La storia di Joachim Peiper, ex colonnello delle SS che riuscì a sfuggire dalla sua condanna a morte

La storia di un uomo che era riuscito temporaneamente a scappare dalle conseguenze delle proprie azioni

Sebbene Joachim Peiper, colonnello delle SS, avesse organizzato il massacro di 84 prigionieri americani nei pressi del villaggio belga di Malmedy riuscì ugualmente ad uscire da uomo libero dalla prigione di Landsberg nella Germania Occidentale il 22 Dicembre del 1956. Nel luglio del 1946  Peiper e altri 72 uomini furono arrestati e cinque giorni dopo 43 di loro furono condannati a morte tramite impiccagione mentre il resto fu condannato all’ergastolo o a 20 anni di carcere. Tramite un complesso processo giudiziario la commissione esecutiva assegnata al caso di Peiper votò segretamente e in maniera unanime la scarcerazione dell’ex colonnello tedesco. La reazione dell’opinione pubblica fu abbastanza mite, solamente i sopravvissuti o i veterani di guerra si opposero fortemente alla sua scarcerazione. Peiper ricominciò la sua vita in Germania iniziando a lavorare per la Porsche e per la Volkswagen, successivamente si trasferì in un piccolo villaggio sul confine con la Francia per lavorare come traduttore. Cercò di rimanere nell’anonimato, ma la sua identità venne scoperta e il giornale comunista L’Humanité scrisse un articolo su come un criminale di guerra stesse vivendo pacificamente nel loro Stato. Il 13 Luglio del 1976 diverse persone si recarono presso la sua abitazione e iniziarono un assalto con bombe molotov, Peiper morì nell’incendio scoppiato a causa di questo attacco, il suo cadavere era completamente carbonizzato e irriconoscibile. Sebbene Peiper fosse riuscito a sfuggire alla sua condanna iniziale non riuscì ugualmente a sfuggire al suo passat0.

Il fatto dietro la condanna

Nel 1944 Peiper aveva solamente 29 anni ma era già il più giovane comandante di reggimento delle Waffen SS, nei pressi della città belga di Malmedy dove lanciò un attacco su un fronte lungo circa 80 miglia che lasciò i soldati americani spiazzati. Il giorno seguente gli uomini di Peiper catturarono un altro battaglione americano che si stava dirigendo presso il Belgio per supportare l’esercito del proprio paese. I prigionieri ammontavano in totale a 100 persone e Peiper ordinò di farli mettere tutti in fila presso un campo. Peiper non era presente sulla scena quando le mitragliatrici iniziarono a fare una strage dei soldati americani che avevano avuto la sfortuna di essere stati catturati. Dopo tre minuti le mitragliatrici si fermarono, ma non gli uomini di Piper che uccisero definitivamente coloro che davano ancora segni di vita. 90 minuti dopo i pochi sopravvissuti riuscirono a scappare anche se molti di loro furono uccisi ugualmente durante la loro fuga prima di raggiungere le linee difensive americane. Quando Peiper e i suoi uomini vennero arrestati la maggior parte di loro venne condannata a morte in seguito ai crimini contro l’umanità commessi durante la guerra, ma Peiper riuscì ugualmente ad ottenere la libertà vigilata fino alla sua scarcerazione nel 1956.

Il tentativo di ricominciare

Grazie a diversi contatti incontrati durante il suo periodo di prigionia a Landsberg, Peiper riuscì ad ottenere un posto di lavoro presso una delle fabbriche della casa automobilistica Porsche nei pressi di Zuffenhausen. Ottenne diversi successi lavorativi in questo periodo, tra cui la nomina a segretario della compagnia. Nelle profondità del suo animo, però, era rimasto lo stesso di prima, tra le sue dichiarazioni spicca la seguente: «Ero un nazista e lo sono rimasto, La Germania di oggi non è più una grande nazione è diventata una provincia dell’Europa. Ecco perché, alla prima occasione, mi trasferirò da un’altra parte, in Francia, senza dubbio». Negli anni 70 si trasferì con la moglie e i figli a Traves, nei pressi del fiume Saône. Le autorità francesi erano a conoscenza della sua identità ma gli diedero ugualmente un permesso di residenza valido dal 1972 al 1977. Nel 1976 ebbe inizio una vera e propria campagna di odio nei confronti di Peiper, vennero distribuiti volantini diffamatori per la città in cui si richiedeva la sua espulsione dalla Francia e subito dopo arrivò anche l’articolo su L’Humanité. Infine il 14 Luglio avvenne l’attacco in cui Peiper perse la vita, esperti della scientifica che analizzarono la scena il giorno successivo dichiararono che l’incendio era scoppiato in tre diversi punti della casa e vennero ritrovate anche le tracce di quattro bottiglie molotov preparate in maniera rudimentale. Ulteriori analisi hanno mostrato che Peiper abbia provato a difendersi durante l’attacco sparando dal balcone di casa, rimanendo però ucciso dall’incendio che era divampato.

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Immagine di copertina: Joachim Peiper ©Bundesarchiv, Bild 101III-Weill-060-13 / Weill / CC-BY-SA 3.0 da Wikimedia