Cinque assurde regole della lingua tedesca che quando riesci a farle tue ti senti felice

Non bastava che fosse una lingua con migliaia di rigide norme grammaticali, con parole dal significato difficile da intuire perché così lontane dal nostro italiano e suoni a volte pressoché impossibili da pronunciare.

Il tedesco, nonostante la sua fama di lingua razionale, presenta alcuni casi in cui queste regole non sono proprio razionalmente spiegabili, o portano addirittura a dei veri e propri paradossi. E a noi poveri disgraziati nati sotto un’altra madrelingua, ma che con il tedesco ci dobbiamo convivere, non resta che combattere ogni giorno con queste assurdità.

5. Il genere di alcuni sostantivi

Gonna è maschile, bambino e ragazza sono neutri. Non pretendiamo certo che ogni lingua sia senza generi come l’inglese, in modo da poter liquidare tutti con un anonimo the. Non pretendiamo neanche che in ogni lingua il genere sia facilmente indovinabile come in italiano (tranne poche eccezioni, parola che termina in -a femminile, parola che termina in -o maschile). Ma in tedesco ci sono pochissime ragioni morfologiche per capire il genere di una parola, perché va bene, quelle che terminano in –ung sono tutte femminili, quelle in –er normalmente maschili, ma per la maggior parte dei sostantivi l’articolo deve essere imparato a memoria, perché regole non ce ne sono. Ebbene sì, a memoria, per ogni singolo nome comune di cosa, animale o quello che volete voi esistente. E allora non sarebbe bello che il genere fosse almeno intuibile dal significato della parola? Sì, ma invece no: perché gonna è maschile, bambino e ragazza sono neutri.

Per non parlare poi del caos che si crea con quei concetti forti nell’immaginario collettivo che nel mondo germanico hanno genere – e di conseguenza sesso – opposto a quello italiano. Ecco allora che abbiamo il luna (der Mond), la sole (die Sonne) e il morte (der Tod), come ci insegna la famosa scena della partita a scacchi con la morte in veste di un uomo nel film svedese Il settimo sigillo. Ma questa è un’altra storia…

4. I numeri a due cifre

Contare in tedesco è facile, ma solo fino al 20. Perché dal 21 in poi entra in atto una tremenda regola per cui i numeri si leggono “al contrario”. Non ventuno ma uno-e-venti (einundzwanzig), non ventidue ma due-e-venti, non sessantasette ma sette-e-sessanta. La lettura del numero con la decina prima delle unità presuppone proprio un diverso numero di pensare. Mi ricorderò sempre la mia insegnante di tedesco del liceo che quando doveva scrivere un numero a due cifre alla lavagna, come la data, scriveva sempre prima l’unità e poi la decina, così come si legge. Io, dopo 12 anni di tedesco, credo che ormai non ci riuscirò più a pensare i numeri al contrario. Ma di certo non sono l’unica: nell’azienda dove lavoro, dove un buon 80% dei lavoratori non è tedesco, leggere i numeri in questo modo è assolutamente vietato. La convenzione per leggere i numeri in modo che siano chiari e comprensibili a tutti ha portato ad una sorta di baby talk per il quale bisogna pronunciare ogni cifra alla volta: 83 è otto-tre, 98 è nove-otto… Il problema è quando ti chiama il cliente tedesco e ti snocciola un ordine Amazon di 17 cifre tutto per numeri ribaltati alla velocità della luce. E lì non c’è che da rimboccarsi le maniche…

3. Le date

I problemi con i numeri in tedesco non sono finiti. Per ragioni inspiegabili, questo popolo si è inventato un modo del tutto originale di leggere gli anni nelle date. Per prima cosa le prime due cifre separate dalle seconde due. Fin qui tutto normale però, alla fine anche l’inglese, lingua semplice e pragmatica, per evitare di leggere il troppo lungo millenovecentonovantadue ha creato l’escamotage diciannove-novantadue. Il tedesco invece, in mezzo alle due coppie di numeri, ci ha infilato un hundert (cento). Neunzehnhundertzweiundneunzig. Ma poi perché cento? Forse perché è addirittura sottinteso un conto, 19×100=1900 (che a noi non ci sarebbe mai venuto in mente)? O forse era solo un modo per distinguere i numeri normali dalle date, la scelta però appare discutibile. Meno male che l’alba del nuovo millennio ci ha salvati: dal 2000 in poi si sono rassegnati a leggere zweitausend, zweitausendeins, zweitausendzwei… Duemila, duemilauno, duemiladue…

2. I verbi separabili

L’inglese ha i verbi con preposizione. Il tedesco invece le preposizioni ce le appiccica direttamente al verbo, creando così una miriade di innumerevoli parole diverse da una stessa radice, che vanno a rimpinguare il suo già ben fornito dizionario. E in questo modo lo stesso verbo può arrivare a significare tutto e il contrario di tutto: nehmen (prendere), a seconda del prefisso che ha davanti può voler dire accettare (annehmen), togliere (entnehmen), dimagrire (abnehmen), ingrassare (zunehmen), comportarsi (benehmen)… Questa cosa, unita al fatto che quasi tutti questi prefissi sono separabili dal verbo, e che spesso il prefisso separato deve essere spostato in fondo alla frase, fa sì che non si può mai sapere che cosa voglia dire una persona, finché non ha pronunciato l’ultima parola. Un esempio?

“Ich gebe die Aufgabe… ab.” Consegno il compito.
“Ich gebe die Aufgabe… auf.” Rinuncio al compito.

1. La rigida posizione dei componenti nelle frasi

Ho pensato spesso che scrivere una frase in tedesco sia come giocare a tetris. Sì perché in questa lingua ogni componente della frase ha la sua rigida posizione che deve essere rispettata, che cambia inoltre a seconda del tipo di frase: in domanda il verbo coniugato occupa sempre la prima posizione, in frase positiva principale la seconda, in subordinata l’ultima (e qui si torna al problema di cui sopra, per cui finché una persona non ha pronunciato l’ultima parola, non è dato sapere cosa voglia dire). Ma non solo. Il soggetto occuperà sempre la prima posizione in frase positiva, a meno che, in principale, si voglia iniziare con un avverbio ad esempio, allora bisognerà eseguire un’inversione. E così via. La cosa strana è che questa è una caratteristica delle lingue che non hanno casi, dove quindi il ruolo dei componenti nella farse è affidato alla loro posizione. Il tedesco invece ha deciso di tenerli entrambi: casi e posizioni. Il bello verrà poi quando passerete alle regole di grammatica più avanzate e scoprirete che c’è anche un ordine prestabilito per posizionare i vari complementi. TeCaMoLo si chiama, e no, non è un farmaco di nuova generazione ma la sigla per ricordarsi questo ordine dei complementi: Tempo, Causa, Modo, Luogo.

Photo: “Practicing my old school writing for German class” © Alper Çuğun – CC BY SA 2.0

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