Comare Morte, la fiaba dei Grimm in italiano e tedesco e qualche curiosità

Comare Morte – Der Gevatter Tod – è una fiaba tradizionale tedesca, raccolta dai fratelli Grimm come fiaba numero 44

Kinder – und Hausmärchen, o Fiabe, la più famosa raccolta di favole al mondo, è stata pubblicata per la prima volta il 20 dicembre 1812. I fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, nati in una cittadina tedesca dell’Assia, raccolsero più di 200 testi provenienti dalla tradizione orale e scritta. Fiabe è tra i libri più letti e diffusi al mondo ed è stato tradotto in oltre 160 lingue e dialetti. La raccolta comprende anche la fiaba Comare Morte, che però nella sua prima versione presenta un finale diverso. La versione originale finisce infatti quando la Morte mostra al medico la candela, mentre la seconda versione, quella inclusa nella raccolta Kinder- und Hausmärchen, racconta che la Morte finge di accendere la candela e sbaglia di proposito, uccidendo il medico.

Comare Morte, testo completo

Ecco a voi il testo completo della fiaba sia in italiano che in tedesco, presi da Grimmstories.com:

Un pover’uomo aveva dodici figli e doveva lavorare giorno e notte per poter procurare loro soltanto il pane. Quando venne al mondo il tredicesimo, non sapendo più cosa fare, corse sulla strada per pregare il primo che incontrasse di fare da padrino. Il primo che incontrò fu il buon Dio. Il buon Dio già sapeva cosa gli pesava sul cuore e gli disse: “Pover’uomo, mi fai pena: terrò a battesimo il tuo bambino e provvederò perché sia felice sulla terra.” – “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono il buon Dio.” – “Allora non ti voglio per compare, perché dai ai ricchi e fai patire ai poveri la fame.” Così parlò l’uomo poiché non sapeva con quanta saggezza Iddio dispensi ricchezza e povertà. Volse così le spalle al Signore e proseguì. Gli si avvicinò il diavolo e disse: “Cosa cerchi? Se sarò padrino di tuo figlio, gli darò oro e tutti i piaceri del mondo.” L’uomo domandò: “Chi sei?” – “Sono il diavolo.” – “Allora non ti voglio per compare: tu inganni gli uomini per sedurli,” disse l’uomo, e proseguì. Gli venne incontro la Morte e gli disse: “Prendimi per comare” – “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono la Morte, che fa tutti uguali.” Allora l’uomo disse: “Tu sei giusta: prendi sia il ricco sia il povero senza fare differenze; sarai la mia comare.” La Morte rispose: “Farò diventare tuo figlio ricco e famoso; chi mi ha per amica, non manca di nulla.” Disse l’uomo: “Domenica prossima c’è il battesimo: sii puntuale.” La Morte comparve come aveva promesso e fece da madrina al piccolo.

Quando il ragazzo fu adulto, un bel giorno la comare lo prese con se, lo portò nel bosco e, quando furono soli, gli disse: “Ora avrai il mio regalo di battesimo. Farò di te un medico famoso. Quando sarai chiamato al letto di un ammalato, ti apparirò ogni volta: se mi vedrai ai piedi del letto, puoi dire francamente che lo risanerai; gli darai un’erba che ti indicherò e guarirà; ma se mi vedi al capezzale dell’infermo, allora è mio e dovrai dire che ogni rimedio è inutile e che deve morire.” Poi la Morte gli indicò l’erba miracolosa e gli disse: “Guardati dall’usarla contro il mio volere.”

