Mark Reeder: “La mia amicizia con Nick Cave a Berlino, il disastroso show dei Joy Division e i concerti punk illegali che organizzai nella DDR”

La seconda parte della nostra intervista al produttore discografico e musicista Mark Reeder che, nel 1978, da Manchester si trasferì a Berlino. Questa volta Reeder ci racconta della fondazione della sua band, i Die Unbenkannten, del (disastroso) concerto dei Joy Division a Berlino, della sua amicizia con Nick Cave e di come riuscì a organizzare i concerti illegali a Berlino Est dei Die Toten Hosen, uno dei più famosi gruppi punk tedeschi

Forse il nome di Mark Reeder non è conosciuto ai più, ma è una di quelle personalità che hanno scritto – o contribuito a scrivere – alcune delle pagine più importanti della storia culturale di Berlino, dagli anni ’80 fino ad oggi. Musicista, produttore discografico, amico di alcuni tra i più leggendari musicisti di tutto il mondo, Reeder si è sempre mosso nel sottobosco del panorama musicale di Berlino, a volte anche tratteggiandone i contorni. La mia (lunghissima) chiacchierata con lui credo sia stata una delle esperienze più interessanti nella mia pur breve carriera di giornalista. Ha snocciolato aneddoti su alcuni pilastri della musica contemporanea, come Nick Cave e i Joy Division, che difficilmente avrei potuto scoprire e che faranno la gioia dei fan più accaniti. Ma ha anche raccontato come Berlino, la sua atmosfera, sia stata una città che l’ha completamente rapito e affascinato, tanto che ha deciso di non andarsene più. Con lui ho parlato di quanto quella città ‘divisa in due’ fosse così affascinante, di quanto David Bowie abbia ridefinito la mappa musicale dell’epoca per i giovani che, in quegli anni, a lui guardavano come a un ‘mito’ assoluto, del fascino che suscitava Berlino Est, dell’unico, disastroso, concerto dei Joy Division a Berlino, di quando Nick Cave aveva dormito per settimane sul suo divano a Kreuzberg, di come fosse ‘quasi’ impossibile suonare a Berlino Est (ma lui è riuscito a organizzare alcuni concerti). Ma soprattutto mi ha raccontato come e perché un ragazzetto di Manchester come lui abbia deciso di rimanere a vivere a Berlino per fondare una tra le più interessanti etichette discografiche in tutta Europa: la Mastermind for Success.

A questo link trovate la prima parte dell’intervista Mark Reeder: “Negli anni ’80 Berlino era fatiscente, crivellata di proiettili. Sarei dovuto rimanere solo un po’ per scoprirla ma non me ne sono più andato”

A questo link trovate la terza parte dell’intervista Mark Reeder: “Decisi di fondare la MFS, la mia etichetta discografica, per dare una possibilità ai musicisti di Berlino Est dopo la caduta del Muro”

“Non pensavo di entrare in una band a Berlino, anche se poi fondai i Die Unbekannten. A Manchester avevo già militato in una band con Mick Hucknall, oggi nei Simply Red, ma, dopo aver visto i Joy Division suonare, mi resi conto che non saremmo mai stati in grado di fare musica come loro, così lasciai il gruppo”

