Federica Alberti

«Fabriano, Bologna, Firenze a ora Berlino: le mie ricerche sui DNA estinti per scoprire la storia di tutti noi»

Come e perché la ricerca di Federica Alberti in Germania potrà aiutarci a scoprire passato (e presente) del nostro mondo

«Mi occupo di DNA antico, un ambito di studi nato intorno agli anni  e che stravolge completamente il campo della genetica. Grazie al progresso, finalmente si possono studiare geneticamente specie animali estinte, dall’epoca del Pleistocene, ovvero tra i 2,58 milioni e i 11.700 anni fa fino a tempi più recenti, 200 anni fa. È come se avessimo la possibilità di sbirciare da una finestra aperta sul passato e cogliere informazioni andate perdute. Anche se ho studiato in Italia, svolgo questa ricerca all’Università di Potsdam, a due passi da Berlino, dove il Prof. Michael Hofreiter mi ha offerto la possibilità di un dottorato dopo una precedente esperienza di soli sei mesi a cui avevo avuto accesso grazie ad una borsa dell’Università di Bologna per studenti che volevano approfondire la loro tesi di magistrale all’estero» Federica Alberti, classe 1990, originaria di Jesi, ma cresciuta a Fabriano (centro famoso per la carta), entrambe in provincia di Ancona, fa parte della nutrita schiera dei ricercatori scientifici italiani a Berlino e dintorni. A portarla in Germania è stata, oltre al suo coraggio e spirito di intraprendenza – la lodevole già citata iniziativa dell’ateneo felsineo, ma lei non ha intenzione, al momento, di fare il percorso inverso. «Non passa giorno in cui io non mi senta estremamente fortunata per come siano andate le cose. Non ho dovuto affrontare le difficoltà a cui molti dei miei coetanei in Italia vanno incontro nel dopo laurea: l’assenza di risposte, l’incertezza nel da farsi, la difficoltà di trovare un posto di lavoro che ripaghi dei gli sforzi fatti».

Da Fabriano a Berlino

«Dopo il liceo a Fabriano, mi sono iscritta a Scienze Naturali all’università di Perugia L’ambiente però era molto piccolo ed avevo bisogno di allargare un po’ le mie vedute, ho sempre pensato che un’università più grande mi avrebbe dato più stimoli per mettermi alla prova, cosi mi sono trasferita a Bologna. Lì ho frequentato il corso di Laurea magistrale in Biodiversità ed Evoluzione con indirizzo antropologico. Quando si è trattato di scegliere cosa studiare per il tirocinio di tesi magistrale, la mia strana passione per lo studio delle ossa e per l’antropologia mi ha portato a scegliere un ambito particolare di ricerca: il DNA antico. Ho svolto il mio tirocinio di laurea presso il laboratorio di Antropologia Molecolare e Paleogenetica a Firenze dove ho capito per la prima volta cosa volesse dire fare ricerca. Al termine della magistrale sentivo la necessità di confrontarmi con l’estero e cosi ho provato ad accedere all’Erasmus Placement. Purtroppo i tempi erano troppo stretti e non sono riuscita a partecipare, ma nel frattempo ero venuta a conoscenza di un bando per una borsa di studio promossa dall’Università di Bologna per studenti che volevano approfondire la loro tesi di magistrale all’estero. Grazie al prezioso supporto e alla guida della mia supervisor italiana, sono riuscita a mettermi in contatto con il Prof. Michael Hofreiter all’Università di Potsdam per seguire un progetto già esistente sulla genetica di specie estinte, approfondendo ed imparando nuove tecniche di studio, il tutto in inglese. Trovai subito grandissima disponibilità nell’accogliermi nel suo gruppo. E così mi, ad inizio 2017, mi trasferii. Doveva essere un’avventura di soli sei mesi, ma quasi al termine del periodo ho avuto la grande fortuna di ricevere dal professore un offerta di lavoro per proseguire il mio percorso nel suo gruppo iniziando un progetto di dottorato».

