Hannah Höch, la dadaista che inventò il fotomontaggio e si batté per i diritti delle donne

Unica donna ad aver fatto parte del Club Dada berlinese, Hannah Höch è una delle artiste più importanti del modernismo tedesco

La distruzione di ogni schema razionale, la messa in crisi dei valori stabiliti e il rifiuto di sottostare alle aspettative del pubblico borghese sono alcuni tra gli aspetti caratteristici del dadaismo, una delle correnti artistiche più sovversive e anarchiche del XX secolo. Di questo movimento ha fatto parte anche Hannah Höch, tra le artiste più importanti del modernismo tedesco e unica donna ad essere riconosciuta come parte del Club Dada di Berlino – uno dei rami più politici del movimento. Höch è stata pioniera della tecnica del fotomontaggio, uno dei procedimenti più utilizzati dai dadaisti. Questo consiste nel realizzare opere d’arte assemblando dei ritagli presi da giornali, riviste o fotografie. Di questa tecnica Höch si serviva per dare vita a opere d’arte incisive con le quali criticava la cultura popolare, i fallimenti della Repubblica di Weimar e i ruoli socialmente imposti alle donne.

hannah hoch

Tra i meriti di Hannah Höch, anche quello di aver contribuito a dare una svolta femminista al movimento dadaista tedesco. Questo era infatti critico dell’autorità e del mondo borghese, ma non aveva tra le sue tematiche principali la messa in dubbio degli stereotipi di genere. Höch si è dovuta scontrare spesso con i suoi colleghi uomini, la maggior parte dei quali “continuò per molto tempo a guardarci come affascinanti e dotati dilettanti, negandoci implicitamente un vero status professionale”.

I primi successi e la critica sociale verso la Repubblica di Weimar

Hannah Hoch è nata a Gotha, nel 1889. All’età di 22 anni si è trasferita a Berlino, dove ha studiato grafica e design, per poi lavorare nel mondo dell’editoria. A Berlino ha avuto una relazione con l’artista austriaco Raoul Hausmann, che l’ha introdotta al Club Dada berlinese, del quale facevano parte anche Hans Richter, George Grosz, Wieland Herzfelde, Johannes Baader, and John Heartfield. Hannah, unica donna del gruppo, era una outsider nella cerchia dei dadaisti Berlinesi e dovette scontrarsi a lungo con le visioni paternaliste dei suoi colleghi uomini. Ha iniziato a produrre i suoi primi fotomontaggi nel 1918 e ha partecipato, nel 1920, alla Prima Fiera Internazionale dada di Berlino, dove ha esposto diverse sue opere, ottenendo il plauso della critica. Nel 1919 ha realizzato la sua opera più celebre: “Cut With the Kitchen Knife Dada Through the Last Weimar Beer-Belly Cultural Epoch of Germany”.

Cut with the Dada Kitchen Knife through the Last Weimar Beer-Belly Cultural Epoch in Germany, 1919. Hannah Hoch (1889-1978). Collage of pasted papers, 56.7 x 35.4 in. Nationalgalerie, Staatliche Museen zu Berlin.

“Cut with the Kitchen Knife” è un fotomontaggio realizzato ritagliando immagini da giornali e riviste dell’epoca. La composizione, apparentemente caotica, è in realtà una critica alla società del tempo. In quest’opera emergono infatti due gruppi di figure: da un parte macchine e dall’altra persone, che si contendono lo spazio della rappresentazione. La tensione che si crea tra i due tipi di immagini sta ad indicare il conflitto tra umanità e macchina, caratteristico della società industriale.

Le rivendicazioni femministe di Hannah Höch

Tra il 1926 e il 1929 Höch ha vissuto in Olanda. Qui ha conosciuto la poetessa Til Brugmann, con la quale ha avuto una relazione d’amore, la cui influenza ha ispirato i lavori di quel periodo: dei fotomontaggi nei quali compaiono immagini di amore omosessuale. Le tematiche femministe, la messa in dubbio dei ruoli di genere, la critica della costruzione sociale della femminilità sono motivi che ricorrono spesso nei lavori di Höch.  Ai tempi, inoltre, in Germania era emerso il concetto di “Neue Frau”, ossia di “nuova donna”. Un’idea di donna indipendente ed emancipata, che indossava abiti androgini e conduceva uno stile di vita non tradizionale.

Quella della “Neue Frau” era quindi un’immagine che doveva simboleggiare la modernità della repubblica di Weimar, dove le donne erano, teoricamente, considerate alla pari degli uomini. Un’aspirazione che falliva sul terreno pratico, come ben evidente dalle immagini di donne rappresentate nelle riviste popolari. Proprio questo aspetto era quanto veniva criticato dai fotomontaggi di Höch. Ne è un esempio l’opera del 1920, “The Beautiful Girl”.

The Beautiful Girl

In quest’opera la donna viene rappresentata, criticamente, come un oggetto o una merce. Al centro della rappresentazione vediamo un copro femminile, il cui volto è sostituito da una lampadina. Questa figura di cyborg, metà donna-metà macchina, è circondata da oggetti che evocano lo sviluppo tecnologico del tempo: pneumatici, leve e loghi Bmw. In quest’opera a essere messa in discussione è la rappresentazione della donna nella cultura popolare. Inoltre, la lampadina al posto della testa richiama l’idea critica che individualità del soggetto sia stata soppiantata dallo sviluppo tecnologico.

La guerra e il dadaismo come “arte degenerata”

All’avvento della Seconda Guerra Mondiale, Höch si trovava in Germania. A differenza di diversi componenti della sua cerchia artistica, si rifiutò lasciare il paese per sfuggire alla dittatura nazista e decise invece di “sprofondare nell’oblio”, isolandosi nella sua casa di Berlin-Heiligensee. Questo incise in modo negativo sulla sua carriera artistica. Il regime nazista aveva infatti vietato ai dadaisti di esporre i propri quadri, in quanto considerava la loro arte “degenerata”. Höch, in particolare, veniva descritta come una “bolscevica culturale” dagli opuscoli della campagna nazista. Nel 1938 ha sposato il pianista Kurt Matthies, con il quale ha avuto una relazione tormentata, durata fino al 1944. Al termine della Seconda Guerra mondiale, ha ripreso il suo impegno nella vita culturale di Berlino, partecipando a lavori educativi e tenendo conferenze su “Donne e arte”. Ha continuato a produrre ed esporre i suoi fotomontaggi a livello internazionale, fino al 1978, anno della sua morte.

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