Uno dei primi pensieri di Mark Reeder una volta arrivato a Berlino – e una volta deciso di trasferirsi qui – sicuramente non era quello di fondare una propria band, nonostante, all’epoca, quasi tutti facessero parte di un gruppo. Per fortuna decise di farlo (complice una serata alcolica nello storico locale punk SO36) e fondò i Die Unbekannten, sicuramente una delle band più interessanti del panorama musicale berlinese degli anni ’80. “Non pensavo di fondare una band a Berlino. A Manchester avevo già militato in una band new wave con Mick Hucknall (che poi divenne il cantante dei Simply Red ndr) chiamata The Frantic Elevator, ma, dopo aver visto i Joy Division suonare, mi resi conto che non saremmo mai stati in grado di fare musica come loro, così lasciai il gruppo. Così, quando arrivai a Berlino, non avevo il desiderio di formare una nuova band. Ero invece assorbito dalla direzione che la scena musicale di Berlino stava prendendo, assolutamente anticonvenzionale. Avevano rotto tutte le regole del rock’n’roll per come le avevo conosciute. Tuttavia, durante una serata all’SO36, sotto l’influenza di alcol e droghe ho stupidamente accettato di partecipare a un festival di band emergenti che si sarebbe tenuto proprio all’SO36. Si trattava di un festival organizzato per celebrare la Riunificazione della Germania. Per quella manifestazione creai la band. Chiesi a un mio amico, anch’egli un expat inglese a Berlino, Alistair Craig, se fosse interessato a suonare all’evento e, non avendo altro da fare, scrivemmo un po’ di canzoni nel mio piccolo e squallido appartamento di Kreuzberg. Diventammo poi famosi come i Die Unbekannten, dopo che il giornalista Andre Schwerdt scrisse una brillante recensione della caotica performance di quelli che aveva, appunto, definito come ‘due sconosciuti inglesi’. Musicalmente, al di là del punk, ascoltavo anche oscuri dischi di band europee e tedesche – Kraftwerk, Tangerine Dream, Klaus Schulze – specialmente nella metà degli anni ’70, poiché avevano un suono particolarmente sperimentale. Tuttavia, non avevo aspirazioni a formare una band e suonare come loro. Non potevo permettermi neanche un sintetizzatore”.

“Quando ho lasciato la Gran Bretagna, il punk per me era già morto e sepolto. Il nuovo suond che stava emergendo, la new wave, la mia esperienza personale immediata a Berlino e l’atmosfera della città hanno giocato un grandissimo ruolo nella composizione delle canzoni per i Die Unb”

La nascita di un nuovo sound, così come l’attività di molti artisti già affermati all’epoca, Bowie su tutti, risentiva molto spesso dell’influenza di tutta una serie di gruppi musicali tedeschi, esponenti di quel genere che all’epoca era stato chiamato krautrock. Naturale, quindi, chiedere a Mark Reeder se anche lui avesse recepito questi stimoli culturali per comporre le sue canzoni. “Non ero realmente influenzato da altre band, ero più influenzato dallo ‘spirito del tempo’. Ascoltavo un sacco di musica e sono stato ispirato da tutta una serie di cose. Quando ho lasciato la Gran Bretagna, il punk per me era già morto e sepolto. Aveva iniziato a parodiare se stesso e un nuovo sound stava già cominciando ad emergere, sotto le spoglie della new wave, e i Joy Division stavano aprendo la strada. Mi hanno fornito una colonna sonora per quello che credevo sarebbe stato un futuro orwelliano degli anni ’80. Mi è piaciuto molto il loro suono oscuro e distopico, si adattava perfettamente alle immagini di Berlino appena ero arrivato e, come sappiamo ora, la loro musica ha sicuramente superato la prova del tempo.
Inoltre, penso che la mia stessa incompetenza e incapacità musicale siano state le restrizioni che ci hanno aiutato a creare il nostro suono. Avevamo drum machine, nastri e sintetizzatori, così come basso e chitarra. Abbiamo provato a fare canzoni tradizionali e pensavamo di suonare molto british e convenzionali, rispetto a ciò che stava accadendo intorno a noi con i suoni sperimentali più industrial di Einstürzende Neubauten o Mania D. Devo dire che anche la mia esperienza personale a Berlino e l’atmosfera della città hanno giocato un grandissimo ruolo mentre componevamo i brani. Ad esempio, la nostra canzone Radio War parlava della guerra che è stata condotta tramite le onde radio. A Berlino puoi ascoltare la radio delle forze britanniche, la radio delle forze americane AFN, la BBC, la radio delle forze francesi, Radio Mosca, la radio della Germania dell’Est e la radio di Berlino Ovest. Ognuno aveva la sua propaganda”.

