che vieti l’utilizzo improprio della parola “mafia” da parte di ristoranti e negozi mobili significherebbe agire nel concreto contro uno stigma che permea la vita della comunità italiana a Berlino (la più numerosa in città per quantità di cittadini non tedeschi). Si tratterebbe di un primo passo verso la rottura della quotidianità e della naturalezza insita nell’uso sconsiderato del termine; un primo scardinamento di una questione che di parole ne richiede e ne richiederà sempre tante, ma riconoscendone il peso.

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Immagine in evidenza di StreetsofWashington da flickr