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Ha salvato degli ebrei dall’Olocausto. Mohammed Helmy è il primo arabo “Giusto fra le nazioni”.

Il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme ha nominato l’egiziano Mohamed Helmy “Giusto tra le Nazioni”. L’onorificenza è stata consegnata a Berlino, dove il medico ha vissuto fino al 1982, anno della sua morte.

Il medico Mohamed Helmy (1901-1982) è il primo arabo “Giusto fra le nazioni”. Questo titolo viene riconosciuto ai non ebrei che hanno rischiato la vita per aiutare degli ebrei a sfuggire alle barbarie naziste. Si tratta del massimo riconoscimento previsto da Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah, fondato nel 1953. Già nel 2013 la famiglia di Helmy era stata contattata per il ritiro del premio, ma i famigliari si erano sempre rifiutati perché non volevano avere a che fare con un’istituzione israeliana. Dopo 4 anni è stato rintracciato un pronipote del medico egiziano, che ha ritirato e accettato il premio lo scorso ottobre a Berlino durante una cerimonia ufficiale presso il Ministero degli Esteri tedesco, alla presenza dell’ambasciatore israeliano Jeremy Issacharoff.

Il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni”

Nel 1963 è stata istituita una commissione di esperti per conferire questo premio. Per essere insignito del titolo di “Giusto” una persona deve “avere aiutato a salvare una vita rischiando la propria in assenza di qualsiasi ricompensa monetaria o di altro tipo” (secondo lo statuto ufficiale). Ogni candidatura viene sottoposta a uno studio attento che si articola in diverse fasi: vengono effettuate delle ricerche storiche, viene aperto un dossier, e infine un responsabile raccoglie la documentazione e le testimonianze. Alla fine i nome di coloro che vengono riconosciuti come “Giusti” viene inciso sul Muro d’Onore del Memoriale, a Gerusalemme. Presso la fondazione Yad Vashem è inoltre presente un’enciclopedia che raccoglie la loro storia.

La storia del medico egiziano

Mohamed Helmy lascia il Sudan nel 1922 e si trasferisce a Berlino per studiare medicina. Diventa urologo presso Robert Koch Institute. Nel 1941 nasconde una ragazza ebrea, la 21enne Anna Boros, in una casa nel quartiere di Buch a Berlino. Oltre alla ragazza, Helmy aiuta anche i suoi parenti. Dopo la caduta del Terzo Reich la ragazza si trasferisce negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. Il gesto del medico egiziano è rimasto indelebile nella memoria della giovane ebrea. Mohamed Helmy è morto a Berlino nel 1982. L’umanità di questo egiziano e degli altri 26.500 (e più) dei Giusti riconosciuti dimostra che ogni persona può fare la differenza. Questo riconoscimento, in particolare, segna un capitolo importante nei rapporti tra mondo arabo e Stato di Israele.

Gli italiani tra i Giusti

Sono 682 gli italiani riconosciuti Giusti, tra cui: Carlo Angela, Giorgio Perlasca, Lorenzo Perrone, Gino Bartali. Il dottore piemontese Carlo Angela, direttore dell’Istituto psichiatrico Villa Turina Amione, a San Maurizio Canavese, rischiò la vita per nascondere nel suo istituto alcuni ebrei facendoli passare per malati. Giorgio Perlasca, un commerciante comasco, lavorò per l’Ambasciata spagnola di Budapest e riuscì a salvare più di 5000 ebrei ungheresi dalla deportazione. Lorenzo Perrone, muratore italiano di Fossano (Cuneo), ha salvato la vita del celebre scrittore Primo Levi. Entrambi erano stati deportati ad Auschwitz. Nel 2013 anche il campione di ciclismo italiano Gino Bartali è stato insignito del titolo di “Giusto tra le nazioni”. L’Ente nazionale per la Memoria della Shoah ha riconosciuto l’impegno di Bartali a favore degli ebrei perseguitati in Italia. Bartali ha nascosto dei documenti falsi nella sua bicicletta, trasportandoli in tutta la città. Ha rischiato la propria vita per aiutare alcuni perseguitati ebrei. Questi sono solo alcuni dei tanti italiani che sono riusciti a salvare delle vite durante uno dei periodi più drammatici della storia.

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Foto di copertina: © diaan11 CC0