“Aiutai a organizzare il primo (e unico) concerto dei Joy Division a Berlino Ovest. Fu un completo disastro”

Il 21 gennaio del 1980 i Joy Division salirono sul palco del Kant Kino, location per concerti a Charlottenburg, per quello che rimane il loro unico concerto a Berlino Ovest. Tra gli appassionati della band guidata dal sempre compianto Ian Curtis – tra cui il sottoscritto – girano parecchie leggende su come fosse andato quel catastrofico concerto. Era quindi ovvio che chiedessi a Mark Reeder, co-organizzatore del concerto, come siano andate veramente le cose.  “Ian Curtis mi disse che i Joy Division avrebbero suonato in alcune città dell’Olanda e della Germania. Così convinsi Conny Konzack, gestore del Kant Kino, ad inserirli per una serata nel suo locale. Ne parlai anche con il manager dei Joy Division, Rom Gretton, che decise di far passare il tour anche per Berlino. Lo spettacolo fu un totale disastro. C’erano solo 58 persone. Anche l’atmosfera che si respirava era particolarmente pesante anche a causa del sospetto che i Joy Division condividessero l’ideologia dell’estrema destra, un equivoco causato dall’immagine del loro primo EP, An Ideal for Living, che aveva un batterista della Gioventù Hitleriana stilizzato sulla copertina. Nonostante questo la loro performance fu elettrizzante anche se il suono era pura spazzatura. Gli eventi precipitarono ancora di più quando Bernard Sumner (chitarrista dei Joy Division e oggi leader dei New Order ndr) gridò a qualcuno del pubblico ‘Parla in fottuto inglese, bastardo tedesco’. Non è andata per niente bene. Ma la band ha adorato quella tensione e l’ha davvero assorbita. Non erano nemmeno infastiditi dalla scarsa partecipazione, dato che quasi tutti i loro primi concerti erano stati così. Adoravano stare a Berlino. Erano affascinati dal fatto che potevi vedere e sentire la storia tutt’intorno a te e che a Berlino Est potevi comprare uno stinco di maiale croccante quasi per niente”.

Mark Reeder (seduto di fianco davanti alla parete) con i Joy Division (in piedi, da sinistra, Bernard Sumner e Ian Curtis) - dall'archivio privato di Mark Reeder

Mark Reeder (seduto di fianco davanti alla parete) con i Joy Division (in piedi, da sinistra, Bernard Sumner e Ian Curtis) – dall’archivio privato di Mark Reeder

“Convinsi Nick Cave a trasferirsi a Berlino. Le prime settimane lo ospitai sul divano del mio appartamento a Kreuzberg”

A Berlino Nick Cave arrivò nel 1982, dopo lo scioglimento della band in cui militava, i Birthday Party, e ci rimase per un po’ di anni. La capitale tedesca è stata un punto di svolta nella carriera di Cave: qui incise i primi album da solista e fondò i Bad Seeds, la band che ancora oggi lo accompagna in studio e dal vivo. Ma è grazie a Mark Reeder se Cave arrivò a Berlino. “Quando Nick arrivò a Berlino, per un periodo lo ospitai anche sul divano del mio appartamento di Kreuzberg. Dopo essere stato in tour con Die Haut e i Birthday Party, ho pensato che Nick potesse essere affascinato dallo stile di vita attraente ed economico che offriva Berlino e, infatti per questo che decise di trasferirsi. E poi si era innamorato di Elisabeth Recker, che gestiva la Monogam Records ed era la fidanzata di Thomas Wydler (batterista di Die Unbekannten e Die Haut), e che viveva a Berlino. Gli ho spiegato che era più facile cercare un appartamento a Berlino se fosse venuto qui e mi offrii di ospitarlo finché non avesse trovato un posto dove stare. Cosa che ha fatto. Due settimane dopo che glielo dissi era di fronte alla mia porta. Nick era in realtà molto tranquillo rispetto all’immagine dell’uomo selvaggio che assumeva sul palco. Aveva anche appena iniziato a scrivere un libro, che anni dopo divenne un film intitolato La Proposta (2005), quindi, quando era a casa, di solito era occupato a fare quello. Intendiamoci, di solito era sempre fuori ‘in cerca di un appartamento’ ma era una grandissima bugia, dato che era fuori a trovare Elisabeth”. Racconto a Reeder che in occasione della Berlinale 2022 ho avuto il piacere di intervistare Andrew Dominik, amico di Cave e regista di un documentario presentato al Festival del cinema berlinese con protagonista proprio il musicista australiano. Dico a Reeder che Dominik mi ha confessato come Cave sia una delle “persone più magnifiche al mondo, ma anche una delle più complicate”. L’unico commento a questa affermazione da parte di Reeder è stato semplicemente “Assolutamente, lo è”.