La ricerca di Federica

«Il mio obiettivo è capire capire come alcune specie ormai estinte si siano evolute nel tempo, che relazioni filo-genetiche ci siano tra di loro, come e quanto siano affini con le popolazioni moderne e i modelli di migrazioni a cui queste sono state interessate. Le cause che portano all’estinzione di una specie sono generalmente legate a cambiamenti climatici e ad attività riguardanti l’uomo a cui, peraltro, le diverse specie rispondono in maniera diversa. Lo studio dei genomi antichi ci permette di investigare più in dettaglio come queste specie abbiano reagito a questi cambiamenti, vedere se ci sia stato un lento declino o una rapida riduzione della popolazione durante la fase pre-estinzione cosi come se ci siano stati dei fenomeni di adattamento. Possiamo effettuare una ricostruzione più accurata delle ultime migliaia di anni apportando novità rimaste nascoste finora o che non potevano essere dedotte dal solo dato morfologico. Inoltre la combinazione del dato genetico con dati ambientali, geologici ed antropologici può essere implementata nello studio delle popolazioni moderne per capire come alcune specie siano riuscite a sopravvivere mentre altre sono andate incontro ad estinzione. Non solo: si possono utilizzare per tutelare la sopravvivenza di specie che sono ad alto rischio di estinzione. Attualmente si riescono a studiare moltissime specie sia animali che vegetali, patogeni, popolazioni umane, rotte migratorie, le diete, fenomeni di ibridazione ecc.. Nello specifico mi sto occupando di un gruppo di specie di grandi mammiferi che appartengono alla cosiddetta Megafauna Pleistocenica che popolavano le zone pianeggianti della Germania del sud. Il mio obiettivo e’ quello di recuperare il DNA da questi fossili e tentare di ricostruire il loro genoma per investigare alcuni aspetti legati alla loro biologia»..

Le difficoltà della ricerca

«Il rischio contaminazione é elevatissimo, la percentuale di DNA che si riesce a recuperare è estremamente ridotta quindi la presenza di ogni essere vivente, noi ricercatori inclusi, può andare a danneggiare o impossibilitare il recupero del DNA del fossile. I laboratori hanno una particolare struttura, si lavora indossando la tuta, maschera e guanti e l’ambiente e’ giornalmente sterilizzato da apposite lampade UV. Poter lavorare in questo tipo di laboratori richiede parecchio impegno, un apposito training e soprattutto particolare attenzione».

Fare ricerca in Italia vs Fare ricerca in Germania

«La mia esperienza è ridotta, ma per quanto ho osservato finora, le maggiori differenze tra la realtà italiana e quella tedesca sono dovute alla disponibilità di fondi e come sono messi a disposizione delle strutture di ricerca. In Italia ci sono ottimi gruppi di ricerca cosi come ottimi ricercatori, ma talvolta si è legati a vincoli burocratici che rimandano ed ostacolano progetti riducendo la produttività di chi ci lavora. Le limitazioni economiche ovviamente si ripercuotono anche sulle possibilità di sperimentare, testare nuove tecniche o di mettere in atto le proprie idee. In campo scientifico inoltre, le pubblicazioni giocano un ruolo fondamentale e un budget limitato non certo aiuta in quella che può essere considerata una competizione».

Rimanere o lasciare Berlino

«La mia esperienza berlinese è una bella avventura, molto positiva sia dal punto di vista lavorativo che culturale, anche se non nego le difficoltà legate al fatto che non parli ancora tedesco nonostante abbia tentato più volte di iniziare a studiarlo. Di Berlino mi piace la diversità, etnica, culturale, culinaria, anche mangiare una buona pizza come se ci si trovasse in Italia. Ci sono talmente diverse opzioni qui che tendenzialmente ogni giorno ci si può immergere in una situazione diversa. Sono sempre stata proiettata verso l’estero ma non so in futuro cosa accadrà. L’Italia mi manca sotto certi aspetti. Anche se non ho mai cercato lavoro in patria, non credo che a livello lavorativo sia soddisfacente quanto altre situazioni. Fuori ci sono più fondi e molte più possibilità anche per studenti all’inizio della loro carriera. Inoltre a me piace l’idea di potermi muovere e vedere altre realtà. Credo che per crescere si abbia bisogno di nuove avventure. Per ora, quindi, non ho intenzione di tornare.

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