Berlino, 30enne denuncia molestie su Uber da Warschauer Str. Polizia: “Poche prove”

Berlino, 30enne denuncia autista Uber per molestie, ma l’autore del presunto reato non viene punito: non era molestia, ma “atto preparatorio”

Per Lona, 30enne di Berlino, una piacevole serata di giugno in compagnia del fidanzato si trasforma in un incubo: stando alle sue dichiarazioni, l’autista Uber che aveva contattato per farsi riportare a casa la avrebbe molestata. Ma a settembre arriva la lettera shock da parte del Pubblico Ministero, con su scritto che le indagini sarebbero state interrotte a causa di “sospetto di reato insufficiente“.

Le dinamiche

É un fresco sabato di inizio estate quando il fidanzato di Lona decide di contattare un Uber che riaccompagni la fidanzata a casa. Lui, infatti, si sarebbe intrattenuto di più alla festa aziendale, organizzata in un locale situato a Warschauer Straße.  In più, la ragazza ha da poco perso il cellulare. Per questo motivo, quando sale sul sedile del passeggero, l’autista nota subito che è ancora in lacrime. Lona, quindi, vuole solo ritornare a casa, nel suo appartamento a Wilmersdorf, ed è lì che pensa di essere diretta.

Il conducente, originario del Libano, comincia a intrattenere la trentenne raccontandole alcuni episodi della sua vita e del fatto che non gli piaccia Berlino. A un certo punto, però, si zittisce e si ferma da un benzinaio, dicendo alla ragazza che avrebbe disattivato l’app Uber e il GPS per fare il pieno di gasolio. Dopodiché, la vettura si sposta in una stradina buia vicino al distributore Total nei pressi di Tempelhofer Ufer, e accosta. A questo punto la paura inizia a crescere: il conducente poggia le mani su quelle della giovane, inizia ad accarezzarle il collo e a spingerle la testa verso di lui.

Lona, conscia di quello che stava accadendo e che sarebbe potuto accadere, in tono tranquillo afferma che sarebbe andata in bagno, ma che sarebbe tornata in pochi minuti. La ragazza scende dall’automobile e si dirige verso il bancone notturno del benzinaio. Insieme chiamano la polizia e il benzinaio testimonia a favore della trentenne. Gli agenti arrestano l’autista e ascoltano la sua versione. L’uomo conferma il racconto, ma si giustifica affermando che aveva agito in quel modo con il solo fine di “consolarla”, dato che aveva perso il cellulare. A quanto pare, tuttavia, né le confessioni dell’autista né la testimonianza del benzinaio sono bastate per indagare sull’episodio.

“Mancanza di prove”

A inizio settembre, le indagini sono state interrotte. Il motivo? “Le carezze della tua mano e il tocco del collo inizialmente non sono chiaramente correlati sessualmente.” E la procura aggiunge: “anche se volesse tirarti verso la sua testa, non è sufficientemente certo che questo dovrebbe portare a un’invadenza sessuale“. Ed ecco che la ragazza, dopo aver letto la lettera, rimane scioccata. Non si sarebbe mai aspettata un’interruzione così tempestosa delle indagini, né tantomeno una risposta simile delle autorità competenti. L’unica consolazione è che non incontrerà mai più quell’autista dell’applicazione Uber, i cui responsabili si sono immediatamente occupati di licenziare il mascalzone dopo la segnalazione dell’incidente.

“Era la prima volta che andavo alla polizia e in realtà ci credevo. Avevo ancora la sensazione che avrei dovuto prima essere violentata per denunciarlo”.

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Immagine di copertina: foto di JacksonDavid da Pixabay