Mark Reeder con Bernard Sumner (Joy Division e New Order) - dall'archivio privato di Mark Reeder

Mark Reeder con Bernard Sumner (Joy Division e New Order) – dall’archivio privato di Mark Reeder

“Con i Die Unbekannten abbiamo suonato nelle zone controllate dall’Unione Sovietica. Per noi non era niente di speciale ma quanto ci sbagliavamo a pensarlo. Non avevamo idea di quanto fosse difficile e di quanto stress e pressione fossero effettivamente sottoposte a queste persone”

Sotto il regime sovietico che controllava la parte orientale della Germania e in alcuni Paesi satelliti dell’est Europa molte attività culturali erano ritenute illegali. Attraverso il controllo della Stasi, il temutissimo servizio di spionaggio della DDR, la censura era applicata soprattutto nei confronti di gruppi musicali, punk sopra tutti, ritenuti pericolosi per l’ordine sociale. Ma Reeder mi ha raccontato come, nonostante lo stretto controllo operato dalla Stasi, sia riuscito a suonare anche in Europa orientale.  “Mi esibii io stesso con i Die Unbekannten in alcune città dell’Europa orientale. Durante i miei precedenti viaggi a Praga, infatti, avevo stretto amicizia con alcuni dissidenti politici cecoslovacchi. Inizialmente non avevo idea di quanto fossero tutti politicamente attivi, ma tutto ciò sarebbe stato rivelato nel corso dei mesi e degli anni. Avevano un feroce senso dell’umorismo e amavano ridere anche se significava andare in prigione per questo. Avevo incontrato il mio amico David un pomeriggio mentre scattavo una foto di un poster dell’esercito, sotto la pioggia battente. Abbiamo parlato e molto presto l’argomento è passato alla musica. Era un devoto fan della musica, proclamava il suo amore per i Velvet Underground, i Pink Floyd, Frank Zappa ed era molto curioso di questa musica punk di cui aveva sentito parlare e di cosa fosse veramente. Ad un certo punto gli dissi che suonavo in una band chiamata Die Unbekannten e che avevo appena pubblicato il nostro primo singolo. Allora non sapevo molto di come funzionasse la musica negli Stati socialisti, ma per lui doveva essere sembrato come qualcosa di totalmente ultraterreno sentire le mie storie. Dato che tutto nella sfera socialista era controllato e non potevi semplicemente entrare in uno studio e fare il tuo disco. Ci siamo ubriacati molto quella sera e fortunatamente ci siamo scambiati i contatti. Poche settimane dopo, ho ricevuto un invito al ricevimento di nozze di David a Praga. Così, i Die Unbekannten sono stati invitati a suonare in un concerto molto privato, molto segreto, travestito da festa di matrimonio, nella Cecoslovacchia comunista più profonda. Abbiamo semplicemente immaginato che questo genere di cose probabilmente accadesse regolarmente. Non era niente di speciale. Quanto ci sbagliavamo. Non avevamo idea di quanto fosse difficile e di quanto stress e pressione fossero effettivamente sottoposte a queste persone. Quella era la vita nel mondo comunista. Eri costantemente monitorato da informatori segreti presenti anche nella loro cerchia di amici, non potevi mai sapere chi ti stesse spiando o meno”.

