Marianatonia Costanza

«Da Avellino a Berlino per studiare i tumori del sangue. In Italia la ricerca è vittima della burocrazia»

A tu per tu Mariantonia Costanza, ricercatrice a Berlino, ma nata ad Atripalda (Avellino) e cresciuta tra Campania e Stati Uniti

«Il mio lavoro si concentra su due tipi di linfoma, uno molto diffuso che è il linfoma di Hodgkin e uno che è più raro chiamato Linfoma a grandi cellule anaplastico. Il problema è che di entrambi questi linfomi non si conosce la causa. Il mio lavoro qui a Berlino cerca quindi di capire quale sia “l’interruttore” affinché si possa andare a colpire il tumore in maniera mirata. Peccato non poterla fare in Italia. I fondi in realtà ci sono, non sono troppi ma ci sono. Il problema, la maggior parte delle volte, sono le tempistiche: ci sono troppi rallentamenti e spesso quei soldi vanno persi». Mariantonia Costanza, Maya per gli amici, è nata ad Atripalda, provincia di Avellino, ma è cresciuta fino ai 5 anni a Brusciano (Napoli) per poi trasferirsi a Cincinnati, Stati Uniti (fino ai 10) e poi nuovamente ad Avellino. L’università l’ha iniziata a Napoli, ma l’esperienza all’ombra del Vesuvio è durata solo un anno. «Ho frequentato il primo anno di biotecnologie a Napoli. Dato che all’epoca non c’erano molti corsi pratici per assenza di laboratori, ho dovuto continuare la triennale a Parma. Lì mi sono trovata benissimo e ho imparato come muovermi in laboratorio. Ho poi fatto un anno di tirocinio al CROM – Centro di ricerca oncologica Mercogliano, sempre in provincia di Avellino, dove ho lavorato sul carcinoma polmonare a grandi cellule. Poi per la magistrale mi sono iscritta all’università Milano Bicocca dove ho studiato biotecnologie mediche. Praticamente per ogni nuovo percorso mi trasferisco sempre più a Nord».

Da Milano a Berlino

«Mi ero da poco laureata alla magistrale (marzo) quando verso fine giugno la segretaria del mio capo di Milano mi ha chiamata dicendomi “Ti interessa far il dottorato a Berlino?”. Il mio attuale capo aveva ricevuto dei fondi dall’Unione Europea per una posizione di dottorato, era possibile concorrere per una borsa di studio Marie Curie. Eccitata ho mandato curriculum vitae, lettera motivazionale, referenze. A metà luglio ho fatto il primo colloquio via Skype, dopo una settimana sono venuta a Berlino per un incontro dal vivo e il primo settembre 2016 ho iniziato».

La necessità di capire di più sulle reazioni alle terapie di cura per i tumori del sangue

«Lavoro su tumori del sangue, più precisamente su quelli del sistema immunitario, quando le difese del corpo delle persone “perdono il controllo” e non riescono più a proteggere chi ne è affetto. Il nostro corpo diventa come un drago senza il fuoco. Oltre alla ricerca delle cause che attivano il Linfoma di Hodgkin e il Linfoma a grandi cellule anaplastico, lavoriamo anche sulle terapie personalizzate. Dieci persone possono essere malate dello stesso tumore, ma non è detto che tutte reagiscano alla terapia allo stesso modo. Non solo: la chemioterapia è tossica e non sempre efficace. Quello che quindi cerchiamo di fare qui a Berlino è individuare dei fattori che possano permetterci di classificare i pazienti in modo da poter dare loro una specifica cura».

Maya sotto la cupola del Reichstag di Berlino

Il rapporto con Berlino

«Sono capitata in una città che offre tanto e sto imparando tanto. All’inizio però non è stato facilissimo, devo essere sincera. Tanta burocrazia e formalità, a partire dalla ricerca della casa. Per di più mi sono trasferita senza conoscere nessuno e senza conoscere il tedesco, ma in un modo o nell’altro me la sono cavata. Certo è che è stato difficile avere a che fare con persone che ti rispondevano “la Germania ai tedeschi” quando non parlavo il tedesco, ma alla fine, per fortuna non sono tutti così. Anzi, ho conosciuto delle persone bellissime».

Tornare in Italia

«Ci penso, e anche spesso, non so però quanto facile e fattibile possa essere. Purtroppo la figura del ricercatore in Italia non è tutelata, non è considerata un vero e proprio lavoro nonostante  in Italia, ed è giusto dirlo, ci siano ottimi centri e gruppi di ricerca. Io ho lavorato in un gruppo eccellente a livello italiano, ma anche europeo per i linfomi. È lì che sono entrata nel vivo della vita da laboratorio e che ho capito di voler fare di più Rimane però un peccato che tanti di noi debbano andare all’estero per poter inseguire i propri sogni».

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