Nessuna voce dentro, il racconto dell’estate berlinese di Massimo Zamboni (ex CCCP)

Il libro di Massimo Zamboni racconta di un’epoca berlinese ormai passata, ma ancora fondamentale per capire quella attuale

“Nessuna voce dentro – un’estate a Berlino ovest” è il libro in cui Massimo Zamboni, ex CCCP e CSI, racconta la sua esperienza giovanile nella Berlino di inizio anni ‘80 Era all’epoca una città segnata da un’inquietudine e, allo stesso tempo, da una ricchezza di stimoli senza pari in Europa e che forse non ha avuto eguali nella storia successiva alla caduta del Muro.

I CCCP Fedeli alla linea sono stati attivi in Italia per quasi tutti gli anni Ottanta, sciogliendosi (per rinascere poi, in diversa formazione, con il nome di CSI) nell’anno della riunificazione tedesca. L’incontro che li fece nascere, quasi dieci anni prima, per un caso che in fin dei conti così casuale non può essere, avvenne a Berlino, città a cui è legata una parte importante della storia europea della seconda metà del Novecento.

Negli anni Ottanta Berlino, Berlino Ovest, era la meta di tantissimi giovani, che da ovunque in Europa accorrevano, inesorabilmente attratti dalla Storia che si concentrava in quella città, da ciò che si stava preparando, in un’alchimia che nessuno in quel momento poteva comprendere fino in fondo ma si poteva tuttavia vivere, sentire, respirare, toccare con mano.
Massimo Zamboni, chitarrista e compositore dei CCCP prima e dei CSI dopo, a Berlino ci andò nel 1981, poco più che ventenne, in autostop da Reggio Emilia, qualche soldo in tasca e la voglia di scoprire, di capire, di trovare. Che cosa? Tutto, tutto il possibile.

L’importanza delle parole

“Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa come ci si smarrisce in una foresta è una cosa tutta da imparare: mi calza a pennello l’incipit di Infanzia berlinese di Walter Benjamin. Sono a Berlino e non la trovo”.

Berlino vista attraverso gli occhi del giovane Massimo Zamboni è un continuo appoggiarsi alle parole altrui per vincere lo spaesamento delle prime settimane, ma è anche un invito a giocare per trovare significati nascosti, come qui il rimando a “Costantinopoli” di Edmondo de Amicis “mi sono perso a Istanbul e non mi trovano più”, e a Berlino città più turca d’Europa, così diversa dalla provincia italiana da cui Zamboni proviene.

Queste suggestioni diventeranno poco tempo dopo materia per il testi dei CCCP, come “Punk Islam”.

Istanbul sono a casa
Corro di fianco al muro
Non lo so, non lo voglio sapere
Che differenza fa
“Wir sind die Turken von Morgen”
Invece di pensare continua a salmodiare

Nessuna voce dentro, un’estate a Berlino Ovest

Il racconto della lunga estate berlinese di Zamboni è un viaggio in una città che in parte non c’è più, ma che si riesce comunque a immaginare, grazie al suo stile evocativo e fotografico, che sa descrivere situazioni e momenti, che pennella con tratto chiaro e deciso i personaggi e i luoghi.

E così c’è il mondo delle case occupate e la “famiglia” dei B-Setzer, al 39 di Willibald Alexis; c’è il ristorante Da Salvo, caricatura animata e vivente di un certo tipo di emigrazione italiana; ci sono le manifestazioni e i concerti, anche quelli sotto la porta di Brandeburgo a cui partecipano – anche solo potendo ascoltare – sia quelli dell’Ovest che quelli dell’Est. C’è il Muro, con tutto ciò che rappresenta, elemento di cui Zamboni subisce inevitabilmente il fascino, compagno (anzi compagna, visto che die Mauer è sostantivo femminile) di camminate notturne solitarie.

La U-Bahn con le fermate fantasma a Est, le Kneipen, Alexanderplatz, Kreuzberg.

C’è la vita notturna, la musica, i locali dove non si può fare a meno di andare. Come il SO36, il Metropol, il Superfly: e in quest’ultimo, sul finire di una serata e con la colonna sonora di Alabama song dei Doors, Massimo Zamboni incontra Giovanni Lindo Ferretti, presentati l’un l’altro da un’amica in comune. Quel che è stato dopo, è storia della musica italiana.
Il viaggio di Zamboni a Berlino si conclude fondamentalmente quella sera, durante la quale era avvenuta la scoperta di cui era inconsapevolmente in cerca.

Tante volte ho ripensato all’arrivo a quella stazione di Yorkstraße, di tutto sprovveduto. A quel cartello che così bene inquadrava la mia situazione. Zum Umgeisten. “al cambiamento”. Che bell’augurio mi hai fatto, Berlino. Ero là per questo. Cambiare. Passare a. Allora non avrei potuto immaginare quanto. Quando. Che cosa ne sarebbe derivato.
Grazie
”.

La gratitudine per quell’esperienza è un sentimento che Zamboni esprime a chiare lettere e che traspare da ogni pagina. Questo libro, edito da Einaudi nel 2017, è in realtà una seconda stesura, più matura, di un testo uscito dodici anni prima (ne parlammo in questa intervista a Zamboni). E a cui l’autore ha dedicato “cure e attenzione”, come dichiara lui stesso. Il risultato è un libro che rimane dentro, ben oltre il tempo della lettura, una perla per chi ama Berlino e la storia che l’ha attraversata nel secondo Dopoguerra.

Nessuna voce dentro – Un’estate a Berlino Ovest

di Massimo Zamboni

Einaudi 2017

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