La selezione alla porta dei club di Berlino fa più schifo che a Roma o a New York

La selezione alla porta dei club di Berlino fa schifo. Fa schifo anche in tutto il resto del mondo, a Roma come a New York, ma a Berlino fa schifo di più.

E questo perché i club che la applicano sono gli stessi che vogliono credersi alternativi, quelli che più  contribuiscono a corroborare l’idea che la capitale tedesca sia una città in cui vigono libertà e spontaneità, a prescindere da che si parli di attrazioni sessuali, vestiario o stili di vita. Ed invece no, proprio come un locale fico di Francoforte in cui non entri se non hai la camicia firmata, in locali come il Sisyphos, il Ritter Butzke, Chalet, Golden Gate, il Wilden Renate o il Kater Blau (erede di Bar25 e Kater Holzig) vieni rimbalzato proprio perché sei troppo schickimicki. Quella leggerezza di apparenze e di pensiero che tanto si vuole fare finta di aver posto come totem del proprio approccio al divertimento berlinese, è filtrata dalla stessa superficialità di chi apparentemente si vorrebbe deridere.

Non è finita qui. La stupida selezione non riguarda solo il come ci si veste. Chi scrive vive a Berlino dall’inizio del 2009. Tanti, tantissimi italiani sono arrivati prima e possono dire, con molta più forza “io ho visto com’era prima ed era sicuramente meglio”. Gli do ragione ed è giusto che lo dicano. Scrivo la data del mio arrivo non perché voglia parlare dei tempi che furono, ma semplicemente per indicare il tempo trascorso a Berlino, non moltissimo, ma parecchio. La prima premessa: sono una persona curiosa e per quanto non ami l’elettronica, sono stato spesso e volentieri in tutti i più importanti club di Berlino. Sono stato rimbalzato solo una volta, al Sisyphos, e la ragione penso che sia stata il fatto che l’amico tedesco che stava con me avesse saltato in maniera palese tre quarti della fila, posizionandosi accanto a me proprio quando ormai eravamo alla porta. In ogni caso, quanto leggete non è causato da sete di vendetta personale. Spero che mi crediate e vado avanti. Purtroppo ciò che mi è capitato spesso di vedere, e me ne assumo la responsabilità, è che a volte c’è anche un principio razzista dietro alcuni rimbalzi. Più che la frequenza con cui vengono esclusi coloro che sembrano troppo italiani, spagnoli o del sud Europa (e a volte succede, una volta al Cookies sentii la buttafuori dire testualmente “è inutile che insistete, non mi piacete voi e non mi piacciono gli italiani” a due coppie di italiani forse troppo in tiro per il locale, ma comunque non meritevoli di una frase del genere, anche se fosse stata solo una battuta. Certe cose non si dicono e basta), a volte mi è capitato di vedere anche il diverso trattamento che alcuni selezionatori, in particolare quelli del Kater Blau (che, come detto, un tempo erano al Bar25 e al Kater Holzig), hanno verso chi è di colore o è/sembra turco. Non a caso di turchi in questi locali ce ne sono pochissimi o quasi nessuno e questo nonostante Berlino sia piena di turchi. Stessa cosa per chi è di colore. Uno dei miei migliori amici è di origini indiane. Più volte, non solo una o un paio, lui è stato rimbalzato dal locale (persino al Fritz !) e io no. Altre volte a lui è stato chiesto di mostrare un documento che attestasse di essere maggiorenne e a me no. E sia io che lui abbiamo 32 anni. E si vede. Sono stato testimone di analoghe situazioni anche quando nel mio gruppo di amici si è inserito un ragazzo cubano di colore. Anche con lui – giocatore professionista di softball – stessi problemi: o rimbalzo per come era vestito o come appariva in generale, o richiesta di mostrare un documento. Parlando con loro, e parlando altre volte sullo stesso argomento con altri amici turchi o di colore, ho sentito della loro frustrazione. Ormai in quei locali neanche ci provano ad entrare. Se si cerca online si può vedere come non sia l’unico ad aver notato questo atteggiamento idiota di tanti locali berlinesi. Qui potete trovare tra gli eventi il programma dei BErlin MUsic DAys il programma di una discussione sulla discriminazione dei turchi all’entrata dei club proposta durante. Qui invece un giornalista della Berliner Zeitung paragona i criteri utilizzati dai selezionatori di alcuni locali di Berlino a quelli delle SS all’entrata di Auschwitz. Questi “selezionatori” non penso che siano razzisti anche durante il resto della loro vita. Diventano razzisti quando stanno alla porta e lo fanno perché pensano – forse anche solo inconsciamente – che van bene un po’ di neri o mulatti, ma non troppi, sennò il locale smette di essere “in”. Lo fanno per preservare la coolness del club, non perché nel quotidiano sono davvero pronti a discriminare. La sostanza però non cambia. Il loro atto è razzista.

La soluzione. Sarebbe da boicottare questi club. Tutti. Per principio. Purtroppo però sono i più belli, quelli che a molti di noi espatriati fanno pensare che Berlino sia la città più viva e interessante al mondo. Non abbiamo le palle di farlo. Se tutto il resto dei nostri amici entra, beh, entriamo con loro. Alla fine pensiamo che non cambia nulla al locale “se solo io resto fuori”, così come molti di noi sono pronti ad accendersi una sigaretta durante un wg-party (una festa in casa) senza pensare al fatto che si potrebbe dare fastidio a chi non fuma. Del resto fumano tutti in casa. Se però non fumasse nessun altro intorno anoi, ecco che prima di accendersi quella sigaretta chiederemmo se quel fumo potrebbe dare fastidio”. Così invece, perché lo fanno tutti, allora non ci poniamo il problema. “Tanto che vuoi che cambia, lo fanno tutti e se anche gli dà fastidio non è un problema, si adatterà”. Insomma, applichiamo quelli che sappiamo sono dei giusti comportamenti (boicottare un club che applica una stupida selezione alla porta, o chiedere se accenderci una sigaretta dà fastidio a chi ci sta intorno) solo quando siamo da soli impossibilitati a dire “beh, gli altri fanno uguale, perché devo pormi il problema”, sennò ci approfittiamo dell’esistenza della massa. Mettiamo da parte i principi e in naftalina il cervello. Se gli altri fanno così, perché devo battermi da solo contro ciò che in realtà so che è ingiusto, ma che tanto a me non tocca? Perché dovrei boicottare un locale o chiedermi se la sigaretta che sto accendendo potrebbe infastidire qualcuno, fosse anche il mio amico?

Siamo degli egoisti. E lo sono anche io che qui predico e che poi, più volte, ho continuato ad andare nei locali che poche righe più sopra ho suggerito di boicottare illudendomi che quelle selezioni fossero casuali. Se credo in quel che ho scritto devo essere più coerente. Ci proverò. Lo prometto a me stesso.

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PS: La selezione alla porta fatta secondo metodi non definiti e oltremodo discrezionali non è legale. Potete leggerne qui.