Ben presto il giovane divenne famoso in tutto il mondo. “Gli basta guardare l’ammalato per capire se guarirà o se deve morire.” Così si diceva di lui e la gente accorreva da ogni parte per condurlo dagli ammalati e gli davano tanto oro quanto egli chiedeva, cosicché‚ in poco tempo divenne un uomo ricco. Ora avvenne che anche il re si ammalò, e mandarono a chiamare il medico perché dicesse se doveva morire. Ma quand’egli si avvicinò al letto, vide che la Morte si trovava al capezzale dell’ammalato: non vi era più erba che giovasse. Ma il medico pensò: “Forse per una volta posso ingannare la Morte, e dato che è la mia madrina, non se l’avrà poi tanto a male!” Così prese il re e lo voltò di modo che la Morte venne a trovarsi ai suoi piedi; poi gli diede l’erba e il re si riebbe e guarì. Ma la Morte andò dal medico adirata e con la faccia scura gli disse: “Per questa volta te la passo perché sono la tua madrina, ma se ti azzardi a ingannarmi ancora una volta, ne andrà della tua stessa vita!”

Non molto tempo dopo si ammalò la principessa e nessuno riusciva e guarirla. Il re piangeva giorno e notte da non vederci più; infine fece sapere che chiunque la salvasse dalla morte sarebbe diventato il suo sposo e l’erede della corona. Quando il medico giunse al letto dell’ammalata, vide la Morte al suo capezzale. Ma pensò alla promessa del re e inoltre la principessa era così bella che egli dimenticò l’ammonimento e, anche se la Morte gli lanciava terribili occhiate, voltò l’ammalata mettendole la testa al posto dei piedi e le diede l’erba, cosicché‚ ella tornò in vita.

Ma la Morte, vedendosi defraudata per la seconda volta di ciò che le spettava, andò dal medico e disse: “Seguimi!” lo afferrò con la sua mano di ghiaccio e lo condusse in una caverna sotterranea, ove si trovavano migliaia e migliaia di luci a perdita d’occhio. Alcune erano grandi, altre medie, altre ancora piccole. A ogni istante alcune si spegnevano e altre si accendevano, di modo che le fiammelle sembravano saltellare qua e là. “Vedi,” disse la Morte, “queste luci sono le vite degli uomini. Le più alte sono dei bambini, le medie dei coniugi nel fiore degli anni, le piccole dei vecchi. Ma a volte anche i bambini e giovani hanno soltanto una piccola candelina. Quando si spegne, la loro vita è alla fine ed essi mi appartengono.” Il medico disse: “Mostrami la mia.” Allora la Morte gli indicò un moccoletto piccolo piccolo che minacciava di spegnersi e disse: “Eccola!” Allora il medico si spaventò e disse: “Ah, cara madrina, accendetene un’altra perché‚ possa godere la mia vita, diventando re e sposo della bella principessa!” – “Non posso,” rispose la Morte, “deve spegnersi una candela prima che se ne accenda un’altra.” – “Allora mettete quella vecchia su di una nuova, che arda subito quando l’altra è finita,” supplicò il medico. Allora la Morte finse di esaudire il suo desiderio, e prese una grande candela nuova. Ma, nel congiungerle, sbagliò volutamente, poiché‚ voleva vendicarsi, e il moccolo cadde e si spense. Subito il medico stramazzò a terra: anch’egli era caduto nelle mani della Morte.