“I concerti completamente illegali dei Die Toten Hosen a Berlino Est furono un’esperienza molto emozionante. Avevamo battuto il cupo sistema stalinista! Avevamo portato un po’ di quel ‘senso di libertà occidentale in Oriente”

I Die Toten Hosen sono sicuramente uno dei gruppi punk più famosi della Germania che hanno ottenuto un vasto seguito anche al di fuori dei confini tedeschi, nati nel 1982 nella Germania Ovest. Reeder venne assoldato come loro tecnico del suono fino al 1987 e, grazie a lui, il gruppo guidato da Campino riuscì a esibirsi per ben due volte oltre il Muro.  “Essendo amico dei Die Toten Hosen ho anche contribuito a organizzare, con i miei amici punk della Germania dell’Est, due concerti, completamente illegali, della band oltre il Muro. In quegli anni non era semplicemente difficile suonare nella DDR, era praticamente impossibile, dato che, soprattutto il genere punk, era proibito e sottoposto a una pesante censura. Il primo concerto fu nel sobborgo di Rummelsburg nella Erloeserkirche. Lo show era camuffato da servizio religioso, una cosiddetta ‘messa blues’. Nella Germania dell’Est comunista era praticamente impossibile acquistare strumenti elettronici, e non tutti potevano. Dovevi superare un test attitudinale speciale per ottenere il permesso anche per possedere una cosa come una chitarra elettrica, quindi superare un altro test per vedere se eri musicalmente abile e quindi richiedere un ulteriore permesso per poterlo suonare in pubblico. Come puoi immaginare, non è stato facile trovare tutta l’attrezzatura di cui avevamo bisogno. I miei amici di Berlino Est riuscirono a procurarci alcune chitarre, una batteria e un amplificatore da una punk band chiamata Planlos”.

Die Toten Hosen in concerto alla Hoffnungskirche di Berlino Est nel 1988 - dall'archivio privato di Mark Reeder

Die Toten Hosen in concerto alla Hoffnungskirche di Berlino Est nel 1988 – dall’archivio privato di Mark Reeder

“Io e Alistair riuscimmo a far superare alla band i pesanti controlli che effettuavano nel confine tra Est e Ovest e lo facemmo dividendoci in piccoli gruppi da 3 persone. Abbiamo scaglionato i gruppi, in modo da non essere tutti insieme al confine, e a ogni trio è stato detto di ignorare l’altro. Nessuno doveva destare sospetti.
I Toten Hosen riuscirono a suonare con gli strumenti presi in prestito davanti a un selezionato pubblico di 30 persone. Siamo riusciti a farcela. È stata un’esperienza molto emozionante e un colpo così importante per tutti noi. Avevamo battuto il cupo sistema stalinista! Avevamo portato un po’ di quel ‘westlicher freihitsgefuehl’ (senso di libertà occidentale) in Oriente. Avevamo fatto qualcosa di completamente illegale. Si è poi scoperto che il nostro era stato il primo concerto punk illegale in assoluto a Berlino Est da parte di una band dell’Ovest. Qualche anno dopo, nel 1988, volevamo ripetere l’impresa ancora, questa volta in un cimitero della Hoffnungskirche a Pankow. Questa volta, il concerto era stato annunciato come uno show di beneficenza per gli orfani rumeni. Ancora una volta, avevamo invitato solo una manciata di persone a questo concerto segreto, ma si presentarono invece in centinaia, inclusi membri della Stasi”.

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