Der Gevatter Tod

Es hatte ein armer Mann zwölf Kinder und mußte Tag und Nacht arbeiten, damit er ihnen nur Brot geben konnte. Als nun das dreizehnte zur Welt kam, wußte er sich in seiner Not nicht zu helfen, lief hinaus auf die große Landstraße und wollte den ersten, der ihm begegnete, zu Gevatter bitten. Der erste, der ihm begegnete, das war der liebe Gott. Der wußte schon, was er auf dem Herzen hatte, und sprach zu ihm: “Armer Mann, du dauerst mich, ich will dein Kind aus der Taufe heben, will für es sorgen und es glücklich machen auf Erden.” Der Mann sprach: “Wer bist du?” – “Ich bin der liebe Gott.” – “So begehr’ ich dich nicht zu Gevatter,” sagte der Mann, “du gibst dem Reichen und lässest den Armen hungern.” Das sprach der Mann, weil er nicht wußte, wie weislich Gott Reichtum und Armut verteilt. Also wendete er sich von dem Herrn und ging weiter. Da trat der Teufel zu ihm und sprach: “Was suchst du? Willst du mich zum Paten deines Kindes nehmen, so will ich ihm Gold die Hülle und Fülle und alle Lust der Welt dazu geben.” Der Mann fragte: “Wer bist du?” – “Ich bin der Teufel.” – “So begehr’ ich dich nicht zu Gevatter,” sprach der Mann, “du betrügst und verführst die Menschen.” Er ging weiter; da kam der dürrbeinige Tod auf ihn zugeschritten und sprach: “Nimm mich zu Gevatter.” Der Mann fragte: “Wer bist du?” – “Ich bin der Tod, der alle gleichmacht.” Da sprach der Mann: “Du bist der Rechte, du holst den Reichen wie den Armen ohne Unterschied, du sollst mein Gevattersmann sein.” Der Tod antwortete: “Ich will dein Kind reich und berühmt machen; denn wer mich zum Freunde hat, dem kann’s nicht fehlen.” Der Mann sprach: “Künftigen Sonntag ist die Taufe, da stelle dich zu rechter Zeit ein.” Der Tod erschien, wie er versprochen hatte, und stand ganz ordentlich Gevatter.

Als der Knabe zu Jahren gekommen war, trat zu einer Zeit der Pate ein und hieß ihn mitgehen. Er führte ihn hinaus in den Wald, zeigte ihm ein Kraut, das da wuchs, und sprach: “Jetzt sollst du dein Patengeschenk empfangen. Ich mache dich zu einem berühmten Arzt. Wenn du zu einem Kranken gerufen wirst, so will ich dir jedesmal erscheinen: steh ich zu Häupten des Kranken, so kannst du keck sprechen, du wolltest ihn wieder gesund machen, und gibst du ihm dann von jenem Kraut ein, so wird er genesen; steh ich aber zu Füßen des Kranken, so ist er mein, und du mußt sagen, alle Hilfe sei umsonst und kein Arzt in der Welt könne ihn retten. Aber hüte dich, daß du das Kraut nicht gegen meinen Willen gebrauchst, es könnte dir schlimm ergehen!”

Es dauerte nicht lange, so war der Jüngling der berühmteste Arzt auf der ganzen Welt. “Er braucht nur den Kranken anzusehen, so weiß er schon, wie es steht, ob er wieder gesund wird oder ob er sterben muß,” so hieß es von ihm, und weit und breit kamen die Leute herbei, holten ihn zu den Kranken und gaben ihm so viel Gold, daß er bald ein reicher Mann war. Nun trug es sich zu, daß der König erkrankte. Der Arzt ward berufen und sollte sagen, ob Genesung möglich wäre. Wie er aber zu dem Bette trat, so stand der Tod zu den Füßen des Kranken, und da war für ihn kein Kraut mehr gewachsen. “Wenn ich doch einmal den Tod überlisten könnte,” dachte der Arzt, “er wird’s freilich übelnehmen, aber da ich sein Pate bin, so drückt er wohl ein Auge zu, ich will’s wagen.” Er fasste also den Kranken und legte ihn verkehrt, so daß der Tod zu Haupten desselben zu stehen kam. Dann gab er ihm von dem Kraute ein, und der König erholte sich und ward wieder gesund. Der Tod aber kam zu dem Arzte, machte ein böses und finsteres Gesicht, drohte mit dem Finger und sagte: “Du hast mich hinter das Licht geführt, diesmal will ich dir’s nachsehen, weil du mein Pate bist, aber wagst du das noch einmal, so geht dir’s an den Kragen, und ich nehme dich selbst mit fort.”

Bald hernach verfiel die Tochter des Königs in eine schwere Krankheit. Sie war sein einziges Kind, er weinte Tag und Nacht, daß ihm die Augen erblindeten, und ließ bekanntmachen, wer sie vom Tode errette, der sollte ihr Gemahl werden und die Krone erben. Der Arzt, als er zu dem Bette der Kranken kam, erblickte den Tod zu ihren Füßen. Er hätte sich der Warnung seines Paten erinnern sollen, aber die große Schönheit der Königstochter und das Glück, ihr Gemahl zu werden, betörten ihn so, daß er alle Gedanken in den Wind schlug. Er sah nicht, daß der Tod ihm zornige Blicke zuwarf, die Hand in die Höhe hob und mit der dürren Faust drohte; er hob die Kranke auf und legte ihr Haupt dahin, wo die Füße gelegen hatten. Dann gab er ihr das Kraut ein, und alsbald regte sich das Leben von neuem.

Der Tod, als er sich zum zweitenmal um sein Eigentum betrogen sah, ging mit langen Schritten auf den Arzt zu und sprach: “Es ist aus mit dir, und die Reihe kommt nun an dich,” packte ihn mit seiner eiskalten Hand so hart, daß er nicht widerstehen konnte, und führte ihn in eine unterirdische Höhle. Da sah er, wie tausend und tausend Lichter in unübersehbaren Reihen brannten, einige groß, andere halbgroß, andere klein. Jeden Augenblick verloschen einige, und andere brannten wieder auf, also daß die Flämmchen in beständigem Wechsel zu sein schienen. “Siehst du,” sprach der Tod, “das sind die Lebenslichter der Menschen. Die großen gehören Kindern, die halbgroßen Eheleuten in ihren besten Jahren, die kleinen gehören Greisen. Doch auch Kinder und junge Leute haben oft nur ein kleines Lichtchen.” – “Zeige mir mein Lebenslicht,” sagte der Arzt und meinte, es wäre noch recht groß. Der Tod deutete auf ein kleines Endchen, das eben auszugehen drohte, und sagte: “Siehst du, da ist es.” – “Ach, lieber Pate,” sagte der erschrockene Arzt, “zündet mir ein neues an, tut mir’s zuliebe, damit ich König werde und Gemahl der schönen Königstochter.” – “Ich kann nicht,” antwortete der Tod, “erst muß eins verlöschen, eh’ ein neues anbrennt.” – “So setzt das alte auf ein neues, das gleich fortbrennt, wenn jenes zu Ende ist,” bat der Arzt. Der Tod stellte sich, als ob er seinen Wunsch erfüllen wollte, langte ein frisches, großes Licht herbei, aber weil er sich rächen wollte, versah er’s beim Umstecken absichtlich, und das Stöckchen fiel um und verlosch. Alsbald sank der Arzt zu Boden und war nun selbst in die Hand des Todes geraten.

Opere ispirate alla fiaba Comare Morte

Le fiabe son fantasia, anime giapponese del 1987, in uno dei suoi episodi propone un adattamento di Comare Morte. Il finale è diverso da quello originale. In questo adattamento il protagonista, disgustato dal trucco usato dalla Morte per curare le persone, decide di sacrificare la sua stessa vita per salvare una principessa bambina. Così facendo le permette di curarsi. Questo episodio non è mai andato in onda negli USA, presumibilmente censurato insieme ad altri della stessa serie.

The Storyteller, una serie televisiva live-action anglo-americana, racconta un episodio molto simile alla fiaba Comare Morte. Nella serie ricorre la stessa usanza di curare i malati se la Morte si trova vicino alla loro testa e di non lasciare spazio ad alcuna speranza se essa si trova invece ai loro piedi. In questa versione, però, il medico intrappola la Morte in un sacco quando la trova ai suoi piedi.

In Strange and Spooky Stories di Andrew Peters si fa riferimento ad una variante irlandese della storia, nella quale una ragazza fa una patto con la Morte per diventare medico. Successivamente la ragazza inganna la Morte per salvare la vita di un principe, di cui diviene la moglie. Diversamente dalla versione dei Grimm, questa storia ha un lieto fine. Durante la prima notte di nozze, la Morte porta la ragazza nell’oltretomba, dove le mostra una clessidra rappresentante la sua vita: essa indica che la ragazza morirà di lì a poche ore. La giovane riesce tuttavia ad ingannare la Morte fingendosi addormentata. Riempie così la sua clessidra e quella di suo marito e i due diventano immortali.

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